Gli outfit dello US Open 2023

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Gli outfit dello US Open 2023

Djokovic nel blu dipinto di blu. Gauff audace come le Williams. Medvedev arlecchino. Alcaraz e Tiafoe smanicati astrattisti. Il body di Wozniacki onora Billie Jean King

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Novak Djokovic (Lacoste)

Ci risiamo: altro giro, altra felpa bianca, altro numero. E il conteggio sale a 24. Gli aggettivi si sprecano. Ma bisogna comunque trovarne alcuni per il suo outfit. E il primo che viene in mente è deludente. Polo di ordinanza Lacoste con colletto classico. La novità sono queste due strisce che vanno dal busto alle spalle e una delle due maniche a contrasto. Un disegno dinamico ma non geometrico. Contemporaneo ma che non stupisce. Passi anche la versione celeste e bianca, in stile nazionale argentina, con una scelta cromatica che almeno stacca un po’ dal colore dei campi di Flushing Meadows. Quella notturna, caratterizzata da polo blu, coordinata con pantaloncino blu e scarpe blu con dettagli verde acido, fa però un po’ effetto puffo. Ma tanto il capo più prezioso è la felpa, no? Aspettando quella col 25.

Novak Djokovic - US Open 2023 (Twitter @usopen)
Novak Djokovic – US Open 2023 (Twitter @usopen)

Daniil Medvedev (Lacoste)

 

Medvedev è uno dei giocatori più snodati del circuito. E allora questa volta Lacoste ha voluto fargli un completo che lo fa sembrare un po’ un arlecchino. La polo ha lo stesso colletto già apprezzato durante tutto l’arco della stagione ma si differenzia per la presenza di uno chevron all’altezza del busto, tipo quello nelle maglie da calcio di Brescia, tanto per capirci. Verde acqua-bordeaux-bianco i colori per la sessione diurna, bordeaux-giallo fluo-blu per quella notturna. Pantaloncini con bande di colori diversi a destra e a sinistra che vanno a richiamare i colori della polo. La versione di giorno risulta gradevole, quella serale meno. Rivedibile anche la scelta di mettere un ulteriore richiamo al marchio al di sotto del coccodrillo che toglie pulizia ed eleganza alla polo.

Coco Gauff (New Balance)

New Balance ha spesso fatto centro con i completi disegnati in esclusiva per Coco Gauff, la loro ambassador principale nel tennis. E anche questo outfit con il quale la giovane stella del tennis americano è riuscita a consacrarsi a Flushing Meadows è perfetto sia per taglio che scelta cromatica. Un top sportivo molto corto, senza scollatura e con dei tagli sui fianchi abbinato ad una minigonna altrettanto sportiva con fascia: combinazione che fa risaltare il fisico asciutto e tiratissimo della Gauff. Questa combinazione è proposta sia in rosso (scuro nella parte alta e bordeaux la gonna) e in giallo fluo: due colorazioni che donano alla tennager afroamericana e che risaltano sui campi newyorkesi. Scarpe rosse e nere con dettagli fluo. Un completo che sa di tributo a delle giovani sorelle Williams. Siamo veramente al definitivo passaggio di testimone? Staremo a vedere.

Collezione Nike

Già dall’anno scorso Nike ha inaugurato la politica di presentare gli stessi modelli in tutti gli Slam, cambiando solo le colorazioni. I toni scelti dal baffo per l’ultimo Major dell’anno sono stati: verde acqua, celeste, corallo, bordeaux e bianco. Li abbiamo visti in tinta unita come nel caso di Taylor Fritz, Jack Draper e Jannik Sinner (i primi due in corallo-bordeaux, l’altoatesino in celeste-blu). Li abbiamo visti con motivi astratti tono su tono nel grintoso abito di Aryna Sabalenka, fascia molto alta a far cominciare la gonna e parte superiore molto sportiva stile canotta. Li abbiamo visti soprattutto tutti insieme, a schizzi, come in una composizione di Kandinsky, nelle canotte di Carlos Alcaraz e Frances Tiafoe, due che di muscoli da mostrare ne hanno. Per lo spagnolo canotta di base bianca abbinata a pantaloncini bordeaux. Lo statunitense, che già aveva fatto a meno delle maniche a Melbourne, ha addirittura azzardato un completo pantaloncini tutto verde acqua. Nonostante siano connazionali, Gauff ha dato il premio di re della spiaggia ad Alcaraz. E viene da essere d’accordo. Anche se pur sempre di look da spiaggia si parla.

Carlos Alcaraz – US Open 2023 (foto Twitter @atptour)
Aryna Sabalenka – US Open 2023 (Foto Twitter @wta)

Collezione Adidas

Dopo aver inseguito Nike sulla strada dei colori sgargianti e di motivi astratti, Adidas torna alla sobrietà e al razionalismo. Il colore dominante della collezione è il blu, in tonalità chiara, la stessa delle scarpe indossate dalla mitica Billie Jean King durante la Battle of the Sexes contro Bobby Riggs, il cui 50esimo anniversario è stato celebrato durante questo US Open. Molti tennisti sponsorizzati dal colosso tedesco hanno anche indossato felpe vintage di questo colore ribadendo il proprio supporto all’uguaglianza dei sessi. C’è chi ha preso questa iniziativa molto sul serio come Caroline Wozniacki, che al primo Slam dopo la gravidanza, si è presentata con un body interamente blu elettrico. Complimenti per il coraggio e per la forma fisica. A dare un po’ di stacco in messo a questo blu c’erano delle strisce sottili come quelle bianche e nere viste nella gonna di Jessica Pegula. In questo mega tributo stilistico alla King, si è distinto guarda un po’ Alexander Zverev: maglietta nera con strisce bianche e pantaloncini bianchi. Look molto elegante, perfetto per le sessioni notturne di New York.

Caroline Wozniacki – US Open 2023 (foto: Darren Carroll/USTA)

Ben Shelton e Iga Swiatek (On)

Di On, il marchio svizzero di cui è azionista Roger Federer, abbiamo già parlato al Roland Garros, commentando l’outfit di Iga Swiatek. Ma la polacca ormai ex n.1 al mondo non è l’unica atleta sulla quale ha investito questo newcomer nel mercato dell’abbigliamento di tennis. L’altro è Ben Shelton, la cui immagine non a caso è gestita da Team 8, agenzia di marketing che fa capo a Tony Godsick, ex manager di Federer. Dopo i quarti in Australia, la nuova stella del tennis a stelle ha alzato l’asticella tra le mura di casa, issandosi fino alla semifinale, eliminando in serie i più quotati ed esperti connazionali Tommy Paul e Frances Tiafoe. Ma soprattutto ha messo nuovamente in mostra il suo servizio debordante, capace di toccare i 240 km/h. Per non ostacolarlo nel lancio di questi missili, On ha pensato di togliere anche a lui le maniche. Completo bianco per la sessione diurna, nero per quella notturna. Unico tocco di originalità è una sfumatura fucsia sulla parte sinistra sia del top che dei pantaloncini. Stesso pattern per Swiatek ma in bianco e blu scuro. On ha ancora molto da imparare.

Iga Swiatek – US Open 2023 (foto: Pete Staples/USTA)

Matteo Arnaldi (Le Coq Sportif)

Primi ottavi di finale in uno Slam e prima meritata apparizione nella rubrica per Matteo Arnaldi, sponsorizzato dal brand transalpino Le Coq Sportif. Maglietta bianca nella parte frontale e celeste nella parte posteriore e in una macchina con scollo a v abbinata ad un pantaloncino nero. Modello già visto al Roland Garros ma con il giallo canarino al posto dell’azzurro. Semplice, pulito, essenziale, esattamente come il gioco di Arnaldi.

Andrey Rublev

Bisognava parlare dei look di Rublev di quest’anno e questa era l’ultima occasione per farlo. Scaricato da Nike, forse perché privo di sufficiente appealing, forse perché russo, forse per entrambe le ragioni, Andrey invece di farsi sponsorizzare da un altro brand (e nonostante la nazionalità stentiamo a credere che non lo avrebbe trovato essendo stabilmente top 10) ha deciso di farsi i vestiti da solo, sotto il marchio denominato “Rublo”. Nel suo sito personale, il 25enne moscovita spiega la sua decisione dicendo che “non è una questione solo di vestiti” e che Rublo rappresenta i valori che secondo lo stesso tennista dovrebbero fare del pianeta un posto migliore: uguaglianza, gentilezza, speranza. Non scopriamo certo oggi che il russo è uno che vincerebbe facilmente il premio per “nicest guy on tour”. Bene l’etica, ma qui si parla di look. Non che siano malaccio ma difettano un po’ di creatività, come il gioco di Rublev d’altronde. Colori semplice, maglietta senza colletto, motivi geometrici. A Flushing Meadows la colorazione proposta era un grigio scuro con dettagli arancioni. Provaci ancora Rublo.

Collezione Asics

Asics è nota per la ricerca nei materiali e la qualità delle calzature, tra i professionisti ma anche tra gli appassionati. Ma dal punto di vista estetico i completi hanno molte volte lasciato a desiderare e non ci siamo mai trattenuti dal dirlo. In questi US Open però il marchio giapponese si è presentato con una collezione moderna ma che strizza l’occhio al passato, vista ad esempio indosso agli elvetici Dominic Stricker e Belinda Bencic. Giochi di trame e righe sottili. Colletti ricercati. Un bel contrasto ci colori tra celeste e verde acqua. Promossa a pieni voti.

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Sabalenka tra passato e futuro: “Pensavo ai doppi falli e non riuscivo a controllarmi. Ora voglio vincere altri Slam”

La nuova numero uno del mondo si racconta a Tennis Magazine, dall’amicizia con Badosa alla sua passione per la velocità

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Aryna Sabalenka - US Open 2023 (foto Twitter @rolandgarros)

Uscita dallo US Open senza quello che sarebbe stato il suo secondo titolo Slam, ma con in mano lo scettro di nuova regina del tennis mondiale, Aryna Sabalenka ha ancora davanti qualche giorno di riposo e allenamenti prima di rientrare nel circuito. La bielorussa ha infatti deciso di saltare il 1000 di Guadalajara e ha optato per la stessa soluzione anche in relazione al 500 di Tokyo. Il suo primo match da numero uno del mondo sarà quindi a Pechino, nell’ultimo ‘mille’ della stagione femminile. Così, nel frattempo, Aryna ha concesso un’intervista a Tennis Magazine in cui ha affrontato argomenti tennistici e non. Innanzitutto, la campionessa dell’ultimo Australian Open ha ribadito ancora una volta la sua fame di Slam, scoperta proprio dopo la vittoria a Melbourne: “E’ stato il risultato più importante della mia carriera fin qui. Le sensazioni provate dopo quel successo sono così meravigliose che non si provano in nessun altro ambito della vita, quindi voglio viverle di nuovo, molte altre volte”.

Tra i temi extra-campo ma che comunque hanno punti di contatto con il tennis giocato c’è il grande rapporto di amicizia con Paula Badosa, alle prese con un infortunio alla schiena che ha già messo termine alla sua stagione. Le due hanno disputato alcuni tornei di doppio insieme e, in carriera, si sono scontrate quattro volte (con due vittorie a testa): “nessuna delle due si arrabbia e nemmeno esulta per un bel punto – dice però Aryna – durante la partita ci sono momenti in cui si pensa troppo, momenti in cui vorrei urlare, ma so che non devo farlo perché lei è mia amica e non voglio che si arrabbi con me. Continueremo a supportarci a vicenda, come facciamo sempre”.

A proposito di doppi, la bielorussa ha poi spiegato la scelta di ridurre drasticamente il suo impegno in questa specialità, in particolare durante i tornei del Grande Slam: “È molto difficile competere in entrambi i circuiti, anche mentalmente. Ci sono state volte in cui ho disputato singolare e doppio negli Slam, ma durante il doppio stavo lì a pensare al singolare del giorno dopo. Non sapevo se dare il massimo o meno, come gestire le mie energie. Pensavo troppo e poi perdevo il singolare. Nonostante i successi in doppio (ha vinto, in coppia con Elise Mertens, lo US Open nel 2019 e l’Australian Open nel 2021, oltre a due 1000 e altri tre tornei, ndr) il mio obiettivo principale è sempre stato il singolare. Ne ho parlato con la mia squadra e abbiamo deciso di smettere di giocare il doppio nella speranza che la mia concentrazione sul singolo migliorasse. Questo mi ha aiutato molto”.

 

Con un collegamento un po’ forzato, ci spostiamo dal doppio ai doppi falli, che hanno a lungo rappresentato un vero e proprio incubo per Sabalenka. Prima della svolta di fine 2022, Aryna, pur essendo riconosciuta da tutti come un’ottima giocatrice, doveva fare i conti con la poco onorevole nomea di regina dei doppi falli. Con grande abnegazione e capacità di lavorare su se stessa, la numero uno del mondo è però riuscita a mettersi alle spalle questo tormento: “Era una questione innanzitutto psicologica, mi sono successe molte cose negli ultimi anni, molte emozioni nella mia testa, e poi sono arrivati i problemi tecnici. Ho lavorato molto duramente per risolverli, individuando il problema. Ora ho cambiato la meccanica del servizio, sia il mio movimento, sia il lancio, sia l’atteggiamento. Ero in estrema difficoltà, era assurdo iniziare a commettere così tanti doppi falli. Ci pensavo così tanto che non riuscivo nemmeno a controllare il mio corpo o il mio braccio… era come se fossero staccati dal resto. Abbiamo lavorato molto sulla biomeccanica e questo ci ha aiutato”.

Infine, Aryna ha provato a descrivere brevemente la sua personalità fuori dal campo, non così simile a quella a cui siamo abituati: “[Nella vita di tutti i giorni] non sono esattamente come in campo… forse solo quando guido, amo le auto sportive e mi piace guidare veloce. Ma nella vita in generale non sono così impulsiva, mi piace divertirmi, sono abbastanza rilassata, non troppo frenetica. È un buon equilibrio, quindi quando mi ritirerò dovrò continuare a praticare sport per scaricare le energie”.

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ATP

Nadal: “Sarebbe fantastico giocare la mia ultima Olimpiade in doppio con Alcaraz”

“Io presidente del Real? Mi piacerebbe, ma Perez è un grande. Djokovic il più forte nei numeri, ma il tennis non è solo questo”. Altra intervista del maiorchino

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Rafael Nadal – ATP Parigi-Bercy 2022 (foto via Twitter @atptour)

Il giorno seguente la sua apparizione video su Movistar+, Rafa Nadal rilascia la prima intervista alla stampa scritta a quattro mesi dall’annuncio del suo temporaneo ritiro. Il resoconto appare mercoledì 20 sul quotidiano sportivo madrileno AS, nel giorno dell’inizio dei corsi accademici all’Università Alfonso X il Saggio, con la quale collaborano sia l’asso di Manacor che il periodico in questione. Nadal si presenta in maglietta bianca, jeans e giacca blu e con la consueta affabilità risponde alle domande in merito alle sue condizioni e al suo futuro tennistico.

Rafa torna ovviamente sulla questione delle sue condizioni e, riprendendo quanto già esposto nell’intervista precedente, parla del buon evolversi delle proprie condizioni fisiche ma anche delle incertezze legate al livello che riuscirà a raggiungere una volta che riprenderà con continuità in mano la racchetta. La stagione potrebbe essere per me l’ultima, ma non è detto: dipenderà da quanto io potrò essere competitivo. Sinceramente non mi attira fare come Murray, ossia giocare e non vincere. Vedremo” – continua il campione iberico – “potrei anche non tornare del tutto se non mi riprendo davvero, ma spero proprio di no”.

Il discorso passa poi a due argomenti tennistici che stanno molto a cuore di Rafa: la Coppa Davis e le Olimpiadi. E qui il 22 volte campione Slam, ispirato dalle domande del giornalista, confessa un sogno “olimpico”. Il mio paese è stato appena eliminato dalla Coppa Davis, altrimenti avrei potuto provare a farmi trovare pronto per novembre. Ma ovviamente così non sarà.

 

“Per quanto riguarda le Olimpiadi sì, terrei molto a giocarle, tutti sanno quanto io ami il clima olimpico e le sensazioni meravigliose che ho provato vivendolo. Per quanto riguarda un doppio con Carlos, premetto che né io né lui ne abbiamo parlato, ma sarebbe bellissimo poter giocare la mia ultima Olimpiade insieme alla stella nascente di questo sport”.

Il discorso scivola subito sulla finale di Wimbledon e il maiorchino parla con grande ammirazione del suo connazionale. “Ritengo” – è il suo pensiero – “che Carlos stesso non sia affatto stupito dei risultati che ha ottenuto fin qui. In questo momento è l’unico vero avversario di Djokovic, è un gradino sopra gli altri. Quando lui è in campo per il 90% delle volte tutto dipende dal suo talento. La grande notizia per questo sport è proprio il livello che Alcaraz riesce a raggiungere e il tempo che ha davanti a sé per tagliare nuovi traguardi”.

Lo spagnolo non si sottrae all’inevitabile domanda su un confronto con Djokovic su chi sia il più forte; lui riconosce il valore dell’asso serbo, pur andando oltre i freddi numeri dei titoli vinti. “Non c’è dubbio che se ci mettiamo a contare, lui ha vinto più di me e più di ogni altro. Non ho un ego così forte da negare l’evidenza. Mi complimento con lui, che da questo punto di vista è il migliore della storia.

“Tutto il resto possono essere considerazioni, come il numero maggiore di infortuni che ho avuto, e poi anche gusti personali, ispirazione, sensazioni ed emozioni che ognuno di noi trasmette e che raggiungono il cuore degli appassionati. Sicuramente” – chiude l’argomento – io sono pienamente soddisfatto di quello che ho saputo fare”.

Alla domanda sul suo non impossibile ingresso nel Real Madrid, Nadal non si nasconde ma nello stesso tempo glissa. “Concettualmente non mi dispiacerebbe essere il presidente del Real Madrid o avere un ruolo nel club ma questo non vuol dire che succederà. Soprattutto perché non sono certo il più preparato per il ruolo, che oltretutto oggi è ricoperto da uno dei migliori di sempre, Florentino Perez. Quindi la risposta è sì ma nello stesso tempo magari non accadrà nulla”.

Nel finale della chiacchierata con Nacho Albarran protagonisti sono i sentimenti. “La cosa più bella e più difficile da spiegare è quello che provo quando rientro a casa e vedo l’allegria sul volto di mio figlio. Inoltre” – racconta Rafa – “ovunque sia stato in questi mesi, ho trovato grande affetto. In Grecia, per esempio, non sapevo di essere così popolare. Anche alla mia Accademia ricevo tutti i giorni visite, tantissimi bambini e testimonianze di vicinanza. Per questo sono grato a tutti”.

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ATP

Matteo Arnaldi: “Dopo la sconfitta con Alcaraz ho capito che non sono distante dai top player”

Le parole dell’azzurro su ciò che resta della stagione: “L’esordio in Davis è stato positivo. Ma con la squadra al completo non c’è posto per me”. Per l’immediato furuto: “Punto ad essere testa di serie in Australia”

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Matteo Arnaldi – Coppa Davis 2023 (foto di Roberto dell'Olivo)

Sulla carta, stando ai calcoli del computer, è il n.4 d’Italia. Nella pratica, può essere definito pienamente in questo momento il n.2, per le emozioni suscitate e i progressi costanti mostrati. Matteo Arnaldi infatti sta compiendo una crescita vertiginosa, ma non precipitosa, bensì graduale, a piccoli passi. La prima vittoria ATP, prima vittoria su un top 10 (Ruud), primi ottavi in un Major, fino alla soddisfazione dell’esordio in Coppa Davis. Tutto questo in nove mesi scarsi, in cui ha saputo salire alla ribalta delle cronache, iscrivendosi a pieno merito anche nel tennis del presente, oltre che come speranza del futuro. Ma, nonostante le prestazioni, i grandi avversari affrontati, rimane sempre un ragazzo di 21 anni, in cui l’emozione sgorga facilmente, specie guardandosi indietro e rendendosi conto di dove sia arrivato. E, la Nazionale, come rivela in un’intervista a Tuttosport, per Matteo è l’ideale culmine di questo percorso.

L’emozione Davis non ha eguali

Non so esprimere fino in fondo le emozioni provate nel giocare per il mio Paese“, spiega il n.48 ATP, “devo dire che mi piace giocare con la pressione del pubblico: bello sentire il tifo tutto per me, un’iniezione di energia. All’inizio non ero neppure convocato, poi essere io a condurre la nazionale alle fasi finali è una cosa pazzesca. Però è stato un lavoro di squadra, non solo merito mio“.

Umiltà e spirito di sacrificio, due elementi che sono parte fondante dell’essere di Arnaldi, il cui gioco è anche spesso contraddistinto dall’entusiasmo e la passione che sa mettere in campo, come dimostrato nelle vittorie contro Borg e Garin. Ma specie in quella sul cileno: “Le mie due vittorie sono state entrambe importanti, però se devo scegliere diciamo che la prima non si scorda mai…Una settimana veramente fantastica, ho giocato più di quanto mi sarei aspettato. Ma da un certo punto di vista penso di averlo meritato: venivo da New York dove ho disputato il miglior torneo della mia vita, avevo un buon feeling e abbastanza fiducia in me stesso“.

 

Anche dalla sconfitta si impara

Lo US Open ha lanciato Arnaldi in prima pagina, e soprattutto sull’Arthur Ashe, dove si è arreso, a testa alta, a Carlos Alcaraz. Una partita, seppur persa, che il sanremese considera un punto di svolta della sua giovane carriera: “L’avventura agli US Open mi ha permesso di vivere il debutto in azzurro con meno apprensione. Giocare nello stadio più grande del mondo, pieno di gente e contro il n.1, è stata l’esperienza migliore da portarsi dietro. E ne sono uscito con la consapevolezza di non essere distante dai top player. Certo, ci sono ancora tanti aspetti da migliorare, ma il match con Alcaraz è stato un punto di riferimento per capire ciò che questi campioni fanno meglio“.

Il primo obiettivo stagionale, grazie a questo e i tanti buoni risultati accumulati (vedasi la prima semifinale ATP), è stato raggiunto, con l’ingresso in top 50. Ma Matteo non si pone limiti, guarda sempre più in alto: “Sono uno che ha sempre aspettative alte su sé stesso, con continue sfide. La prima è appunto mantenere la top 50, difendo un centinaio di punti da qui a fine anno e non è un traguardo scontato. E uno degli obiettivi stimolanti può essere cercare di chiudere il 2023 in modo da essere testa di serie all’Australian Open“.

Senza dimenticare che c’è anche un’Olanda che ci aspetta in Andalusia, ad aprire il percorso delle Final 8 di Davis, dal 21 al 26 novembre. Un ennesimo scalino che sarebbe la realizzazione di un ulteriore sogno per Arnaldi, consapevole certamente della folta schiera da cui ha da scegliere capitan Volandri. “Nella squadra al completo non credo ci sia posto per me“, ammette con tranquillità e lungimiranza Matteo, “per il momento mi godo l’esordio. Malaga è tra due mesi e ci sono altri giocatori davanti a me in classifica“.

In fin dei conti ci spera, di poter essere nei rappresentanti di quella che potrebbe essere una storica Final 8 per i colori azzurri. E ha ampiamente dimostrato che, quando spera e crede in qualcosa, ben presto fa in modo di realizzarla.

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