Sinner per la Storia (Riccardo Crivelli, La Gazzetta dello Sport)
Rosso fuoco. Che accende la passione di un’arena estasiata, scrive nuove pagine nel magico romanzo dello sport italiano e illumina le porte del paradiso. Jannik Sinner oggi pomeriggio (non prima delle 18) si giocherà la corona delle Atp Finals contro Re Djokovic, nove finali e 6 vittorie, appena battuto nel round robin e tenuto in vita con il successo su Rune. Per la ventesima volta si contenderanno il titolo di Maestro due giocatori che si sono già affrontati, per 11 volte il torneo se l’è preso colui che aveva perso il primo match. Insomma, Jannik potrebbe provare un moto di rimpianto, ma intanto Torino e l’Italia si ritrovano ai piedi di un ragazzo umile e con la testa sulle spalle partito dalle montagne della Val Pusteria per prendersi il suo posto nella storia attraverso il lavoro e l’accettazione della sconfitta come lavacro sacrale in cui ripulirsi dei (pochi) peccati tecnici e ripartire con nuove conoscenze. Sinner dunque non è più soltanto un progetto, perché il percorso intrapreso prima a Bordighera con Piatti ad appena 13 anni e poi coraggiosamente rifinito con la scelta di Vagnozzi e Cahill a febbraio di un anno fa, adesso ha consegnato al mondo un campione dalle potenzialità stellari e ancora inesplorate, che dagli ottavi persi agli US Open contro Zverev ha vinto 17 partite su 18 e soprattutto ha battuto otto top ten su otto. Con Medvedev, l’avversario sconfitto ieri In semifinale, aveva perso sei volte di fila, e ora lo ha rosolato per la terza volta, variando pure i modi di cottura: dal serve and volley di Pechino al ritmo infernale da fondo di Vienna prima della magistrale applicazione difensiva torinese, accompagnata da una feroce solidità mentale e dalla formidabile capacità di sbagliare meno sulle palle più calde del match. Jannik, figlio di uno chef ormai ha per le mani la ricetta giusta: «È come preparare la pasta al pomodoro. la fai la prima volta e magari manca di sale. Poi la volta dopo ci metti i pomodorini freschi. Poi magari ci metti il basilico e il piatto viene ancora più buono. È un processo così anche per il tennis, aggiungi sempre qualcosa, ma devi stare attento a non aggiungere troppo, altrimenti poi rovini tutto. È così, è un percorso di crescita si impara giorno dopo giorno. È solo così che si cresce, con equilibrio». Le Finals vengono dopo il primo 1000 in carriera a Toronto, il numero 4 in classifica e due mesi di livello di gioco da urlo: «Mantenere questo standard sarà una chiave del futuro. Per questo sarà fondamentale la preparazione invernale. Il fisico fin qui tiene molto bene, ma so che è un aspetto che può ancora migliorare. Qualche tempo fa ho smesso di crescere, quindi possiamo lavorare un po’ di più sul mio corpo. E poi c’è il gioco: il servizio si può migliorare, la palla corta si può migliorare, lo slice si può migliorare, contro Medvedev ne ho fatti due che sembravano pallonetti. Comunque in questa stagione sono stato continuo e questo è stato un elemento fondamentale, anche se poi non ho giocato bene come avrei voluto nei tornei dello Slam. Proveremo a migliorare anche lì». L’anelito del fuoriclasse, la perenne tensione verso la perfezione che appartiene solo ai predestinati, a chi è consapevole di possedere le stimmate per marcare un’epoca: «So quanto dedico a questo sport, so quanti sacrifici e quante ore di allenamento faccio, so quanto sto attento all’alimentazione. Se faccio questi sacrifici so che nella mia testa questo mi può dare una mano e arrivare ai miei obiettivi. Giocare queste partite sta diventando più normale, mi sento molto più tranquillo in campo. Mi miglioro e tengo questo livello di gioco anche grazie alla mia mentalità. Io sto cercando di giocare con coraggio nei punti importanti; contro Medvedev, il terzo set l’ho iniziato in modo diverso, sono stato più aggressivo, ho alzato il rendimento del servizio. Abbiamo una strategia, ho tante informazioni prima di scendere in campo, poi quello che devo fare in partita ce lo devo mettere io. E durante tutta la settimana, da questo punto di vista, sono stato perfetto». […]
Sinner, l’Italia si ferma (Piero Guerrini, Tuttosport)
Da Sinner Finals a Sinner Finale, l’apoteosi è vicina. la festa ebbra di euforia continua al Pala Alpitour e nelle case degli italiani fino all’epilogo odierno. E perché no, anche oltre. Nel mentre il sorpasso è definito. La terza vittoria consecutiva in un mese e mezzo di Jannik sull’orso Medvedev stabilisce che allo scacchista non basta più arroccare o studiare una mossa sorprendente. Jannik sostiene che Daniil mai era stato così aggressivo e siccome in campo c’è lui, è scontato dargli ragione anche se lo spettatore non ha mai avuto l’impressione che lo spartito potesse variare in quasi due ore e mezza di scambi, un toilet break e un medical time out del russo. Medvedev ne è uscito piegato, spezzato, con un dolore al gluteo e la netta sensazione che non ci sia nulla da fare: «Se Sinner gioca sempre così si tratterà di stabilire quanti Slam vincerà e non se ne vincerà. E quando diventerà numero 1». Ne consegue che Medvedev si sente disarmato. E per quanto visto, ha ragione. Questo Sinner per lui è diventato intoccabile. Medvedev aveva vinto sei precedenti perché la differenza tra i due servizi era notevole. Ma ieri la battuta da destra a uscire sul dritto – che già aveva fatto danni a Djokovic – ha spedito il russo vicino alla platea nel tentativo spesso fallito di abbozzare una replica. In generale Jannik ha messo il 57% di prime palle da cui ha ricavato l’83% dei punti, ha ottenuto dalla seconda il 47% dei punti contro il 36% di Medvedev, segno di qualità in battuta e anche in risposta, si è procurato 7 palle break e ne ha sfruttate tre. Se Medvedev ha cambiato un po’ tattica, per quanto possa lui, Jannik si è adeguato, meno serve and volley, variazioni alle angolazioni nello scambio, uno straripante lungo linea di rovescio a chiudere, per sorprendere il russo, chiamato anche a rete dove è parso spaesato e disarmato fino al 6-3 6-7 6-1, il terzo set che è un capolavoro di tenuta, tenacia, lucidità e precisione. Una sentenza, che ha indotto il russo a litigare con uno spettatore, poi a smarrire la sua di battuta per consegnarsi alla celebrazione dell’idolo di casa. E per tutta la partita la sensazione che Sinner, salvo un calo per stanchezza e qualche dritto di troppo colpito in ritardo e finito lungo nel secondo parziale, sbagliasse molto meno, a ogni botta rispondesse più forte e con diverse angolazioni contro il russo che tirava le solite botte radenti il net. È una vittoria significativa, una chiara dichiarazione di intenti verso il 2024, che pone Sinner tra i legittimi pretendenti al trono già nel 2024, gli avversari consapevoli di questo. […] Jannik ribatte con chiarezza: «Sto giocando a un livello molto alto. Ho ancora margini di miglioramento, per esempio ho giocato due slice che sembravano pallonetti, posso migliorare a rete, ancora nel servizio. Sarà importante la preparazione, fisicamente ho smesso da poco di crescere e possiamo caricare di più». Di sicuro indoor è un numero uno. Nel 2024 ha vinto 17 partite su 18 Ma convince ancora di più l’espressione dura, convinta dopo i punti. Strabilia il feeling con il suo staff. Che nelle difficoltà ripeteva: «Alé gambe Jan, alé gambe Jan», cogliendo dove fosse il problema, E lui ad attivarsi con saltelli, addirittura scivolamenti e balzo a un ritorno in campo dalla pausa. Sinner si fida ciecamente del suo staff: coach Vagnozzi, il preparatore Ferrara, coach Cahill. Del resto i risultati lo confortano. […]
Ci fai impazzire (Lorenzo Ercoli, Corriere dello Sport)
«Fuori dal campo non cerco attenzioni, anche se i capelli rossi mi rendono facilmente riconoscibile. Non mi interessa quanto diventerò famoso, resto un ragazzo normale. Se legato alle vittorie sarà comunque un bel problema da avere». I segreti di Jannik risiedono nella loro assenza: non ve ne sono. Da ammirare, c è solo il suo tennis. L’azzurro firma un nuovo capitolo di storia, sarà il primo italiano a giocarsi una finale, oggi contro Novak Djokovic, alle Nitto ATP Finals. Superato il tabù, ecco il regno di Sinner: ancora una volta prevale su Daniil Medvedev, vincendo con il risultato di 6-3 6-7(4) 6-1 al termine di un terzo set straordinario. “Portaci in finale”, l’urlo premonitore che spezza il silenzio del PalaAlpitour dopo il game inaugurale. La battaglia ha inizio e Medvedev,, intenzionato a non ripetere gli errori di Vienna, parte con un’aggressività che sovrasta Sinner. Il moscovita impone il suo ritmo, gioca virino alla riga e porta a spasso l’avversario. Nel terzo gioco il primo brivido, da 40-0 Jannik perde quattro punti consecutivi, ma ritrova determinazione sulla palla-break: servizio e rovescio vincente. Si può riprendere fiato. Dopo il cambio campo, in copia carta carbone è il russo a vanificare un 40-0. Avviene in maniera rocambolesca: una fiammata azzurra, tre gratuiti e un doppio fallo che proiettano sul 3-1 il numero 4 del mondo. Il quinto game si apre in un vortice di polemiche: un faretto infastidisce Sinner e lo forza a un doppio fallo. Risolto il problema, è un applauso anticipato ad innescare l’attacco steccato che vale lo 0-30. Nuova criticità da affrontare, l’italiano emerge ai vantaggi e nega ogni chance di break. La statistica chiave del primo set è sugli scambi brevi, quelli sotto i quattro colpi (25-10 per Sinner nel parziale). Medvedev dopo un grande inizio paga le conseguenze del break e sbaglia sempre di più. Lo spettacolo cresce, sul 5-3 Jannik chiude in modo rapido e indolore. In un duello tra titani, il servizio è un fattore ineludibile. Con la prima si lasciano le briciole, ma con la seconda i punti si fanno rari. Vacillano le percentuali di Jannik, mentre nei turni di battuta fino al 3-4 in suo favore, Medvedev sfoggia un imponente 95% di prime. Da fondo campo si percepisce un calo fisico del pusterese, meno preciso nel timing e negli impatti. Sembra questione di minuti per il break. […] Daniil vive un’altalena tennistica: tocca vette innevate per poi precipitare quando conta di più. Non è così nel tie-break, che conquista per 7-4, agguantando il pareggio. Nel clou della tensione, un time-out medico di Medvedev interrompe il flusso del match: un lieve dolore al gluteo, niente di grave, come spiegato dal russo. Dopo il set peggiore del suo torneo, è soprannaturale la rinascita di Sinner. Nel secondo gioco, tra doni inaspettati del moscovita e lampi di genio, spuntano due palle-break. Sulla seconda, il doppio fallo di Medvedev decreta il 2-0. Nei due scambi successivi Daniil perde la pazienza con un pubblico in delirio per una volée perfetta di Sinner. La miccia è accesa, Torino esplode, celebra ogni punto come un tiro da tre. […]
Sinner a un passo dal cielo (Gaia Piccardi, Corriere della Sera)
La rivoluzione non russa, anzi. Ha la forza educata del ragazzo altoatesino con le lentiggini che per la terza volta nell’arco di 45 giorni batte Daniil Medvedev, imboccando l’autostrada per la storia. Mai un tennista italiano era arrivato in finale in 53 anni di torneo dei maestri («Tutto normale? Forse no, solo io so quanti sacrifici sto facendo per centrare i miei obiettivi: aspettavo da una vita partite come queste, è vero che affrontare i top 5 sta diventando la normalità»), tanto entusiasmo popolare su un campo da tennis non si vedeva dal `76: Adriano Panatta, Roma, casa sua. Ma Jannik Sinner è figlio del mondo, in cima a una stagione strepitosa oggi proverà a prendersi le Atp Finals, l’evento più prestigioso dopo gli Slam. Da qualche parte bisognava pur cominciare: scardinare ancora Djokovic sei volte re e l’antica compostezza sabauda è un buon inizio. Con Medvedev in semifinale è subito match vero, Jannik prova ad andare a rete ed è infilzato, i colpi del russo partono obliqui e atterrano sulle righe, fondamentale mantenere alta l’efficienza del servizio. Ma Sinner, questo Sinner di fine annata tutt’altro che crepuscolare, è anche un produttore di risposte alla Djokovic: è grazie a una di esse su una botta a 210 all’ora del rivale che arriva il break (3-1) che decide il primo set (6-3). Nick Pietrangeli, il totem in trasferta a Torino, annuisce in tribuna. Nel secondo l’azzurro vacilla all’ottavo game (palla break cancellata con coraggiosa sortita a rete), accusa un po’ di stanchezza (il dritto steccato o fuori misura è la spia di gambe rigide), cede al tie break (7-4) subendo troppo un Medvedev più propositivo, che si ricorda di essere n.3 del ranking. C’è poco da fare, però: in questo momento il tennis è Jannik Sinner, l’eroe nostrano che tiene alte le percentuali al servizio e trafigge subito nel terzo set il russo appena rientrato dal tete-à-tete con il fisioterapista e accolto da insensati fischi. Sotto 2-0, Medvedev ha un momento di lucida follia: lancia la racchetta, se la prende con uno spettatore, viene ammonito. È la resa: Jannik sforna il drop shot quando vede Medvedev rispondere dal Lungo Po, tiene alta l’intensità in una fase in cui sono più gli errori dei vincenti, azzarda qualche raro rovescio con il taglio sotto la palla, non si fa più raggiungere (6-1) da un avversario in rottura prolungata, spazientito dall’impossibilità di trovare un antidoto efficace a Sinner. «Sono impressionato dai suoi progressi — dirà, onesto, il russo —, sa fare tutto, non ti regala niente. Non c’è dubbio che presto vincerà titoli del Grande Slam e raggiungerà il numero uno della classifica. L’unica incognita sono i numeri: quanti Slam? Quante settimane da leader? Ma anche: quanto a lungo saprà mantenere costante questo livello?». Domande legittime, le stesse che si fa Jannik: «A me interessa migliorarmi, questa è la mia mentalità. La sfida dell’anno prossimo sarà giocare così tre set su cinque negli Slam. Nella pausa invernale lavorerò tanto sul fisico: ho smesso di crescere da poco, adesso possiamo darci da fare su basi certe. Non vuol dire che vincerò sempre, tutt’altro. Magari a gennaio in Australia cambia tutto». […]
Presto per fare festa, però capisco i tifosi (Adriano Panatta, Tuttosport)
Santo che la festa è già cominciata… Troppo presto, amici miei che innalzate canti al nostro numero uno. Vi state rivelando indispensabili trascinatori, ma Sinner ha davanti a sé ancora un ostacolo. L’ultimo. Il più difficile… Però, vi capisco, alle Finals di casa nostra c’è un finalista italiano. L’avreste mai detto? Ora ci sta, sembra quasi logico, scontato, ma questo ragazzo l’abbiamo visto crescere di partita in partita, superare ostacoli che non aveva ancora superato, tenere alto lo stato di forma e altissimo il livello di gioco. Coraggio e faccia tosta. Insegnamenti utili alla crescita e umiltà nel metterli in pratica. Colpi da campione e accelerazioni da formula uno. Ma senza esagerazioni, senza forzature. Sono contento per Jannik, e sono contento per il nostro sport, che dopo la finale di Berrettini a Wimbledon nel 2021, toma a riaprire una porta con vista sul tennis che gli italiani non raggiungevano da troppi anni, quello dei trofei che fanno la storia. Sinner ci è riuscito a 22 anni, e a questo punto non sarebbe giusto pensare che sia troppo giovane per vincere. In quest’ultimo mese Jannik ha sconfitto Djokovic, Alcaraz, Rublev Tsitsipas, e tre volte Medvedev, ha messo a soqquadro la parre alta della classifica, ha superato i sei mila punti (che sono un’infinità), e non credo che nessuno dei nostri vi sia mai riuscito prima di lui. Il russo ha cercato di soffocare Sinner con un gioco di pressione, ma ne aveva solo per due set. Ha giocato male il primo, facendosi sorprendere alla prima palla break e di fatto ha decretato la sua sconfitta. Quando sono giunti al dunque, Sinner sembrava una trottola rispetto a lui. Una ricostruzione possibile solo a fine partita, la mia, ma lì per lì chi poteva immaginarlo che Medvedev sarebbe rimasto a corto di fiato? Anche per questo mi è piaciuto molto Sinner, che sì, ha ceduto il secondo al tie break, ma senza dare in smanie né perdere sicurezza. Ed è tornato a dominare nel terzo, risultando a dir poco micidiale e costringendo il russo a correre da una parte all’altra del campo senza mai vedere una palla da colpire senza affanni. […]
Sinner il marziano (Stefano Semeraro, La Stampa)
Jannik Sinner è il nostro Han Solo: tira due rovesci lungolinea da urlo, schianta Daniil Medvedev in tre set (6-3 6-7 6-1) e trasporta l’astronave azzurra del Pala Alpitour nell’iperspazio. In una dimensione diversa, inesplorata per noi, la finale del Masters, come si chiamavano un tempo le Atp Finals. Lo fa mescolando la sua storia e quella del tennis italiano, convocando il ricordo degli Slam vinti da Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta, tutti e due presenti a Torino, quelli più recenti di Francesca Schiavone e Flavia Pennetta, la finale di Matteo Berrettini a Wimbledon. Oggi è la sua grande occasione di aggiungere una foto a tutta pagina all’album di famiglia. Se la giocherà contro Djokovic, il numero 1 del mondo che in semifinale ha liquidato il suo vice Alcaraz (6-3 6-2). Jannik lo ha già battuto nel girone, ma nel formato unico delle Finals le rivincite non sono rare: per 11 volte ha trionfato un giocatore che aveva perso nel girone. Comunque vada, il torneo di Jan è già cibo comune, storia da tramandare. «È da quando sono arrivato che ho sentito grande affetto attorno a me, una energia pazzesca. E ho deciso che dovevo godermela» È stato criticato perché era troppo gracile e ora ha muscoli da capitano, perché non batteva mai i più forti e l’ha fatto otto volte in un mese e mezzo. Tre lezioni a Medvedev, una Alcaraz, Djokovic, Rublev e Rune. Alla collezione dei top 10 manca solo il numero 7, Sascha Zverev – ma c’è tempo. Da Wimbledon in poi ha vinto 30 partite su 34, da inizio anno 17 su 18 indoor quella di ieri è stata la numero 61 in stagione. Medvedev, l’unico che a febbraio era stato capace di fermarlo al coperto, nella finale di Rotterdam, si era preparato studiando le ultime due sconfitte, ma non gli è bastato. Jannik lo ha punito con i servizi a uscire sul diritto, ha resistito da fondo ad una aggressione ostinata e continua, usando in giuste dosi smorzate e discese a rete. E dire che fino a qualche mese fa il demone Daniil era la sua bestia nera, sei volte sue sei. «È come cucinare la pasta al pomodoro – dice il figlio di Hanspeter, ex chef del rifugio Fondovalle in Val Fiscalina – la prima volta ti accorgi che manca il sale, poi aggiungi i pomodorini freschi, il basilico. Ma devi stare attento a non metterci troppe cose». Per Medvedev si tratta di capire «quanto a lungo Jannik sarà in grado di mantenere questo livello: se gioca così l’unica variabile è il numero degli Slam che vincerà». […]