Australian Open: Cahill e Vagnozzi, i "tagliatori" del diamante Sinner

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Australian Open: Cahill e Vagnozzi, i “tagliatori” del diamante Sinner

I due allenatori di Jannik Sinner parlano dopo la più importante vittoria della sua carriera. Vagnozzi: “Il nostro problema è farlo smettere di giocare” Cahill: “Il campione si conosce dal rumore dei colpi. I colpi di Jannik sono inconfondibili”

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Il team di Jannik Sinner: in prima fila, da destra a sinistra Darren Cahill, Simone Vagnozzi, Umberto Ferrara (fitness coach), Giacomo Naldi (fisio) - Australian Open 2024 (foto X @HqSinner)
 

Il seguito del video è presente sulla sezione dedicata all’Australian Open 2024 del sito di Intesa Sanpaolo, partner di Ubitennis.

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D: Congratulazioni con entrambi per il vostro lavoro con Jannik. Ovviamente oggi deve essere una sorta di grande festa, ma potresti semplicemente spiegare quanto sei rimasto impressionato dal fatto che Jannik abbia superato il tie-break e poi si sia riorganizzato per finire la partita.

DARREN CAHILL: Sì, guarda, beh, in primo luogo, il mio ruolo con Jannik è un po’ diverso dagli altri ruoli di allenatore che ho avuto, e il 99% del merito del coaching va a Simone. Ha fatto un lavoro incredibile con Jannik. Sto supervisionando più che altro. Sicuramente discutiamo di tattica, di tecnica e tutto il resto, ma Simone è la voce. È lui che guida molto di ciò che vedi nei miglioramenti di Jannik. Sta facendo un lavoro incredibile. Anche Jannik assorbe molte di queste informazioni. Parte del nostro ruolo di allenatori è aiutarlo a imparare dalle esperienze e costruire quella resilienza.

Penso che la partita che ha giocato contro Novak a Wimbledon abbia insegnato a Jannik dove aveva bisogno di migliorare. Quando era avanti di due set a zeor e ha perso quella partita in cinque set contro Novak, ci siamo con lui e abbiamo parlato di dove dovevano essere apportati miglioramenti, e a suo credito, bisogna dire che ha assorbito tutto. Entra sul campo di allenamento, elabora le informazioni ricevute e ama lavorare su cose che lo renderanno un tennista migliore.

Per noi, come allenatori, è stato davvero gratificante oggi sederci lì e vederlo fare alcune di quelle cose. Sapevamo che Novak era in difficoltà nei primi due set. L’hanno visto tutti. Ma sapevamo anche che Novak avrebbe prodotto un grande sforz nel terzo e nel quarto set. Ha fatto un lavoro straordinario.

(Jannik Sinner entra nella stanza)

D. (di Jannik Sinner) Com’è allenare Jannik?

DARREN CAHILL: È un lavoro schifoso. Non siamo pagati abbastanza. Quel ragazzo ci dà sempre del filo da torcere, e in realtà prende sempre i nostri soldi nei giochi di carte, e si diverte molto a farlo. (Risata.)

(Jannik Sinner esce dalla stanza)

DARREN CAHILL: Quindi no, è stato fantastico imparare da quella partita e vederlo andare con Novak all’inizio del terzo e sicuramente all’inizio del quarto. Ha fatto un ottimo lavoro per assorbire molta della pressione che Novak gli ha lanciato. Alla fine ho pensato che gli ultimi due set fossero stati un tennis fantastico per entrambi i giocatori, e Jannik è riuscito a trovare un modo per vincere.

D. Sei rimasto sorpreso da come siano stati veloci i primi due set vinti da Sinner?

SIMONE VAGNOZZI: Penso che Jannik abbia iniziato bene i primi due set. Novak stava facendo molti errori non forzati, quindi è stato piuttosto strano perché Novak sembrava un po’ diffidente, e Jannik di solito vuole giocare in modo davvero aggressivo commettendo pochi errori, quindi per Jannik è stato un buon inizio.

Ci si aspetta normalmente che Novak salga di livello. Jannik è stato davvero bravo a stare sempre molto vicino a Novak anche quando Novak giocava meglio.

Nel terzo set ha avuto qualche possibilità, ma non le ha sfruttate. Poi l’inizio del quarto set è stato davvero, davvero importante. I primi due giochi del servizio di Jannik sono stati davvero importanti Jannik doveva servire molto bene in quel momento, e siamo stati davvero contenti soprattutto del suo atteggiamento.

D. Darren, quando ti sei unito al gruppo, avevi già in mente questa dinamica in cui stai supervisionando, se questa è la parola che hai usato prima? Cosa hai cercato di aggiungere, cambiare, eccetera?

DARREN CAHILL: Non siamo solo noi. Tutta la squadra è cambiata. Il preparatore atletico Umberto Ferrara e Giacomo Naldi il fisioterapista. Abbiamo analizzato ogni aspetto. C’erano sicuramente aspetti del gioco di Jannik dal punto di vista del tennis nei quali si potevano riconoscere grandi qualità, potenzialmente da top 10. Penso che fosse già stato top 10 prima che iniziassimo. Non puoi essere tra i primi 10 senza avere di base alcune armi incredibili, e lui le aveva.

Penso che Jannik avesse bisogno di progredire naturalmente per mostrare a tutti il suo potenziale, ma era necessario che ricevesse dal suo coach certi messaggi nel modo giusto, che ci credesse, li assorbisse e poi li mettesse in pratica sul campo per poi eventualmente farlo anche nelle partite. Ed è più o meno ciò a cui stiamo vedendo adesso.

La parte fisica era importante tanto quanto il tennis. La parte fisica con Umberto è stata fondamentale per lui negli ultimi due anni. Penso che lo si possa vedere ora che è in grado di muoversi in modo più efficiente, e può mantenere quel livello più alto più a lungo, ed essere in grado di farlo nelle partite da cinque set.

Quindi non era solo tennis. Si trattava di prendersi cura del proprio corpo da un punto di vista fisico, ma anche di ricevere il giusto trattamento e cura del proprio corpo quando scendeva dal campo per assicurarsi che stesse facendo le cose giuste. Questo è tutto. Questa è la fisioterapia, questo è il trattamento, questa è la dieta, questa è la tecnologia per assicurarsi che si sta andando nella direzione giusta, e ha la giusta massa muscolare. Di questo Umberto potrebbe parlare all’infinito.

La tecnologia attuale nello sport è molto diversa da quella di 20 o 30 anni fa. Quindi si possono avere idee su cosa desideriamo fare con un atleta, ma ora puoi controllarlo e ricontrollarlo per assicurarti di fare le cose giuste per quel particolare atleta. Umberto si occupa di questo.

D. In cosa pensi che sia diverso da quando sei arrivato nella squadra per la prima volta e poi quali pensi che siano il tipo di ritocchi finali o come li descriveresti? Qual è l’1% che Darren…

SIMONE VAGNOZZI: Quindi Darren è davvero un pessimo allenatore. (Risata.)

No, come penso si possa vedere, Darren con le parole è fantastico. È un altro livello.

DARREN CAHILL: Sono più vecchio. Ho un po’ più di esperienza.

SIMONE VAGNOZZI: Ed è un vero piacere averlo in squadra. Porta con sé l’esperienza necessaria per arrivare alle fasi finali di questo grande torneo. Lui ha sempre le parole giuste prima della partita, e anche dopo la partita, per vedere qualcosa che forse io non riesco a vedere.

Questo penso sia ciò che Darren porta alla squadra.

D. Tecnicamente cosa hai portato?

SIMONE VAGNOZZI: Io? Quindi quando iniziamo, Jannik era, come ha detto Darren, già un giocatore incredibile. Ma penso che fosse… monotono. Spingeva solo forte, senza tante tattiche. Quindi ora può giocare con la sua velocità ma sapendo dove mettere la palla, quando gioca un dropshot, quando gioca a slice.

E anche il servizio credo sia migliorato molto negli ultimi due anni. Oggi credo che il secondo set sia stato fantastico. Non ha concesso alcuna palla break a Novak, negli ultimi dieci anni forse sia successo una volta. Quindi penso che probabilmente sia stata una delle migliori partite per il suo servizio oggi, perché il secondo set è stato fantastico. Nei momenti importanti ha sempre trovato una buona prima di servizio. Credo che il servizio sia qualcosa che lo ha aiutato molto a raggiungere questo obiettivo.

D. Hai allenato grandi campioni, Hewitt, Agassi, Halep, tutti vincitori Slam. Ovviamente c’è ancora una partita da disputare per Jannik, ma quali qualità avevano loro che vedi in Jannik?

DARREN CAHILL: Etica del lavoro, obiettivi, desiderio, volontà di imparare, il QI tennistico di tutti quei campioni è fantastico.

Jannik ha tutto questo. Ha il senso dell’umorismo. Penso che lo si possa vedere dalle interviste post-partita. Lo vediamo ogni singolo giorno. È un bravo ragazzo ed è un ragazzo che ama il divertimento. Gli piace stare con le persone chelo fanno stare bene, sia prima che iniziassimo a lavorare con lui, sia con questo team. Abbiamo davvero un buon feeling all’interno della squadra.

Che si vinca o che si perda. Abbiamo subito anche noi la nostra quota di sconfitte, anche dure, ma non cambia nulla all’interno della squadra. A tutti piace la compagnia reciproca. È stato davvero importante anche per lui godersi il viaggio.

Ha le qualità che credo abbiano molti dei più grandi campioni, ma devi iniziare a vincere per far sì che ciò arrivi a fruizione. Quindi sta facendo piccoli passi. L’anno scorso ha concluso bene l’anno. Ha guadagnato molta fiducia da ciò che è stato in grado di fare.

Ha avuto dei di testa a testa piuttosto scarsi contro alcuni giocatori fino all’anno scorso, ed è stato in grado di abbattere un paio di ostacoli e vincere su Tsitsipas, vincere su Medvedev, vincere su Djokovic. E sono vittorie importanti, perché quando giochi un certo stile di tennis e continui a subire sconfitte, non puoi continuare a fare la stessa cosa. Devi cambiare e il tuo gioco deve evolversi.

Questo è ciò che Jannik ha tentato di fare negli ultimi due anni. È una grande qualità ed è quello che deve continuare a fare. Non smettere mai di evolversi e non smettere mai di migliorare.

Ha ancora una partita da disputare qui. Chiunque affronterà in finale sarà una partita incredibilmente dura. In realtà penso che abbia un record di sconfitte negli scontri diretti contro entrambi i giocatori. Abbiamo subito una dura sconfitta contro Zverev allo US Open lo scorso anno e nutriamo un rispetto incredibile per entrambi i ragazzi.

Quindi procediamo passo dopo passo e cerchiamo di continuare a superare quegli ostacoli. La cosa importante per lui è che tratterà l’oggi come il domani e come il giorno dopo e si diverta.

D. Darren, ti sei dovuto integrare in una squadra tutta italiana, il che potrebbe non essere semplice. Qual è stata la parte più difficile per entrare effettivamente nella squadra? Cosa ti ha portato l’ambiente italiano come persona?

DARREN CAHILL: Imparare a dire le parolacce con il giusto accento e pronunciarle correttamente è stato… non posso dirlo. (Risate.) Non posso dirlo.

SIMONE VAGNOZZI: Non è poi così male.

DARREN CAHILL: Non posso ringraziarli abbastanza per avermi invitato in questa squadra e avermi fatto sentire il benvenuto. Sarebbe facile per questi ragazzi parlare italiano tra loro. Invece mi fanno sentire parte della famiglia.

E non siamo solo noi. Abbiamo una famiglia allargata con altre persone intorno a noi che sono dietro le quinte. E poi i fan che Jannik ha in Italia e nel mondo. Ci si diverte parecchio e si riceve tanto amore.

Penso che parte del lavoro del coach sia anche costruire quella cultura all’interno di un gruppo e assicurarsi che tutti trattino tutti gli altri come uguali. Nessuno è più importante di un altro membro. Sento che siamo riusciti a creare questo ambiente all’interno di questa squadra.

D. Avete appena parlato della sua personalità. Ho sentito che Jannik viene da una città che è ovviamente in Italia, ma molto vicina all’Austria, quindi parla sia tedesco che italiano, e ha un background multiculturale. Pensi che questo tipo di background rifletta la sua personalità e pensi che gli renda più facile comunicare o che lo abbia aiutato a essere un buon giocatore di tennis?

DARREN CAHILL: Beh, tu [Simone] conosci l’Italia molto meglio di me.

SIMONE VAGNOZZI: No, sicuramente è una zona particolare dell’Italia quella in cui è nato. Le persone che provengono da lì sono normalmente molto serie. Non parlano così tanto. E da fuori forse si vede questo di Jannik, ma in realtà è un ragazzo che vuole sempre fare una battuta, vuole avere sempre il sorriso.

Quindi quando siamo in hotel, quando siamo al ristorante, è davvero divertente. Poi quando si allena è davvero serio, e questa forse è la parte tedesca di lui, ma è anche molto divertente, e questa forse è più la parte italiana (sorride).

D. Ovviamente, Darren, Jannik è un grandissimo attaccante, uno dei migliori di sempre. Che tipo di giocatore ti ricorda? Cosa rende questa palla così speciale, così impressionante?

DARREN CAHILL: Il suono della palla quando la colpisce, è piuttosto sorprendente, non è vero? Sì. Questa è stata la cosa che ho notato di più, perché lo conoscevo da lontano ormai da qualche anno.

Ricordo che mentre lavoravo per ESPN, forse tre anni fa, guardandolo da bordo campo avevo detto che questo ragazzo avrebbe potuto essere un futuro numero 1. Era così bravo già da subito. E con lui Riccardo Piatti ha fatto un lavoro incredibile.

Il suono della palla quando la colpisce è unico e speciale. Lo capisce dal suo tempismo e dalla velocità della mano. Ha lavorato dannatamente duro per poterlo fare. Uno dei compiti più difficili che abbiamo come allenatori è impedirgli di allenarsi. Giocherebbe senza sosta.

Dobbiamo cercare di valutare ciò che stiamo cercando di fare, se lo stiamo facendo per abbastanza tempo e poi farlo uscire dal campo. Perché se non lo facciamo uscire dal campo, resterebbe quattro o cinque ore a fare sempre la stessa cosa. Questo è uno degli equilibri che dobbiamo trovare come allenatori.

Agassi colpisce la palla così. Quando colpisce la palla, sembra che venga colpita più forte di chiunque altro. Rafa era esattamente lo stesso. Roger, quando colpiva un dritto, lo si poteva riconoscere dal suono. E Novak, quando colpisce di dritto e di rovescio, è come un tonfo. Non è solo una persona normale che colpisce la palla. Tutti questi giocatori hanno un suono diverso quando colpiscono la palla e sicuramente anche Jannik ha lo stesso.

D. Hai parlato di cultura, di squadra, di senso del divertimento. Che contributo dai alla squadra da questo punto di vista? Quanto deriva dalla tua educazione, da tuo padre? Cosa hai imparato dall’ambiente di coaching a cui sei stato esposto mentre crescevi? Quanto contribuisce questo alla tua abilità di allenatore e al tuo ruolo nella conquista della finale da parte di Jannik?

DARREN CAHILL: Il 95% del mio allenamento da allenatore in tutta la mia carriera l’ho imparato attraverso il Port Olé Football Club. Mio padre ha allenato lì per così tanti anni e ha avuto successo lì, frequentando un club e persone di successo. Sì, immagino che ci siano alcune abitudini, alcuni modi di essere e alcuni modi di allenare che non ti abbandonano mai.

Penso anche che sia importante continuare a cercare di migliorare. Sono stato davvero fortunato ad avere dei grandi giocatori e ho iniziato la mia carriera da allenatore con uno dei più grandi australiani di tutti i tempi, Lleyton Hewitt, e l’ho avuto a 12 anni. Sono stato incredibilmente fortunato a poterlo fare.

Una cosa tira l’altra e ho avuto la fortuna di lavorare anche con alcuni grandi giocatori. Con quelle esperienze impari diversi modi di allenare, diversi modi di comunicare e diversi modi, si spera, di cercare di ispirare le persone intorno a te e non solo i giocatori.

Fa parte del mio lavoro con questa squadra tenere tutti con i piedi per terra e per fortuna ho un allenatore incredibile accanto a me che sta facendo un lavoro straordinario con Jannik dal punto di vista tecnico e tattico, e cerco solo di assicurarmi che siamo sulla buona strada.

Se stiamo facendo bene il nostro lavoro, alla fine raggiungerà i risultati che può raggiungere. Probabilmente Jannik ci riuscirà indipendentemente dal fatto che lo stiamo allenando o meno, ma speriamo di poterlo accelerare il percorso per portarlo lì il più rapidamente possibile. Se dovesse essere così avremmo fatto un ottimo lavoro.

D. Nelle dichiarazioni dei giorni precedenti era sembrato che non fossi convintissimo della scelta di non giocare alcun torneo prima dell’Australian Open. Visto che i risultati sembrano aver dato ragione a questa scelta, ci puoi spiegare i motivi dietro a questa decisione?

SIMONE VAGNOZZI: No, noi eravamo convintissimi che questa fosse la scelta giusta, altrimenti non l’avremmo fatta. Solo mi ha sorpreso Jannik per come ha iniziato il torneo, perché arrivare qui senza giocare partite c’era il dubbio che i primi 2-3 turni potessero essere difficoltosi, invece è andato tutto per il verso giusto, e addirittura si è arrivati in semifinale senza perdere un set.

Per cui abbiamo fatto questa scelta convinti che fosse la migliore possibile, poi però non si sa mai come va a finire, ma in questo caso i risultati ci hanno dato ragione.

D. Su un campione di sei partite, la prestazione di Sinner al servizio è stata straordinaria: 26 palle break su 28 salvate, nessuna concessa oggi. Ti aspettavi un risultato di questo tipo dopo tutto il lavoro fatto su questo colpo nel corso dell’ultimo anno e mezzo?

Sapevo che poteva diventare un ottimo servitore. Per me deve ancora migliorare, non siamo arrivati al punto finale, ci siamo concentrati sua sulla prima di servizio sia sulla seconda. Sulla prima abbiamo lavorato per fargli avere più punti “gratis”, sulla seconda invece abbiamo puntato a renderlo meno attaccabile. Tornando indietro un paio di anni lui giocava sempre la seconda nella stessa maniera, ovvero corpo-rovescio. Adesso invece può variare tutti gli angoli, può tirare veloce o con rotazione, e questo fa si che quando si va a giocare con giocatori come Djokovic che mettono pressione in risposta questo non avvenga.

D. Pensando alla finale, quali saranno le difficoltà maggiori che si incontreranno con Medvedev o con Zverev?

SIMONE VAGNOZZI: Credo che il livello di difficoltà sia uguale. Zverev sta servendo benissimo, fisicamente sta molto bene. Medvedev è un grande campione, quindi non ci sono troppe differenze tra giocare con l’uno o con l’altro.

D. C’è un’abitudine, una parte di routine che è stata aggiunta prima di questo torneo e che è stata mantenuta per tutte le sei partite?

SIMONE VAGNOZZI: Tutto è abbastanza simile agli alti tornei, cerchiamo di organizzare il giorno del match nella giornata precedente. Come diceva Darren prima, Jannik bisogna un po’ fermarlo: quando abbiamo iniziato a lavorare insieme, se non giocava almeno un’ora e mezzo o due ogni giorno andava in paranoia. Adesso invece riesce anche a stare in campo meno: l’altro giorno siamo riusciti a stare in campo solo 40 minuti, a Shanghai mi ricordo che un giorno non siamo nemmeno andati al circolo quando avevamo due giorni di pausa tra i match. Dobbiamo sempre capire qual è la scelta migliore, se preservarlo nello sforzo per recuperare più energia oppure se è necessario farli sentire la palla

DARREN CAHILL: L’unica cosa che abbiamo cambiato è stata la rinuncia a giocare tornei prima dell’Australian Open. Eravamo preoccupati su come si sarebbe riusciti a mantenerlo al livello raggiunto alla fine dello scorso anno, considerando come stava giocando bene alla fine della stagione. A volte è rischioso togliere il piede dal pedale, arrivare al primo incontro della stagione in uno Slam, ma lui ha accettato la situazione, ha accettato la sfida e ha giocato benissimo nei primi turni.

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