Beato lui che snobba Sanremo, un festival già da crisi di rigetto (Caverzan). Sinner, il no alla vita virtuale e il sì alla casa a Montecarlo (Semeraro). "Effetto Sinner come la Davis del 1976" (Visconti)

Rassegna stampa

Beato lui che snobba Sanremo, un festival già da crisi di rigetto (Caverzan). Sinner, il no alla vita virtuale e il sì alla casa a Montecarlo (Semeraro). “Effetto Sinner come la Davis del 1976” (Visconti)

La rassegna stampa di giovedì 1 febbraio 2024

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Beato lui che snobba Sanremo, un festival già da crisi di rigetto (Maurizio Caverzan, l’Unità)

Sanremo si odia. Verrebbe quasi da dir così, in direzione uguale e contraria al claim che ci porta tutte le sere Amadeus in casa, subito dopo il Tg1. E a causa del bombardamento quotidiano cui siamo sottoposti da mane a sera. Rischia di provocare il rigetto. Mancano ancora cinque giorni all`inizio della kermesse e già ne abbiamo le tasche piene. Uno stillicidio di annunci, spot, polemicuzze e politiche di marketing estenuanti. L`ultima in ordine di tempo riguarda la presenza di Jannik Sinner sul palco del Festival. «Vieni a prenderti la standing ovation dell`Ariston», lo ha vellicato il conduttore, manco fosse quella del campo centrale di Wimbledon, l`unica che davvero motiva Jannik. Fosse per me non ci andrei, aveva anticipato il campione di Sesto Pusteria qualche giorno fa. Vista la titubanza dell`invitato, era arrivata la retromarcia del direttore artistico, un video sempre nell`orario di massimo ascolto del telegiornalone: «Vieni se vuoi, ma sentiti libero, noi tiferemo sempre e comunque per te». Fino al «preferirei di no» finale di Sinner. Beato lui che può per- metterselo.

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Prima di autopassarsi la linea alla conduzione di Affari tuoi. Così, oltre al martellamento promozionale che da giorni finalizza allo scopo con citazioni e rimandi l`intero palinsesto Rai, si aggiunge la sovraesposizione del conduttore. Hai voglia a cambiare canale. Secondo voi, Rai 2 e Rai 3 di cosa parlano? A cominciare dal gioco di sponda, sempre fantasioso, va detto, che da mesi gli fa Viva Raidue di Fiorello, il vero agente di Amadeus. E i grandi giornali? Una raffica di interviste preparatorie ai cantanti in gara, a quelli scartati, ai conduttori che aiuteranno il conduttore, ai direttori d`orchestra, ai vincitori del passato, agli autori del presente. Sanremo è l`evento, la manifestazione, il fenomeno più mainstream d`Italia. Persino più del Pd e della Juventus (non a caso, per la sua eccezionalità, il no di Sinner fa tornare alla mente lo storico rifiuto di Gigi Riva a trasferirsi alla Juve). Anzi, è l`archetipo stesso del mainstream.

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Sanremo è talmente mainstream che, volendo starne lontani, ci si autocondanna al margine. Per chi poi fa questo nostro mestiere, è un obbligo. Un piccolo lockdown di cinque giorni. Un pop pass inappellabile. No Festival non ammessi. Mica possiamo. Mancano cinque giorni all`inizio della kermesse e già ne abbiamo le tasche piene tra spot a profusione, litigi ed estenuanti trucchi di marketing. La musica ormai è passata in secondo piano: domina invece la politica con le ospitate dei vari Saviano, Ferragni ed Egonu declinare come Sinner. Si passa il badge il martedì e lo si ripassa all`uscita la domenica dopo, giusto per limitarsi all`essenziale. Altrimenti, se non ci fosse l`obbligo professionale, sai quante belle serie ci sono da vedere? E quanti bei film, persino al cinema? Anche solo per il gusto di dire no, come cantava Vasco Rossi. Una volta c`era la controprogrammazione di Mediaset, qualcosa che aveva la parvenza di un`alternativa. Invece, oggi è tutto un po` più prevedibile e pedissequo. Sanremo impazza e noi impazziamo. Verrebbe quasi da organizzare un sit-in. Davanti all`Ariston, però.

Sinner, il no alla vita virtuale e il sì alla casa a Montecarlo (Stefano Semeraro, La Stampa)


Dalla terrazza alla Camilluccia la vista su Roma è da Grande Bellezza, toglie il fiato. E all`orizzonte c`è un anno pieno di impegni: Indian Wells, Miami, Parigi, Londra, le Olimpiadi, New York. Dopo gli Australian Open ci sono altri tornei da vincere e gli ultimi tre gradini della classifica mondiale da scalare. Di Sanremo, in fondo, si può anche fare a meno. «Farò il tifo da casa», sorride Jannik Sinner, in cardigan di Gucci e riccioli rossi di ordinanza, davanti alla foresta di telecamere, telefonini protesi e taccuini frementi al quarto piano della nuova, lussuosissima sede della Federazione Italiana Tennis e Padel («nel parco coltiveremo carote», si concede una battuta il padrone di casa Angelo Binaghi»). «Il Festival è un evento bello, ringrazio Amadeus per l`invito, ma in quei giorni io sarò già ad allenarmi». Il tormentone sulla sua presenza all`Ariston lo chiude così, il nuovo fidanzato d`Italia, nel mezzo del suo mini tour romano di tre giorni che oggi si conclude con l`udienza al Quirinale di tutta la squadra di Coppa Davis. Per un`ora invece Sinner si apre come forse non era mai capitato, lasciando capire cosa c`è dentro la testa e il cuore di un fuoriclasse, di un venti- duenne con la sensibilità e la chiarezza di pensiero di un saggio. «In questi giorni sarei voluto tornare a Sesto, a trovare la mia famiglia, ma in valle c`è stata una tragedia, tre morti, due bambini, un padre rimasto solo: non mi sembrava il caso di fare festa», racconta con lo sguardo basso. «Al mio team poi ho già mandato un messaggio: dobbiamo rimetterci a lavorare. Andiamo a caccia di risultati, e vediamo che cosa succede. La popolarità mi piace, è bello sentire tanto affetto, ma io sono sempre lo stesso ragazzo di due settimane fa. Gli Australian Open per me finiscono qui. Gli avversari ormai mi conoscono, devo ancora migliorare nel fisico, nella resistenza, al servizio, in tutto».

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A capo del team che lo segue da due anni ora ci sono un italiano e un australiano, Simone Vagnozzi e Darren Cahill: «Due grandi allenatori che si completano, Simone pensa a tecnica e tattica, Darren più alla gestione della partita. Quello che ho capito soprattutto è che il mio non deve essere il team migliore di tutti, ma composto di persone brave, normali, che si capiscono e che sanno fare ciascuno la propria parte». Mai un pensiero banale. Del resto Jannik è cresciuto in fretta: «Sono andato via di casa a 13 anni e ho dovuto imparare a fare la spesa, a cucinare, ma già quando tornavo da scuola i miei non c`erano sono loro che mi hanno trasmesso l`etica del lavoro». Ha imparato presto a essere il manager di se stesso: «Ascolto tutti, ma alla fine sono io che prendo le decisioni, quindi devo chiarirmi bene le idee. E come quando vai al supermercato: non compri qualcosa che non sai cucinare».

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Viene il momento dei tributi ai primi maestri, Schonegger e Mayr, all`amico manager Alex Vittur («è quello che mi conosce meglio»), e degli appuntamenti: con le Olimpiadi («non vedo l`ora di giocarle per la prima volta»), e con Alberto Tomba: «Un gran tipo, sarebbe un sogno sciare con lui, gliel’ho chiesto a Natale ma non poteva». L`ultimo appello, quando in terrazza fa ormai freschino, è ai giovani che lo considerano un modello: «Non fidatevi dei social, perché lì non trovate la verità. E quando andate in campo divertitevi: è quella la vera vittoria». È tempo di fare una scappata al Colosseo, che Jannik non aveva mai visto e ha chiesto espressamente di visitare, ad accoglierlo il ministro Sangiuliano e la ministra Santanchè, anche loro sedotti dal fenomeno Sinner. Dalla geniale semplicità di un ragazzo da cui anche la politica, quella degli orizzonti bassi e litigiosi, avrebbe da imparare.

«Effetto Sinner come la Davis del 1976» (Laura Visconti, Corriere della Sera)


«L`effetto Sinner ancora non si è visto: ha vinto la Coppa Davis due mesi fa e gli Australian Open oggi, già prima di questi due grandissimi eventi il tennis era in crescita. Quest`anno a ottobre le scuole erano già in overbooking con l`impossibilità di prendere altre persone» spiega Enrico Cerutti presidente regionale di Federtennis (Fit Lombardia). «Ci sarà, fortissimo, tra qualche mese, quando i ragazzini dovranno scegliere lo sport da fare e allora speriamo, che sotto l`impulso di Sinner, il tennis venga privilegiato rispetto al calcio e non sia più una seconda o una terza scelta». Questo sport attrae sempre di più, come testimoniano i numeri: nel 2023 i tesserati Fit in Lombardia sono stati 87 mila, erano 67 mila nel 2022 (numeri che comprendono anche i giocatori di padel beach tennis e piclde- ball): quasi il 30% in più. Mentre per quanto riguarda Milano i tesserati nel 2023 sono stati 20.200, erano 18.800 nel 2022. «Sicuramente su questo trend positivo ha inciso moltissimo l`esempio di atleti come Sinner e Berrettini che sono fantastici anche come persone. Ma il vero boom deve ancora arrivare, come quello che c`è stato dopo la vittoria della Coppa Davis nel 1976», conclude Cerutti.

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Alabiso conclude così: «Vorrei sottolineare le parole di Sinner dopo la vittoria agli Australian Open: “Grazie ai miei genitori che mi hanno sempre lasciato libero di scegliere”: sono importanti perché spesso, oggi, ci sono troppe ingerenze da parte delle famiglie anche su aspetti tecnico-tattici e non va bene». «L`effetto Sinner secondo me sarà più visibile sugli adulti che sui ragazzi – spiega Filippo Maltempi, direttore di Junior Tennis di via Cavriana – molti giocatori che negli ultimi anni si erano dati al padel torneranno al tennis».

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«Sicuramente rispetto a una volta è uno sport più accessibile anche se non è per tutti: noi, comunque, se possiamo, cerchiamo di andare incontro alle famiglie», conclude Maltempi. Anche Alberto Ghezzi, direttore del Tennis club lombardo di via Sismondi, si allinea al pensiero dei suoi colleghi e assicura «Già da diversi anni la nostra scuola registra il tutto esaurito, anche perché si trova in una zona centrale, comoda per tante famiglie. Siamo al completo, anche se adesso, dopo le vittorie di Sinner, le richieste fioccano».

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