Felice Calabrò, il fotografo invisibile accanto a Jannik Sinner: "Con i bambini è straordinario, mai visto un campione così disponibile"

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Felice Calabrò, il fotografo invisibile accanto a Jannik Sinner: “Con i bambini è straordinario, mai visto un campione così disponibile”

Felice Calabrò parla dei lati straordinari di Jannik Sinner: il loro rapporto procede speditamente dal 2019

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Jannik Sinner - Montecarlo 2023 (Photo Felice Calabro’)
 

Umiltà e riservatezza le due doti umane che più di altre impressionano di Jannik Sinner e attenzionano i media. Riflettori accesi su tutto il suo entourage, perché un campione come lui si fida di poche persone al di fuori del suo staff. Cosa naturale che si capita di sovente laddove si parli di sport individuali e non di squadra.

Fa parte del suo team oltre, ad esempio, all’allenatore Simone Vagnozzi, al fisioterapista Giacomo Naldi, che lo seguono anche sui social, anche Felice Calabrò, 58 anni, di Salò, fotografo per lavoro e appassionato di tennis da sempre. Un rapporto, tra lui e l’altoatesino, divenuto sempre più stretto negli anni. Al punto che, dopo l’ultimo trionfo a Rotterdam, nella foto postata sui social dal gruppo di lavoro di Sinner, tra i tag c’era chi aveva immortalato quel momento di gioia. Calabrò, appunto, che per un mese ora tiferà da casa per poi tornare a catturare con il suo obiettivo le prodezze di Sinner da Montecarlo in poi.

Al “Corriere della Sera” ha raccontato i tratti salienti di questo rapporto tra lui e il campione azzurro: “Ci siamo conosciuto al torneo di Bergamo del 2019, in cui lui entrò da semi sconosciuto grazie a una wild card per poi dominarlo. In quei giorni, oltre ad essere fotografo, fui anche l’autista di Sinner e del suo ex allenatore, Volpini. Lavoravo anche per l’Atp in quella circostanza, quindi ero io a portarlo dall’albergo al campo. Il nostro rapporto è iniziato lì: ho l’impressione che, in quei giorni, tutti si accorsero che fosse nata una stella, ma non lui. All’inizio non aveva capito di essere davvero così forte”.

Ma in cosa è cresciuto Jannik?E’ cresciuto nella comunicazione anche grazie alla conoscenza che ha di ben tre lingue. E’ molto maturato nel rapporto con i giornalisti, ma il meglio di sé lo dà con i bambini. Non l’ho visto mai negarsi a nessuno, in Olanda firmava autografi a ripetizione anche per venti minuti. Capita che qualche bambino lo avvicini e lui non si limita alla classica foto di rito: si informa, vuole sapere da dove viene, come gioca. Ne ho visti tanti di tennisti, ho investito buona parte della mia vita e del mio lavoro in questo sport: posso solo dire che lui va oltre alla rappresentanza, ci mette il cuore”.

Calabrò è l’uomo invisibile accanto a Jannik: “Noi fotografi dobbiamo essere meno invadenti possibili. Cerco di essere discreto, anche quando per il “Dolomiten” (quotidiano dell’Alto Adige) salgo a Sesto: mi è capitato di recente dopo il successo in Australia, conosco bene anche i suoi genitori, modesti come lui”.

Il fotografo di Salò ha raccontato di aver fatto dono speciale a Jannik poco prima del trasferimento a Melbourne: una statuina del presepe in suo onore comprata a Napoli. L’attuale n. 3 del mondo gli aveva detto: “Speriamo porti bene”! E a giudicare dai recenti risultati la risposta è assolutamente a senso unico e inequivocabile.

Calabrò è convinto che la “Sinner-mania” sia esplosa nel corso della vittoria in Davis a Malaga. “Quel successo di gruppo, in cui è stato decisivo, lo ha reso definitivamente nazional popolare. Il resto lo ha fatto la sua cultura del lavoro: ho visto tanti allenamenti, non si risparmia mai. Fa la differenza”.

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