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[5] D. Medvedev b. T. Machac 7-6 (4) 7-5 1-6 6-4
Il Lenglen ha ospitato una sfida appassionante, lottata, divertente, imprevedibile, intensa a un punto che non si sarebbe potuto prevedere, nonostante Medvedev sia Medvedev (dunque un giocatore che non ha la terra rossa come superficie di elezione) e Machac avesse battuto Djokovic appena settimana scorsa e sembrasse sempre più pericoloso. Merito sicuramente del ceco, impeccabile col diritto e soprattutto col rovescio (in tutto, 57 vincenti), ma a spuntarla è stata Medvedev, che ha quasi sempre giocato bene i punti importanti). Intorno ai due, spettacolo anche in tribuna, l’assoluto capopopolo è stato il chiropratico del ceco con le sue esultanze. All’uscita, Machac è ricompensato con un’ovazione. E’ stato peraltro in grado di fornire un test di valore al suo avversario russo, che ora, con rinnovata consapevolezza e un po’ di stanchezza in più si presenterà fiducioso contro Struff o De Minaur agli ottavi, i quindicesimi della sua carriera in uno Slam.
Primo set: un ottimo Machac costringe Medvedev al tiebreak, ma trema sul più bello
La pioggia, da cui il salvifico tetto difende il Lenglen (a partire soltanto da quest’anno, e per fortuna!) cala questo terzo turno in un’atmosfera appannata, simmetricamente opposta alla smagliante forma di Tomas Machac, che arriva a questo match col suo best ranking (trentaquattresimo al mondo). Fin dai primi scambi, si capisce che per un Daniil Medvedev concentrato e quasi completamente – almeno all’inizio – impassibile, non si tratterà di una pratica facile da sbrigare. Gli scambi sono lunghi e intensi (già nei primissimi game assistiamo ad uno da 17 colpi): la partita, bella e divertente da seguire segue un equilibrio incerto. La lentezza e l’umidità delle condizioni di gioco rallentano il servizio di entrambi, e soprattutto Medvedev fatica a trovare continuità, trovandosi un paio di volte ad annullare palle break. Il primo a passare è comunque il ceco, che sale 3-2 impugnando per due volte consecutive la racchetta con la mano sinistra (!): da quel momento, ancora più di prima, il pubblico parteggia in suo favore. Il break viene recuperato immediatamente, ma il russo si trascina le difficoltà fino al tiebreak (nel frattempo, sei game si sono conclusi ai vantaggi). Nel tiebreak, Machac continua a giocare molto bene, ma il suo avversario ottiene un primo minibreak in apertura. Il ceco gli rimane alle costole, finché un grave errore con lo smash da fondo (come eloquentemente mima al suo box, al momento di colpirlo ha tremato) non porta Medvedev a tre set point. Il russo realizza il secondo, chiudendo dopo un’ora e otto minuti un primo parziale molto complesso e lottato. Si dirige dunque negli spogliatoi, dove resterà per più di cinque minuti. L’incognita ora è se Machac riuscirà a tenere l’altissimo livello di questi primi 68 minuti.
Secondo set: l’equilibrio perdura, ma Medvedev gioca bene i punti importanti
La risposta è fin da subito affermativa: già nel secondo game – dopo aver brillantemente tenuto il primo – il ceco sale 0-30, salvo subire la rimonta di Medvedev a suon di ace (nonostante, al momento di servire, una curiosa chiamata del giudice di sedia avesse contraddetto il parere del giudice di linea sul fallo di piede comminato al russo). La partita segue quella falsariga di equilibrio che è costante sin dall’inizio; non mancano, comunque, le palle break, sia per il russo (due sull’1-1), sia per il ceco (sul 4-3, ma il numero cinque del mondo non si scompone e persevera con un atteggiamento stranamente quasi impeccabile). Lo strappo arriva alla fine sul 5-5, quando Machac commette due errori consecutivi, poi con coraggio si getta a rete per recuperare, infine capitola. Non è finita: anche l’ultimo game riserva scambi sofferti ed uno decisivo, quello con cui Medvedev annulla la palla break che avrebbe portato al secondo tiebreak della partita, al termine di un logorante testa a testa. Infine, Medvedev chiude con un efficace contropiede: per l’ottimo Machac si fa molto dura.
Terzo set: squillo improvviso di Machac, si accende il Lenglen
Medvedev torna nuovamente negli spogliatoi, e questa volta la pausa dà fin da subito i suoi frutti: un break a zero sembra chiudere definitivamente una partita ormai compromessa per valori ed esperienza. Eppure, il vantaggio si rivela illusorio. Il russo commette un doppio fallo che sembra inizialmente ininfluente ma si rivela straordinariamente importante: Machac ha due chance di rientrare, la prima annullata con un passante su un attacco non convintissimo, la seconda invece viene colta. Da quel momento, Machac sembra in stato di grazia: tifato dal pubblico e in particolare da un misterioso scapigliato sostenitore nel suo box, successivamente identificato come il suo chiropratico – che entra, esce presumibilmente cacciato, rientra, agita l’asciugamano, fischia, strabuzza gli occhi, si siede accanto al coach, poi si alza e di nuovo agita l’asciugamano, e poi si risiede torvo e inquieto – fra demivoleè e stop volley ispiratissime, aiutato anche da nuovi doppi falli del suo avversario, trova addirittura due break e porta Medvedev a rivolgere per la prima volta al suo angolo occhiate scontente. In 28 minuti, il terzo parziale termina addirittura 6-1 in favore del ceco.
Quarto set: Medvedev cinico, brekka all’ultimo ed evita il quinto
Machac sembra ora inarrestabile. Ottiene subito due occasioni di break: alla prima, mette in rete un sanguinoso diritto, ma, sfruttando i tanti errori e le tante seconde del suo avversario, conquista il vantaggio alla seconda opportunità. La partita sembra andare nella direzione di un quarto set, ma ecco che, con un’altra inversione di rotta, Medvedev rientra e recupera il break. Machac continua a colpire benissimo la palla, col diritto e col rovescio, ottiene due nuove palle break sul 3-3, ormai il pubblico è schieratissimo dalla sua parte: in questo palpitante settimo game Medvedev fa e disfa, mette ace e commette doppio fallo, infine tiene la battuta ed il pericolo è scampato.
Sul 5-4 per il russo, sembra prospettarsi un nuovo “long set”: eppure, Medvedev sa essere, quando serve, un vero campione. Gli basta alzare di poco il livello già altissimo, sfruttare uno smash del rimpianto del ceco finito a rete e, infine, tirare un sospiro di sollievo nel momento in cui quel rovescio che aveva tanto assistito il numero trentaquattro finisce per tradirlo e consacrarlo al ricordo di un match giocato in modo memorabile, ma non alla gloria di un’impresa che avrebbe fatto il paio con la vittoria su Djokovic di settimana scorsa.