Fino a pochi mesi fa, Flavio Cobolli sembrava essersi perso in un bicchier d’acqua. Il suo classico gioco, esplosivo e pieno di passione, non rispondeva presente sui palcoscenici che contavano. Il tennista romano si è raccontato a Riccardo Crivelli della Gazzetta dello Sport, inviato a Parigi, dopo i peculiari alti e bassi di questo 2025. Dopo la vittoria in tre set impressionante su Ugo Humbert alla United Cup, c’era stato il buio: sette sconfitte di fila nel circuito maggiore, sino a marzo. Poi, come spesso accade nello sport, la scintilla è arrivata all’improvviso. Prima Bucarest, poi Amburgo: due trionfi in un mese e mezzo che hanno rivoluzionato la carriera del 23enne romano, portandolo al numero 26 del ranking mondiale, terzo italiano dietro solo a Jannik Sinner e Lorenzo Musetti.
Proprio quest’ultimo, insieme a Matteo Gigante, è uno dei giocatori a cui Flavio si sente un po’ più legato. Oltre a loro, un altro nome, un po’ più inaspettati, è quello dello spagnolo Davidovich Fokina: “Lui è sempre il primo a mandarmi un messaggio dopo una partita. Però quando ci siamo affrontati ad Amburgo siamo diventati due belve, ed è giusto così”.
L’amore per il tennis non è riuscito tuttavia a tenere Flavio lontano da un’altra sua passione, il calcio. Tenersi in contatto con Edoardo Bove, talento della Fiorentina ma compagno nelle giovanili della Roma di Cobolli, permette al romano di rimanere legato anche a quell’ambiente. Restare vicino al calcio non è solo una passione, ma anche un modo per poter parlare di altro con il padre Stefano, ex 236 ATP e coach di Flavio. Con lui, il 2002 romano cerca di sviare dal tennis: “Per andare d’accordo con lui il segreto è parlare di tennis il meno possibile. Parlo di tennis solo quando mi alleno e non tutte le volte. Per il resto, grandi discorsi sulla Roma e lunghissime partite a Risiko”.
L’exploit di Flavio nelle ultime uscite ha ormai lasciato dietro il brutto momento vissuto nel primo trimestre del 2025. L’infortunio rimediato alla fine della stagione precedente e il peso delle aspettative avevano reso vincere una missione molto più difficile. La scintilla scoccata a Bucarest ha cambiato qualcosa, e Amburgo ha amplificato questa fiamma. Anche grazie a queste vittorie, Flavio è più consapevole delle sue qualità: forza fisica, lucidità tattica e solidità tecnica. “So di poter giocare alla pari con tutti, ma in uno slam servono anche resistenza ed esperienza. I primi turni sono molto più difficili a dieci anni fa, ora devi essere al top anche contro il numero 80”. L’avversario al primo turno per il romano, parlando di giocatori esperti e da non sottovalutare, è Marin Cilic, ex numero 3 del mondo e campione degli US Open 2014.
Con queste nuove consapevolezze ora il numero 26 del ranking sogna in grande, un torneo del Grande Slam, e perché no proprio Parigi. Lo sogna con un championship point convertito da un rovescio lungolinea, come è successo ad Amburgo.