È in un limpido pomeriggio di fine maggio parigino, uno di quelli attraversato da un vento leggero che non disturba, avvisando che l’estate sia realmente alle porte, quando Nuno Borges firma quella che, fino a oggi, è una delle più importanti vittoria della sua carriera: 2-6 6-4 6-1 6-0 a Casper Ruud, testa di serie n.7 del tabellone e finalista Slam. Una prestazione pulita, quasi chirurgica, contro un norvegese palesemente limitato fisicamente, ma comunque ben lontano dall’essere battibile per chiunque.
A fine match, intervistato sul campo da un Fabrice Santoro visibilmente colpito, il 29enne portoghese di Maia non nasconde l’emozione. “Lui è diventato più lento col passare dei game, penso non fosse al 100%. Non so se il risultato sarebbe stato lo stesso in condizioni normali, ma ho creduto nelle mie chance, sono stato aggressivo e alla fine quasi non ho sbagliato nulla. Sono molto orgoglioso di come ho lottato.” Parole sincere, mai trionfalistiche, che raccontano molto del personaggio Borges: umile, razionale, eppure capace di accendersi nei momenti importanti.
Dalla NCAA a Roland Garros: la parabola silenziosa
Nuno Borges non è una meteora spuntata dal nulla. La sua crescita, però, è avvenuta al di fuori dei riflettori, lungo un percorso alternativo rispetto a quello dei grandi talenti precoci. Nato nel 1997 a Maia, cittadina del distretto di Porto, Borges si trasferisce negli Stati Uniti per studiare e giocare tennis alla Mississippi State University, dove si laurea in kinesiologia e diventa uno dei giocatori NCAA più forti del circuito: per tre stagioni consecutive viene nominato “tennista dell’anno”, chiudendo la carriera universitaria con merito.
Borges inizia il suo cammino nei Challenger con discrezione, accumulando punti e fiducia. Il suo primo titolo Challenger arriva a Adalya nel febbraio 2021, a cui seguiranno altri sei successi a livello cadetto, confermando una regolarità da metronomo.
È nel 2024 che vince il suo primo titolo ATP, lo Swedish Open, battendo in finale sua maestosità, Rafael Nadal, con il punteggio di 6-3 6-2, raggiungendo il best ranking al numero 42 fino a quel momento, prima di raggiungere la 30esima posizione in classifica dopo il terzo turno allo US Open.
“Sono cresciuto sulla terra, ma oggi preferisco il veloce”
E proprio sulla questione superficie, Borges ha risposto con lucidità a Santoro: “Sono cresciuto giocando sulla terra battuta, a Maia, ma oggi è più naturale per me esprimermi sul cemento. Sono felice di aver ottenuto questo successo nel torneo su terra più importante al mondo”. Una dichiarazione che fotografa perfettamente la duttilità del portoghese: uno capace di adattarsi, di lavorare a lungo su ogni singolo aspetto del gioco, senza mai forzare il passo.
Il suo tennis è solido, lineare, senza fronzoli. Non troverete in Borges un colpo da highlights, ma piuttosto una capacità rara di costruire punto su punto, con intelligenza tattica e senso della misura. Il servizio, pur non essendo una cannonata, è ben piazzato; il rovescio bimane è affidabile anche in spinta, mentre il dritto, pur non essendo una sentenza, gli permette di comandare lo scambio. Ma è nella gestione mentale che Borges sta facendo i progressi più evidenti: lo si è visto contro Ruud. Nel prossimo turno affronterà Alexei Popyrin, un’occasione concreta per spingersi ancora più avanti.