All’indomani del trionfo storico di Jannik Sinner a Wimbledon, il presidente della FITP Angelo Binaghi ha rilasciato un’intervista esclusiva a Libero e raccolta al London City Airport poche ore dopo la finale. Binaghi, tra un gate e un volo di ritorno per Milano, ha raccontato il suo punto di vista su un momento che segna una pietra miliare nella storia del tennis italiano.
“Complimenti a Jannik, al suo staff e alla sua famiglia per come lo hanno tirato su“, ha esordito il presidente. E sull’emozione provata a bordo campo: «Meno di quanto pensassi. Questi ragazzi ci stanno abituando a risultati straordinari. Qualche anno fa sarebbero state cose inimmaginabili, oggi sembrano quasi normali».
Il momento in cui ha capito che Sinner avrebbe potuto davvero alzare il trofeo? Binaghi è netto: «Quando si è ritirato Dimitrov. A una vostra collega dissi: “È difficile vedere Sinner perdere una volta in un torneo, due volte io non l’ho mai visto”».
Secondo il presidente, però, Wimbledon non rappresenta un punto di rottura: «I risultati degli ultimi anni sono stati talmente tanti che questa vittoria non ci cambia così tanto, ma continuerà ad alimentare una passione travolgente. E questo per noi è quasi un problema: siamo in crisi di strutture, non esistono palazzetti o impianti sufficientemente grandi per tutti; non sappiamo più dove mettere la gente. Le scuole tennis sono prese d’assalto, tutti oggi in Italia vogliono giocare a tennis e lo stesso vale per il padel e persino per il pickleball. Uno sport di racchetta tira l’altro».
Binaghi approfitta del microfono di Libero anche per lanciare un messaggio chiaro al governo: «La priorità adesso? Che si garantisca per legge il diritto degli italiani a vedere in chiaro le semifinali e le finali degli Slam quando c’è un nostro giocatore, come succede in Spagna e in Belgio. Non è possibile che solo chi può pagare abbia accesso a questi momenti. Basta con questo odioso abbonamento alle pay tv».
Alle istituzioni assenti domenica a Wimbledon dedica parole misurate: «Sono contento di esserci stato io. Alla fine quello che conta davvero è che, dopo 138 anni, nell’albo d’oro di Wimbledon c’è finalmente un italiano».
Infine, un pensiero a se stesso, ventiquattro anni fa: «Al Binaghi del 2001 direi che era un pazzo a prendere in mano una federazione rasa al suolo, ma anche che aveva ragione: se fosse stato abbastanza testardo da cacciare i mercanti dal Tempio e impostare un sistema basato su valori etici, morali e sportivi, allora sì, i risultati sarebbero arrivati. Anche se mai avrei immaginato questi».
Una consapevolezza che arriva nel momento più alto del tennis italiano e forse anche del suo presidente.