L'ANALISI

Federer, cosa aspettarsi?

Il numero 1 del mondo deludente in questa ultima parte di stagione. Motivazioni o qualcos'altro? C'è ancora il Master, di certo uno dei suoi principali obiettivi. Rossana Capobianco

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L'immagine di Roger che attende il suo incredulo avversario non guardando nemmeno l'ultimo inutile challenge che avrebbe confermato il punto della sconfitta al primo turno in quel di Parigi Bercy, è emblematica.

Sorride, Roger, un po' amaro e un po' autoironico. Forse anche perchè si rende conto che ormai il suo scalpo è diventato ambito per chi ha bisogno di dare lustro alla propria carriera e raccontare ai nipoti: "Lo vedi quello? E' Roger Federer, uno dei più grandi di sempre. Io l'ho battuto, una volta".

Federer in realtà a Parigi Bercy non ha mai fatto bene, neanche negli anni passati, neanche in quegli anni in cui il cannibale che è in lui divorava quasi ogni torneo che gli capitasse a tiro, avido di vittoria e dominio, terra rossa a parte. A Basilea si, invece, negli anni scorsi aveva fatto meglio. Intendiamoci, arrivare in finale e perdere in 3 set da Novak Djokovic - quello attuale, poi- ci sta ed è accettabile, ma lui al torneo di casa era arrivato sempre meglio, quando ha potuto giocarlo.

Dopo la Davis in Italia, come sappiamo, il buon Roger si è preso sei settimane di pausa, evitandosi una trasferta asiatica dispendiosa e di certo complicata per lui, ora che il numero dei cari al seguito è certamente cresciuto. Lo ha fatto, a suo dire, anche per prevenire infortuni, come quello alla schiena lo scorso anno, procuratosi proprio a Parigi, che lo costrinse al ritiro e ad un Master di fine anno con l'handicap.

Quindi, forse anche per questo, non si possono fare veri paragoni con le scorse stagioni autunnali, proprio per il numero di match giocati e una programmazione  -anche fisica-  diversa: il trainer storico di Federer, Paganini, ha assicurato che il numero 1 del mondo si è completamente dedicato alla preparazione che lo avrebbe portato al meglio all'appuntamento londinese e svolto anche una piccola parte che sarebbe poi servita per l'Australia.

Ogni cosa sembra portare ad una conclusione: sono cambiati, di gran lunga, gli obiettivi. Il lavoro svolto, la testa, la programmazione: Federer si prepara ora esclusivamente per gli appuntamenti che più gli interessano.

Naturalmente, ciò non significa che li centri tutti. I passi falsi sono dietro l'angolo, un Benneteau può giocare il miglior tennis della carriera e approfittare di un'opaca prestazione e scombinarti le cose, specie poi se hai di fronte un giocatore come Federer che, se non ha quella voglia e quella determinazione necessarie, si lascia travolgere dalla casualità dei propri colpi e dall'accidia della propria natura. In realtà Roger aveva intenzione di fare bene a Bercy, ma non benissimo: "Voglio provare ad andare oltre i quarti, che sono il mio miglior risultato, qui". Forse questa frase spiega un po'  tutto, così come "La semifinale sarebbe un ottimo risultato adesso", dichiarazione primaverile in quel di Roma. Così non aveva detto e aveva anzi annunciato alta competizione a Madrid e Cincinnati, puntualmente conquistati. Uno della sua esperienza e con la consapevolezza ormai consolidata sa dove e quando può vincere. O almeno, provarci fino in fondo.

Quindi cosa aspettarsi dal numero 1 del mondo per l'appuntamento più importante di fine stagione?

Considerando che lo scorso anno lo svizzero giocò alla morte una bellissima partita contro un grande Andy Murray con schiena quasi a pezzi e gastroenterite (confessata in seguito), che nel 2005 su una gamba sola quasi arrivò a vincere battagliando contro Nalbandian in finale, almeno la lotta.

Quello che si è visto tra Basilea e Bercy è un Federer in forte ritardo di preparazione, pesante sulle gambe, arriva a colpire male, soprattutto il suo colpo: il dritto. Quando uno tra il servizio e il dritto da metà campo non funzionano, per Roger sono guai. Il suo gioco non può prescindere da game di battuta semplici o da dritti facili a chiudere: è lì che assorbe fiducia e tranquillità, è con quelli che ha dominato i suoi avversari e vinto 15 Slam. Ma per ritrovare i propri colpi, la profondità e l'efficacia occorre che il footwork e il conseguente timing sulla palla ci siano. Forse occorreva qualche partita in più, proprio a Bercy, proprio come programmato.

Ma è andata male, e ora la curiosità è tanta e giustificata per capire quale Roger Federer vedremo nella nuovissima O2 Arena, in un Master dove molti, come lui, arrivano maluccio, ma che speriamo avvincente.

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