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Olimpiadi Invernali

Passeggiando per Vancouver

Immagini ed impressioni di una giornata trascorsa tra una fila e l’altra nella cittá canadese vestita a festa per ospitare la XXI Olimpiade invernale. da Vancouver, Vanni Gibertini

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Noi appassionati di tennis basiamo la nostra “fede” su alcuni pilastri che consideriamo incrollabili. Tra questi c’é la consapevolezza che le code di Wimbledon, da quelle in Church Road per acquistare i biglietti fino alle attese interminabili per poter mettere il naso su uno dei campi laterali sempre perennemente stipati, sono le piú lunghe, ordinate ed entusiaste del panorama sportivo.
Ebbene, queste Olimpiadi Invernali di Vancouver hanno messo a dura prova questa teoria, in quanto per qualunque cosa, anche la piú insospettabile, bisogna armarsi di santa pazienza ed aspettare con flemma... olimpica il proprio turno.
A cominciare dalla grande mania collettiva che ha contagiato tutti quanti a Vancouver, ovvero la caccia al souvenir ufficiale nell’Olympic Megastore. Il santuario del merchandising olimpico normalmente viene allestito all’interno di una struttura temporanea costruita all’uopo, solitamente un tendone modello circo, in modo da fornire una metratura adeguata alle folle che si propone di ospitare. Tuttavia in Canada é stato deciso di adottare una soluzione differente, ovvero quello di dedicare all’Olympic Superstore una sezione di un grande department store del centro cittadino (The Hudson’s Bay, partner ufficiale di Vancouver 2010 per il merchandising), sfruttando quindi una struttura permanente, anche se ció ha significato necessariamente avere una sola entrata ed una sola uscita per tutti i visitatori. Il risultato é quello che potete vedere qui sotto

Alle 8.20 del mattino, quaranta minuti prima dell’apertura del superstore, ci sono giá un centinaio di metri di fila fuori dal negozio di gente pronta a saccheggiare gli scaffali per vestirsi da capo a piedi con gli indumenti a cinque cerchi o con le divise ufficiali della squadra olimpica canadese. Chi vi scrive ha approfittato di un momento di relativa calma durante la serata (il superstore é aperto tutti i giorni fino a mezzanotte) per riuscire ad entrare nell’agognato grande magazzino dopo “soli” 45 minuti di coda. Nelle ultime quattro Olimpiadi cui chi vi scrive ha avuto la fortuna di assistere, non mi era mai capitato di dover aspettare tanto: solo a Pechino avevo dovuto aspettare una ventina di minuti, mentre ad Atene e a Torino ero riuscito ad entrare praticamente subito.
Il centro cittá é stato diligentemente pedonalizzato, con buona pace del traffico locale, incoraggiando locali e visitatori a godersi l’inusuale tepore di questo strano inverno canadese (il piú caldo negli ultimi 100 anni a Vancouver) passeggiando all’aperto, facendo acquisti nei negozi aperti ad orario continuato e prolungato ed a partecipare a tutte le iniziative collaterali preparate dai vari enti turismo delle province canadesi, che hanno fatto a gara per superarsi.

In Robson Square, la piazza di downtown fulcro della “movida” in questo periodo olimpico, la provincia del British Columbia (dove si trova la cittá di Vancouver) ha creato varie iniziative tra cui una piccola pista di pattinaggio coperta, che nel corso delle giornate ha ospitato eventi di vario tipo, da esibizioni acrobatiche fino alle partite delle leghe giovanili locali.

Ma l’attrazione piú popolare, che ha battuto tutti i record di code, éstata la Ziptrek, sostanzialmente un cavo di acciaio teso tra due torrette costruite ai lati opposti di Robson Square, lungo il quale chiunque puó calarsi (previa apposita imbragatura) per “sorvolare” la piazza e godersi il panorama dall’alto.

Questo un segmento della fila per accedere all’attrazione.

Come dite? Niente di straordinario? Vediamo se cambiate idea dopo aver letto il cartello appeso a quella struttura gialla che vedete nella foto.

Per chi non avesse troppa dimestichezza con l’inglese, il cartello dice “Coda per la Ziptrek: circa 6 ore di attesa da questo punto”. E sembra che ci siano state persone che abbiano atteso anche piú di otto ore per sostanzialmente 20 secondi di volo sopra la piazza. Mah, contenti loro...

C’é grande varietá di “fauna umana” per le strade, dai locali che sfoggiano con disinvoltura t-shirt e infradito nonostante la temperatura sotto i 10 gradi (che per l’inverno canadese, anche quello di Vancouver, é comunque quasi tropicale) ai turisti imbacuccati come se dovessero attraversare l’Antartide.
Qualcuno cerca di attirare l’attenzione, rimediando un’intervista con l’immancabile televisione giapponese.

Ci sono gli immancabili pin traders, che si scambiano le spillette a tema olimpico

E c’é chi vuole mettere in mostra i propri oggetti piú strani

Ma per chi vuole approfittare di ogni occasione per assorbire tutto l’olimpismo possibile, ci sono altre code da fare. Questa é la fila davanti all’uffcio della Zecca canadese dove, per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, gli spettatori hanno la possibilitá di toccare con mano le medaglie.

Camminando lungo Howe Street fino alla stazione Waterfront dello Skytrain (la rinnovata metropolitana locale), si giunge a Canada Place, con la sua caratteristica forma a 5 vele, simbolo della cittá di Vancouver. Costruita per ospitare il padiglione canadese all’Esposizione Universale del 1986, la struttura ospita il Vancouver Convention Center e durante queste Olimpiadi accoglie il Main Press Center dove operano i giornalisti di tutto il mondo accreditati all’evento.

Non lontano si puó ammirare la fiamma olimpica, accesa durante la cerimonia d’apertura dalla leggenda dell’hockey Wayne Gretzky,... non senza peró doversi sciroppare un’altra fila, questa volta per accedere alla “viewing platform”, la terrazza panoramica sul calderone olimpico.

In realtá, dopo parecchie proteste ricevute nei primi giorni, il VANOC (comitato organizzatore di Vancouver 2010) ha deciso di creare una feritoia nella rete protettiva intorno alla fiamma, in modo tale da permettere a chiunque di fotografare il calderone dalla strada senza dover far la fila per salire sulla terrazza.

Come accennato in precedenza, dislocati per tutta la cittá ci sono i padiglioni espositivi di tutte le province canadesi e di alcuni dei paesi partecipanti. L’esposizione di gran lunga piú appariscente é senza dubbio quella della cittá russa di Sochi (che molti di voi ricorderanno aver dato i natali a Yevgeni Kafelnikov) la quale ospiterá la prossima edizione delle Olimpiadi invernali nel 2014 e che si é accampata nella futuristica struttura del Museo della Scienza.

Tanto per cambiare, anche qui la fila all’ingresso é di quelle che si ricordano.

Giusto a scanso di equivoci: tutte le persone che vedete in coda fanno parte della stessa fila.

Paradossalmente, le file piú corte sono ai controlli di sicurezza all’ingresso degli impianti olimpici. Per chi non sia mai stato ad una gara delle Olimpiadi, ogni spettatore é controllato sul modello di quanto accade negli aeroporti: bisogna togliere tutti gli oggetti di metallo dalle tasche, far passare le borse sotto le macchine a raggi X e si deve entrare passando attraverso un metal detector. La cosa che piú lascia perplessi e che le tende aperte in cui si svolgono le operazioni di controllo non hanno riscaldamento oppure hanno solamente qualche stufetta molto rudientale, per cui gli spettatori sono tenuti a togliersi tutti i capi di abbigliamento pesante (sciarpe, cappotti, etc...) e rimanere in camicia o maglietta anche per diversi minuti fino a quando tutta l’operazione non viene completata. Fortunatamente c’era una temperatura abbastanza mite, perché non credo che avrei apprezzato molto se la temperatura fosse stata di diversi gradi sotto lo zero come spesso accade in questo periodo in Canada.
I due impianti principali situati a downtown Vancouver sono il BC Place (sulla sinistra nella foto qui sotto), dove si disputano tutte le cerimonie, ed il Canada Hockey Place, (sulla destra) teatro del torneo di hockey.

A due passi da tre stazioni della metropolitana, facilmente raggiungibili a piedi da qualunque punto di downtown, rappresentano la punta di diamante degli impianti olimpici, con tutto ció che un’arena moderna deve essere in grado di offrire agli spettatori. L’impianto dell’hockey, normalmente usato dalla squadra NHL dei Vancouver Canucks e capace di contenere fino a 19.300 spettatori, é solitamente chiamato General Motors Place, ma le strette norme sulle sponsorizzazioni del CIO hanno imposto un cambio di nome in quanto non é consentito durante le Olimpiadi di utilizzare nomi di aziende che non sono sponsor olimpici. Per lo stesso motivo, in tutti i luoghi di gara, cosí come per l’acquisto dei biglietti, l’unica carta di credito accettata é la Visa e le uniche bevande servite sono quelle prodotte dalla Coca Cola.

Il torneo di hockey é stato programmato in maniera molto oculata dal CIO, dopo aver preventivamente concordato le date con la NHL (National Hockey League) in modo da assicurarsi che tutti i campioni che militano nella lega professionistica americana potessero prendere parte alla kermesse olimpica senza abbandonare le proprie rispettive squadre nel momento chiave della stagione. Durante le prime quattro giornate non ci sono stati incontri maschili, in quanto ci si é accordati con la NHL per sospendere il campionato per sole due settimane. I giocatori hanno cosí completato i loro impegni con le rispettiva franchigie domenica 14 febbraio nel primo pomeriggio, si sono trasferiti a Vancouver tra la serata e la mattinata di lunedí 15, in modo da poter unirsi alle proprie nazionali ed iniziare il torneo martedí 16. Il CIO si sta infatti impegnando da qualche tempo per far in modo che le competizioni olimpiche rappresentino l’espressione massima di tutti gli sport che alle Olimpiadi prendono parte, facendo in modo che tutti i migliori atleti partecipino alle rassegne a cinque cerchi. E’ infatti di poco tempo fa la notizia dell’inserimento del doppio misto nel programma olimpico del tennis per Londra 2012 previa assicurazione da parte della ITF che il campo di partecipazione sará “adeguato”; secondo la stessa logica, il baseball ha perduto lo status di sport olimpico dopo Pechino 2008 a causa dell’impossibiltá della Federazione Internazionale Baseball (IBAF) di convincere la Major League americana (MLB) a sospendere il campionato americano durante gli anni olimpici per permettere ai fuoriclasse militanti nelle squadre USA di unirsi alle proprie nazionali.

Come si puó vedere qui sotto, viene ricordato agli spettatori delle prime file che nonostante le reti protettive qualche puck impazzito puó volare tra le tribune...

All’interno del BC Place si svolgono tutte le cerimonie, comprese alcune delle premiazioni sul podio, ogni sera, in un evento particolare, preceduto da uno spettacolo folkloristico di una delle province canadesi (quasi ogni giornata delle Olimpiadi é dedicata ad una delle 11 province che formano il Canada) e seguito da un concerto rock. Per questi eventi lo stadio viene “dimezzato” ottenendo un palco molto ampio e riducendo la capienza a 23.700 posti, invece dei 60.600 che sono disponibili per le cerimonie di apertura e di chiusura che si disputano a tutto campo

Nell’immagine si nota la struttura del tetto che é la piú grande copertura pressostatica del mondo, la quale peró entro il 2011 verrá rimpiazzata da un tetto retrattile che lascia passare la luce e che consente notevoli risparmi energetici, dato che non é necessario riscaldare continuamente l’impianto per mantenere il tetto in tensione.

Dopo aver assistito alle gare ci concediamo una passeggiata sulla rive del “False Creek”, pieno di punti di ristoro, concerti e luoghi di “socializzazione”, e con la spiaggia sassosa che é stata decorata con gli “Inukshuk”, la statuetta in pietra delle popolazioni Inuit del Canada Settentrionale, che é stata scelta come simbolo di questa Olimpiade

L’impressione generale di questi XXI Giochi Olimpici invernali, per la prima volta ospitati da una cittá cosí popolosa (oltre 2 milioni di abitanti, piú del doppio di Torino che é al secondo posto in questa classifica), siano riusciti decisamente bene, creando un’atmosfera di festa ed occasioni di ritrovo che rendono l’esperienza Olimpica unica nel suo genere. Se poi fossero riusciti anche a diminuire un po’ le code... ma si sa, non si puó volere tutto dalla vita.

 

 

 

Vanni Gibertini

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