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INDIAN WELLS

Il vento dell'Est bravo Piatti

Grandi sorprese nel primo Master 1000 della stagione. E le due più grandi vengono dall'Est, con in ritorno di Ljubicic e della ex-numero 1 Jankovic. E nella vittoria di Ivan c'è anche qualche merito italiano... Ubaldo Scanagatta

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Se il primo Slam del 2010 era finito nel rispetto dei pronostici, con la vittoria di Roger Federer e Serena Williams, i n.1 del mondo (e finalisti di prestigio, Andy Murray e Justine Henin) il primo Masters 1000 conclusosi in California ha fatto registrare sorprese davvero incredibili, fin dai primissimi turni.

Nello strano deserto di Indian Wells _ nel raggio di 60 km non ci sono meno di 25 straordinari campi da golf _ ha ricominciato inaspettatamente a soffiare il vento dell’Est.

I bookamakers più preparati non avrebbero saputo proporre una accoppiata di vincitori formata dal croato Ljubicic e dalla serba Jankovic, sebbene in fondo si parli di un giocatore che meno di 4 anni fa era n.3 del mondo e di una giocatrice che un paio d’anni fa era addirittura n.1.

Eppure i sorprendenti campioni del torneo sponsorizzato da Oracle e Larry Ellison, re dell’ultima Coppa America di vela, sono loro, il croato scappato in Italia al tempo della Guerra dei Balcani e giunto a Como dal suo coach-mentore Riccardo Piatti dopo circostanze avventurose e rocambolesche, e la serba dagli occhi a mandorla che dopo esser stata costretta ad allenarsi sul fondo di una piscina a Belgrado in assenza di strutture indoor, era emigrata alla Bollettieri Tennis Academy in Florida per non disperdere l’indiscusso talento.

Più sorpresa lui che lei, certo, anche se lui in qualche modo ci aveva stupito parecchio già quando nel 2006 aveva centrato (complice anche un tabellone favorevole) una semifinale al Roland Garros francamente inattesa per un giocatore certamente più adatto al tennis sui campi veloci. Una sorpresa quasi equivalente a quella creata da Agassi quando vinse il suo primo Slam sull’erba, lui che per anni a Wimbledon aveva preferito non andar nemmeno.

Enzo Cherici ha ricordato nel suo ottimo pezzo che un anno fa di questi tempi Ivan era n.76 e che molti ne prevedevano l’imminente ritiro. Non ne conoscevano la testardaggine e la determinazione: doti che l’avevano issato fra i migliori tennisti del mondo senza che lui avesse apparentemente, al di là del gran servizio, le qualità del campione. Se si pensa che noi italiani siamo ancora qui a rimpiangere gli exploit di Adriano Panatta che rispetto a Ljubicic di talento pareva averne il doppio, che dico, il triplo, eppure più su del n.4 non è mai salito e c’è stato pure poco, beh…che dire?

E che dire allora anche di Jelena, addirittura n.1 nel 2008 (pur senza aver conquistato alcuno Slam), più gambe e testa che colpi (a parte un bel rovescio)? Anche lei _ mentre noi ci siamo esaltati per il decimo posto raggiunto da Flavia Pennetta, nostra prima top-ten di sempre anche se c’è stata meno di Panatta e n.13 oggi _ non sembrava più davvero competitiva da un bel pezzo.

Invece eccola lì. Alla nuova n.2 del mondo, la biondona danese Wozniacki, ha inflitto la terza scoppola in tre duelli. Tanti, anche su Ubitennis, hanno scritto che la Jankovic è stata forse la n.1 più debole della storia (con l’altra serba Ivannovic?), ma che dire allora di questa nuova n.2 che prende bastonate del genere dall’ex n.1?

Per il trionfo di Ivan , più anziano vincitore di un grande torneo dai tempi di Jimbo Connors se non erro (ma scrivo a memoria e figurarsi se qualcuno dei miei affezionati lettori non si affretterà a smentirmi nei prossimi minuti….e io pubblicherò, pubblicherò, state tranquilli, sapesse come mi piace sbagliarmi!), bisogna certo fare le congratulazioni a Riccardo Piatti. E non solo e non tanto per il lavoro che ha certamente svolto e fatto svolgere al suo cavallino di razza. Ma anche per la prova di amicizia, di fedeltà, che ha fatto al suo pupillo: anni addietro avrebbe potuto mollarlo per la Fit, oppure per salire sul carro del più giovane e più promettente Djokovic (che l’avrebbe probabilmente reso più ricco). E’ rimasto con “Ljubo” che con i traguardi raggiunti da lui, e da Furlan n.19 oltre che da Caratti n.26, rappresenta con il suo best ranking n.3 il maggior riconoscimento delle qualità d’un allenatore capace evidentemente di tirar fuori il meglio anche da giocatori che non sono campioni di razza.
Peccato aver disperso _ parlo a nome del tennis italiano _ un patrimonio tecnico così per star dietro alle solite meschinità del nostro piccolo tennis dirigenziale. Che adesso ha perso anche Roberto Lombardi, probabilmente l’uomo più valido dell’intera struttura FIT. E che Riccardo, proprio nei giorni scorsi, ha voluto ricordare con un suo commosso ricordo che potrete trovare fra gli oltre 350 commenti giunti a commemorare la scomparsa di Robertino, direttore della scuola nazionale maestri.

Ubaldo Scanagatta