26/01/2013 00:27 CEST - Interviste

Agassi: "Stiamo vivendo l'epoca d'oro del tennis"

TENNIS - "Federer, Murray, Djokovic e Nadal hanno riscritto le regole del tennis"dice Agassi agli Australian Open. Parla anche di doping: "Sono deluso da Armstrong. Credo che il tennis sia sulla strada giusta. E quello che è successo a me, con il crystal meth, ha aiutato il tennis ad affidare i controlli a un'organizzazione esterna, la WADA". Alessandro Mastroluca

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Andre Agassi
Andre Agassi

Era dal 2005 che Andre Agassi non tornava agli Australian Open, lo Slam in cui ha ottenuto i suoi maggiori successi. In una lunga conferenza stampa, ha concesso ai giornalisti i suoi pensieri s Lance Armstrong e il doping, sull'alto livello competitivo nel tennis attuale e sulle battaglie dei giocatori per ottenere una percentuale maggiore delle entrate degli Slam.

“E' incredibile vedere lo standard del tennis salire sempre di più e ti chiedi come sia possibile. Oggi, con questi tennisti, è come se ci fossero diverse regole di ingaggio. Quando giocavo, io cercavo di spingere il mio avversario indietro durante il punto e poi lavorarlo lentamente ai fianchi. Oggi, invece, nessuno sembra mai indietro durante lo scambio. Se giocassi oggi, con il fisico che ho non potrei più sviluppare la capacità di colpire in avanzamento. Federer ha alzato il livello, Nadal l'ha raggiunto e portato lo standard ancora più in alto e Djokovic, per un breve ma intenso periodo, l'ha ancora migliorato. Penso che se dovessi affrontare Djokovic forse lo coinvolgerei in una rissa negli spogliatoi: forse così avrei una chance di batterlo. Questa è l'età dell'oro del tennis, dirà la storia. Avere tre giocatori così nella stessa generazione è incredibile”.

“Ho avuto la fortuna di giocare contro Federer” aggiunge, “ed è molto diverso da Sampras. Con lui non c'è nessun punto del campo in cui puoi sentirti a tuo agio. Ho giocato con Nadal, ho giocato con mancini che colpivano con molto spin, ma lui era diverso: tirava più alto e più corto, così mi costringeva a impegnarmi di più nello scambio. Guarda poi quello che riesce a fare Djokovic. Ai miei tempi c'era Chang che correva bene, poi è arrivato Hewitt che si muoveva meglio: con lui avevi dei problemi se non riuscivi a metterlo in difesa. Poi prendi uno come Djokovic, che si muove come e meglio di Hewitt ma, anche se lo costringi sulla difensiva, è comunque in grado di fare il punto con un colpo solo. E' un'evoluzione del gioco, e qualcosa mi dice che non si fermerà. Lo dice la storia. Ogni cinque anni sembra arrivare un nuovo livello. Anche Murray sta facendo cose incredibili: quei quattro hanno davvero riscritto le regole”.

Non manca la domanda sulla confessione di Lance Armstrong nel salotto di Oprah Winfrey. E Agassi, che ha destato non poco scalpore, e scatenato fazioni di accusatori e difensori, quando ha svelato l'assunzione di crystal meth (una droga “ricreativa” e non una sostanza dopante, in grado di migliorare la prestazione sportiva) nella sua autobiografia Open, non si tira indietro. “Ho reagito come chiunque altro, mi sono sentito deluso, arrabbiato. Il mio successivo pensiero è andato a Live Strong”, il programma di cui fa parte il braccialetto giallo da lui ideato con l'intento di sostenere le vittime e i guariti del cancro e consapevolizzare sul problema. “Loro sono sopravvissuti a battaglie vere, e spero che Live Strong possa sopravvivere a tutto questo”.

Per quanto riguarda il tennis, aggiunge, “posso parlare delle regole, dei regolamenti, ma posso dire poco su come siano cambiate da quando ho lasciato questo sport. Siamo in un'epoca in cui più trasparenza c'è e meglio è per lo sport e per gli atleti. Credo che il tennis sia sulla strada giusta e forse anche quello che mi è successo ha avuto un piccolo ruolo nel nuovo sistema che affida i controlli alla WADA, un organismo terzo. Fosse stato così per me, avrei evitato di rovinare qualche anno della mia vita, cosa che ho fatto assumendo il crystal meth: mi avrebbe salvato da tanti punti di vista”. E conclude: “Discutiamo di come rendere i controlli sempre più completo. Ho imparato che descrivere un problema è più facile che risolverlo”.

Uno degli aspetti su cui più ci si concentra oggi, e che non manca di generare insinuazioni, è la capacità di recupero fisico dei top player, anche dopo partite di cinque o sei ore. “Resto sempre meravigliato di come ci riescano. Quando giocavo, sapevo che il mio fisico poteva reggere più o meno quattro ore prima di andare in debito. Allora cercavo di mandare i miei avversari fuori giri, di trattare una maratona come fosse uno sprint. Oggi i loro sforzi sono più calcolati, se giocano sei ore sono sei ore diverse dalle mie. Ma allo stesso tempo sono atleti molto migliori, con molta più forza nelle gambe. Credo siano stati consapevoli fin dalla giovanissima età di quanto sia importante la preparazione, e secondo me c'è molto da guadagnare dal sapersi allenare con intelligenza”.

Agassi chiude parlando di soldi, e delle richieste dei giocatori che vorrebbero una maggiore partecipazione agli utili nei major. “Potrebbero agire tutti insieme” dice, “e mettere pressione. Ovviamente avrebbero bisogno di un leader, di qualcuno che sappia mettere in evidenza le basi e i meriti di quello che stanno cercando e di avviare una trattativa che abbia un certo senso di equità in tutti gli Slam. I giocatori sono il prodotto. Se agissero insieme e avessero una discussione razionale, potrebbero negoziare una fetta di quello che il prodotto genera. Ma dovrebbero sempre esserci delle fluttuazioni. Non puoi dire solo: vogliamo più soldi, più soldi, più soldi. Finché il torneo guadagna, è ok. Ma se gli introiti scendessero? Anche noi guadagneremmo meno. Tutti condividiamo il rischio, e questo deve tradursi anche dal punto di vista economico. Bisogna che la distribuzione dei proventi sia vantaggiosa per i tennisti, per monetizzare al meglio gli anni di carriera, e per lo sport, che deve mantenere la sua unità. I termini devono essere onesti, equi. Per esempio, se so che gli Us Open guadagnano più degli Australian Open non posso chiedere di guadagnare la stessa cifra qui e lì. Non sarebbe ragionevole. I giocatori possono ottenere quello che vogliono, ma hanno bisogno di unirsi e trovare un leader. Quando provi a mettere insieme 100 persone e ci sono 100 priorità, 100 agende diverse, è impossibile fare qualcosa. Ma unire tutti non è facile. Dove va il prize money? Più soldi a chi vince, o a chi perde subito? Sono questioni che vanno pensate globalmente. Serve una strategia, lamentarsi non basta”.

Alessandro Mastroluca

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