22/07/2013 16:13 CEST - ATP AMBURGO

Fognini, ora non sei più tu a tremare: la doppietta è servita!

TENNIS - Fognini annulla 3 MP e diventa il 3o italiano (dopo Pietrangeli e Bertolucci) a vincere Amburgo, il primo a trionfare in due tornei di fila dal Panatta '76: 46 76 62 ai danni di un acerbo Delbonis. Nuziale

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Fabio Fognini esulta dopo il punto che gli ha dato il 500 di Amburgo
Fabio Fognini esulta dopo il punto che gli ha dato il 500 di Amburgo
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Fognini b. Delbonis 46 76(8) 62
Ci si era rassegnati a Cancellotti, lasciando a Panatta un record che comunque rimane intoccabile per prestigio, assurdo sottolinearlo: Roma-Parigi non può essere sfiorato da una coppia di tornei di buon valore, ma relegati fuori dalla stagione terraiola elitaria.

Anche Cancellotti andava più che bene, non si può diventare immediatamente schizzinosi dopo anni di mediocrità. Ma alla vigilia l'occasione era delle più ghiotte e invece c'è mancato davvero poco che si rimanesse a stomcato vuoto. Ora che è finita, lo si può dire: quel secondo set era raddrizzabile solo tramite benestare celeste.

Un secondo set iniziato di reazione alla perdita di un primo ceduto quasi silenziosamente, al primo campanello d'allarme, quando l'azzannata per il break a favore era costantemente nell'aria (cinque palle break nel quinto gioco, una delle quali sprecata tragicomicamente, ma anche un 0-30 e un 15-30), senza mai arrivare; quel primo assalto vittorioso al servizio di Federico Delbonis sembrava aver immediatamente rimesso il match verso i binari che, scaramanzie patriottiche a parte, alla vigilia sorridevano decisamente al nostro giocatore, nonostante le imprese del 22enne argentino contro il sempre imprevedibile Fernando Verdasco e lo spirito del re morto Federer. Il decimo gioco del primo set, che con tre errori piuttosto sciocchi aveva firmato il break definitivo, aveva trovato pronta risposta di un giocatore ora più fiducioso, solido, calmo, focalizzato.

Ma un piccolo episodio, nel secondo game, aveva fatto temere il peggio, aveva fatto rivedere in tutta la sua negativa prorompenza il lato di Fabio Fognini che sembrava appartenere al passato: il Fognini colpito dalla provocazione come nessun colpo, per quanto geniale, potrà mai ferirlo, il Fognini che comincia a lanciare racchette, a sbottare, a sparare con la casualità di chi non vuole più essere lì, che non concepisce più la partita, ma solo un furibondo e autodistruttivo soliloquio.

Impegnato a difendersi dalla controffensiva di Delbonis, che subito è arrivato a palla dell'immediato controbreak, Fognini è stato punito con un warning per aver perso tempo nel cambiare la racchetta, essendosi rotte le corde; tale decisione, piuttosto insensata, ha avuto effetto deleterio probabilmente perché inizialmente mal interpretata dall'italiano, che pensava di aver subito un penalty point. Così per tre game e spiccioli si è stati testimoni di un Fognini avvinghiato dai propri demoni, con il preoccupante risultato che sembrava definitivo: 64 41 Delbonis. Che anche oggi ha dimostrato due ottimi fondamentali da fondo campo, un servizio discreto ma usato in maniera tremendamente banale, una varietà di gioco da imbianchino, solidità mentale non seguita da grande acume tattico. Insomma un ottimo alfiere, che non sarà mai re.

E che a partire dal 4-1 ha cominciato a sentire la comprensibilissima pressione della vittoria della vita, lui che, come Roberto Carretero nel '96, poteva vincere l'ora (dal 2009) torneo di seconda eccellenza di Amburgo partendo dalle qualificazioni. Auguriamo all'argentino di trovare più successo tennistico dello spagnolo.

Un controbreak a 0 nel settimo gioco, senza che Fognini abbia fatto miracoli, raddrizzava il set e il match, fino all'inevitabile conclusione del tie-break, essendo i turni di servizio tornati immediatamente poco più che formalità per il giocatore alla battuta.

E qui Fognini, salvo l'iniziale minibreak per il 3-1, ha visto la morte agonistica in più di un'occasione; sempre a inseguire Delbonis, che per tre volte - sul 6-5, sul 7-6 e sull'8-7 - è arrivato a un punto dalla conquista del primo titolo ATP in carriera. Li ha falliti, soprattutto il terzo, un dritto a sventaglio (deviato in corridoio dal nastro) scagliato con la speranza cieca di chi ha paura. Ingeneroso forse quanto sto per sentenziare nei confronti di un ragazzo protagonista comunque di una settimana impressionante, ma un vero campione può avere paura di perdere, mai di vincere. E' ancora (relativamente) giovane per un'ottima carriera, ma a 22 anni Delpo era già un "veterano" con tanto di Slam e devastante infortunio, Delbo ha da poco fatto il primo ingresso tra i primi 100.

Il terzo set, per chi ha visto quattro partite in vita sua, non poteva che essere un tappeto rosso per il risorto: così è stato. Un 5-1 che poteva essere 6-0, se Fognini non avesse mancato due palle del 4-0; un 6-2 che poteva essere 6-1, se l'azzurro non avesse sprecato il primo turno di servizio per chiudere, ma che poteva anche essere 6-3, se Delbonis avesse giocato con la giusta sensatezza una delle quattro palle game, dal 5-2 40-0.

Fatti i doverosi applausi a un ragazzo che è riuscito laddove qualsiasi giocatore italiano da 37 anni a oggi aveva fallito e che è entrato per la prima volta tra i primi 20 del mondo (tutt'altro che impossibile l'ingresso tra i 15, più in là nutro ancora forti dubbi), mi sento ancora in dovere critico di temporeggiare circa il suo futuro e relativizzare i due successi, che vengono a mio avviso salutati con eccessiva enfasi. Sono titoli non paragonabili a Rotterdam '91 e Milano '92 di Camporese, che batté in finale rispettivamente Lendl e Ivanisevic, e lo stesso Milano 2002 di Sanguinetti, vittorioso in finale su Federer, per quanto ancora pre-esplosione.

Tommy Haas (peraltro arrivato probabilmente sfiancato dal tour de force di Parigi-Halle-Wimbledon) e Almagro sono ottimi test, ma non per ufficializzare il salto di qualità di Fabio, che oggi ha vinto d'esperienza, non di maturità; ovvero ha vinto perché l'avversario era molto più impreparato di lui alla vittoria. Ma questo non deve far dimenticare il black out totale avvenuto nel secondo set: con altri avversari staremmo a commentare un'altra partita.

Le altre finali azzurre ad Amburgo
1977 Paolo Bertolucci b. Manuel Orantes 6-3 4-6 6-2 6-3
1972 Manuel Orantes b. Adriano Panatta 6-3 9-8 6-0
1960 Nicola Pietrangeli b. Jan-Erik Lundquist
1956 Lew Hoad b. Orlando Sirola 6-2 5-7 6-4 8-6
1953 Budge Patty b. Fausto Gardini 6-3 6-2 6-3

Riccardo Nuziale

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