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07/07/2010 16:26 CEST - WIMBLEDON

Pellegrinaggio alla Mecca

Il racconto di un'esperienza unica. Aneddoti, curiosità, emozioni e sensazioni di un pellegrino in visita alla Mecca del Tennis: Wimbledon. Nicola Gennai

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“Il pellegrinaggio alla Mecca è il quinto pilastro dell'Islam ed è un atto obbligatorio che però può essere compiuto solo a determinate condizioni. Ogni musulmano ha l'obbligo di recarsi alla Mecca almeno una volta nella vita se i suoi mezzi lo consentono. Esso costituisce un evento importante nella vita del credente, rappresentando un mezzo di purificazione.”

Senza voler apparire blasfemi, per chi crede nel tennis, è devoto al Dio della racchetta, e passa buona parte della propria esistenza a inseguire con lo sguardo delle palline gialle che escono dalle corde di uomini in calzoncini corti, l’esperienza di Wimbledon è un passaggio obbligato nella vita, una vera e propria esperienza religiosa da vivere assolutamente.
Chi scrive ha avuto la fortuna di operare questo pellegrinaggio. Quel che segue è un breve reportage di un “pellegrino” del tennis. Buona lettura.
Sbarcato a Londra nella mattina di domenica 27, dopo aver rischiato di vedere l’Arcangelo Gabriele come Filini data la canicola (a Londra non c’era un caldo del genere dai tempi dell’ammiraglio Nelson. A metà pomeriggio centinaia di hooligans festanti facevano il bagno nelle fontane di Trafalgar Square. L’Inghilterra aveva preso da poco 4 pere, il caldo aveva dato alla testa anche a loro), e dopo aver fatto due passi (boccheggiando) per il centro-città, ricevo verso sera il prezioso biglietto del Centre Court dalle mani di colui che era riuscito a procurarmelo: Gianluca Comuniello (sempre sia lodato). Un altro biglietto spetta a Luca Labadini (che non sarà mai lodato per il Frappuccino di Starbucks che mi ha fatto bere). Alla rimpatriata di Ubitennis è presente anche Enrico Riva, che da buon londinese ci porta in un posto carino a bere qualcosa (ma dopo fa il tremendo errore di farmi ingurgitare uno stoccafisso di 20 cm circondato da patatine spacciato per fish and chips). Tornato nel mio umile hotel in zona King’s Cross (e passata la notte in compagnia dello stoccafisso che si crogiolava nel Frappuccino), la mattina seguente, lunedì 28 giugno, il big Monday degli ottavi di finale, è finalmente il grande giorno: Wimbledon!
Presa la District Line della metro a Edgware Road, il clima comincia a farsi tennistico: i fans diretti alla Mecca sono riconoscibilissimi. Chi ha il cappellino dell’edizione passata, chi stringe in mano i biglietti, chi parla dei match del giorno. Insomma il sogno sta divenendo realtà. Sceso a Southfields ritrovo Luca e ci inseriamo nello sciame umano diretto verso Church Road, la sede dell’All England Lawn Tennis & Crocquet Club.
Arrivati all’ingresso e passati i controlli di routine sui nostri zainetti, sono colpito da un semi-mancamento. Sarà l’emozione? Sarà il caldo? Chissà, fatto sta che la conquista di Wimbledon è ormai cosa fatta. Verde dappertutto, siepi tagliate precisissime e un’aria diversa, un’aria nuova, mai annusata prima: aria di tennis, ovunque, in ogni angolo, anfratto o pertugio dell’impianto. Guadagnata un po’ di sicurezza (e di spavalderia) dopo lo smarrimento iniziale e visti un paio di scambi di junior su dei campi laterali, ci rechiamo in sala stampa a ricevere il braccialetto di ospiti da Gianluca, Enrico ed Alessandro, che ci consente di girovagare liberamente nello spazio dei giornalisti. Salutato Ubaldo (velocemente, non sia mai che ci consegni un compito a sorpresa!) può finalmente iniziare il nostro Wimbledon. Primo tappa: doveroso omaggio al campo 18, luogo che rimarrà nella storia grazie alle imprese eroiche di Isner e Mahut. Giocano la Radwanska e Li Na, partita senza storia, la cinese tira forte su tutto. Dopo un breve passaggio sulla Henman Hill (o Murray Mountain) è il momento del Centre Court. Settore 316, fila P, posto 333, poco sopra il box dei giocatori, quel tanto che basta per evitare di essere rosolati dal sole che picchia forte e che acceca chi siede tre file più sotto. Ci sediamo. Quanto avevo desiderato questo momento! Federer sta ultimando il suo riscaldamento (a dir la verità continuerà per tutto il match, vista l’assenza di un opponente) con Melzer. Mentre sotto di noi due ragazze stanno trangugiando degli inquietanti spaghetti con piselli (che saranno poi seguiti da altre amenità culinarie su cui non ho indagato oltre, lo stoccafisso della sera prima al cospetto era novelle cuisine), inizia l’incontro. Roger è sciolto, gioca libero, lascia che il ciuffo gli cada dolcemente sulla fronte mentre colpisce di dritto rovescio e voleè. Jurgen al contrario è un baccalà (tanto per rimanere nel settore ittico), non ne azzecca mezza. In 1h 23m il marito di Mirka alza già le braccia al cielo. Non sa ancora che questa sarà la sua ultima gioia nel 2010 su questo campo.
Il match successivo si rivelerà il più bello della giornata (tra quelli visti dal sottoscritto): Serena Williams vs Maria Sharapova. La sagra dell’urlo applicata al tennis. Ma c’è di cui divertirsi, specie nel primo set. La siberiana dal vivo fa un certo effetto, si muove con una certa eleganza. La figlia di Richard invece quando serve pare un uomo, e le velocità registrate stanno lì a confermarlo.
Registrata la vittoria di Serenona abbandono per un po’ il mitico Centre Court, lasciandomi alle spalle la sua solennità. Il mio “esilio” è però breve. Fatta una doverosa sosta fisiologica, mangiato un osceno tramezzino al tonno nei pressi del campo 12 (dove Tsonga sta regolando Benneteau) e seguiti un paio di games di un lituano junior abbastanza folle contro un peruviano impegnati sull’11 pari del terzo set, rieccomi al mio posto. Sono i primi games di Murray Querrey, sotto di noi posso scorgere la simpatica e gioviale mamma dello scozzese (……). Quel che mi colpisce di più del campo centrale è il silenzio tra un punto e l’altro. Pare di essere a teatro. Un silenzio pesante. Ma competente, un segno che chi è lì ama davvero il tennis, sa come comportarsi, sa quando bisogna applaudire e quando osservare. Una signora (inglese suppongo) mi chiede di farle una foto, mi confida che ha fatto una lunghissima coda per ottenere il biglietto, è quasi commossa quando gliela scatto!
Non appena capiamo che il morso del Vampiro ha ormai tolto la linfa alla Giraffa, ovvero dopo che Andy ha chiuso il secondo set con l’ennesimo c’mon, lasciamo definitivamente il Centre Court. See you soon (almeno spero). E’ il momento di fermarsi al banchetto che reca la scritta “strawberries”, il momento di assaggiare l’icona culinaria di Wimbledon: le fragole con la panna. Con 2.50£ acquisti una vaschetta con dentro 7-8 fragole e una sostanza semiliquida che ricorda vagamente (ma vagamente eh) la panna. Le fragole sono pure buone, la panna (o quel che è) non troppo. Ma tant’è. Di fronte c’è uno dei tanti Wimbledon Shop e da buoni pellegrini io e Luca ci infiliamo dentro. Acquistiamo entrambi l’asciugamano usato dagli uomini, davvero bello e molto soffice, più altri gadget destinati a parenti e fidanzate (che uomini). Su un tabellone vediamo che Ferrer e Soderling stanno andando al quinto. Di corsa sul 12! Entrare è impossibile, la gente si sta quasi arrampicando sui muretti in legno intorno al campo pur di vedere qualcosa. Io rischio di scartavetrarmi un avambraccio nel tentativo di allungarmi sopra altra gente, poi arriva l’illuminazione. Vedo un tendone mezzo scostato accanto alla tribuna. Mi avvicino, lo scosto ancora e posso vedere metà campo. Robin sta servendo per il match, ma nel bel mezzo del game decisivo un solerte poliziotto mi invita a richiudere il prezioso spiraglio (dove intanto un’altra decina di persone mi ha raggiunto). Tento di oppormi, lui ridacchia ma è impassibile. L’altoparlante annuncia il punteggio finale. Occhi di ghiaccio-gatto Soderling è nei quarti.
A questo punto, dopo un breve passaggio davanti al maxischermo di Henman Hill per vedere due scambi di un debordante Nadal, col sole che sta lentamente calando, torniamo in sala stampa. Vogliamo vedere il finale di Roddick. Mentre Tommasi è immerso nelle sue statistiche e chiede continuamente il punteggio, mentre Enrico Riva (ammiratore di Andy) sta collassando, mentre i giornalisti spagnoli accanto a noi se ne fregano di Roddick e guardano il Brasile che affonda il Cile, mentre accade tutto ciò, Yen-Hsun Lu compie l’impresa del torneo, tra lo stupore generale.
La giornata sta giungendo al termine, Gianluca, Ubaldo, Alessandro ed Enrico fanno su e giù dalla sala stampa per raccogliere le ultime interviste. L'area giornalisti si va man mano svuotando, la fame comincia a farsi sentire. Fuori non c’è più luce, vengono messi i teloni ai campi. Il tempo di un ultimo giro e di un’ultima foto. Il tempo di un’ultima istantanea da Wimbledon. La Mecca del Tennis.
 

Nicola Gennai

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Accadde oggi...

28 Giugno 1977

Il diciottenne John McEnroe diviene il primo giocatore a raggiungere le semifinali a Wimbledon partendo dalle qualificazioni, quando sconfigge l’australiano Phil Dent nei quarti di finale.

 

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker