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24/07/2010 01:43 CEST - La ricorrenza

Gianni Clerici, i suoi primi ottant'anni

In occasione del suo compleanno, il grande giornalista e scrittore si confessa in una lunga intervista a "La Repubblica". Alberto Giorni

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Impossibile elencare i suoi successi da tennista, giornalista e scrittore, ma gli rimangono due crucci: non aver vinto Wimbledon né il Premio Nobel per la letteratura: “Il primo sogno è naufragato e per il secondo non vedo francamente grandi possibilità”. Gianni Clerici compie ottant’anni e si confessa in una lunga intervista a “La Repubblica”, dove spazia fra i due grandi amori della sua vita, il tennis e la scrittura. Gli appassionati di tennis lo conoscono soprattutto per le telecronache con le quali ci delizia in coppia con Rino Tommasi, che ha dedicato all’inseparabile compagno di mille avventure una celebre frase: “Se leggete Clerici non saprete mai chi ha vinto, ma lui vi spiegherà il perché”. Ma l’opera omnia dello Scriba comprende una quindicina di libri e ottomila articoli (“Potrei considerarmi una pallida imitazione di Guerra e Pace”).

Fra i tanti meriti dello “scrittore prestato allo sport”, come lo definì Italo Calvino, c’è indubbiamente quello di aver conferito dignità al giornalismo sportivo, a lungo considerato di serie B. Il suo primo romanzo, “Fuori Rosa”, venne presentato da Giorgio Bassani e Mario Soldati al Premio Strega nel 1965: “Quando mi ritrovai nel salotto del Premio, la signora Bellonci, che lo aveva fondato, mi sogguardò con curiosità e mi disse: ‘Ma lei è quello del tennis? Lo sa che usa proprio bene i congiuntivi e i condizionali?’".

La carriera giornalistica era iniziata a vent’anni alla Gazzetta dello Sport diretta da Gianni Brera, per poi passare a Il Giorno e alla Repubblica, dove scrive tuttora. Senza dimenticare il Clerici tennista, che ha partecipato anche a Wimbledon: “Ma ho perso subito alla prima partita, fu un richiamo alla realtà”. Ha raccontato come nessun altro lo sport dei gesti bianchi, dedicandogli la monumentale opera “500 anni di tennis”, tradotta in sei lingue, (“il libro italiano più conosciuto al mondo dopo la Divina Commedia e Pinocchio”, amava dire Enzo Biagi), grazie anche alla quale ha avuto l’onore di essere accolto nella Hall of Fame di Newport, unico giornalista non anglofono. “Non sono un reporter, i setter riportano. Sono un giornalista che narra quello che altrimenti non avreste modo di sapere”.

E ora, tra una telecronaca e l’altra, continua instancabilmente a scrivere libri, anche se pretende molto da se stesso: “Quello che non merita di essere pubblicato, lo brucio: è anche un modo per non impegnare i lettori con cose inutili o mediocri”. Il prossimo lavoro riguarda l’Australia e il genocidio nei confronti degli aborigeni: “Ma non so ancora se lo finirò o se sarà uno di quelli destinati al caminetto…”. Tanti auguri, caro Scriba!

Leggi l'intervista integrale su "La Repubblica" del 23 luglio

Alberto Giorni

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker