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11/09/2010 11:42 CEST - Rassegna stampa del 11-9-2010

Clijsters show, stende Venus e va in finale (Martucci). Che forzatura il Super Sabato (Tommasi). Youzhny, il russo che saluta alla militare (Azzolini)

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Rubrica a cura di Alberto Giorni

Clijsters show, stende Venus e va in finale (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport del 11-9-2010)

Ancora Clijsters. Mamma-Kim la spunta ancora una volta nel derby fra wonder-women contro Venus Williams, sempre equilibrati, spesso con set a senso unico, ma con un verdetto di 5-0 nelle ultime 5 puntate a favore della belga con le gambe del papà ex calciatore, Leo. Come l’anno scorso, sempre agli Us Open, la storia potrebbe essere il grande ritorno di Venus, dopo la doppietta 2000-2001 - mai più ripetuta a New York -, che si sostituisce alla sorella Serena, quasi irriconoscibile, in tribuna, col nasino nuovo alla Michael Jackson, e che rinasce dopo lo stop per la bua al ginocchio, addirittura da Wimbledon a qui. Invece, dopo il 6-4, Venus rimonta da 2-5 a 5-5, ma poi sbaglia troppo. Così, abbandonata dal famoso servizio a 200 all’ora, e dalle gambe dopo una preparazione sicuramente approssimativa, regala il tie-break e, alla prima spallata, anche il terzo, dopo una nuova, disperata, rimonta da 2-4 a 4-4. Per il 4-6 7-6 6-4 finale. Riportando in finale la regina a sorpresa dell’anno scorso, strafelice, allora, nei festeggiamenti sul campo, con la piccolissima Jada Elly, per la quale aveva lasciato il tennis. Per vincere - 4 anni dopo - i secondi Us Open, diede una lezione alla baby Wozniacki, che però non versò una lacrima. Stasera, rischia di inondare l’Arthur Ashe Stadium con le lacrime della piagnona doc - ve la ricordate l’anno scorso quando mancò 6match point contro Flavia Pennetta? -, Vera Zvonareva. Sempre che la russa di talento, alla seconda finale consecutiva Slam, dopo Wimbledon, non faccia un mezzo-miracolo. Pazienza Kim, da mamma, ha imparato la pazienza. Così, nei quarti, ha trovato il modo per scavalcare il vento (e Sam Stosur), giocando senza il servizio. E in semifinale, riesce a trovare l’uscita dal bombardamento di Venus: dopo averla stancata nei lunghi palleggi da fondo, alla fine va all’incasso degli errori dell’avversaria sul pallottoliere, addirittura 50, e troppi errori-chiave nei momenti importanti. La pazienza sembra essere anche la nuova arma della prossima avversaria, Vera Zvonareva, con cui Kim ha vinto 5 volte su 5 nella sua prima carriera, fino al 2006, ma ha perso 2 volte su 2 quest’anno. Sgambetto La sorpresa vera è il modo— 6-4 6-3 —, non la sconfitta di Caroline Wozniacki, numero 1 del torneo, e 2 del mondo, finalista 12 mesi fa, a New York. Perché la 20enne danese di genitori polacchi, che finora aveva ceduto appena 17 games, non aveva fatto test importanti, a parte il vento, contro Cibulkova. E, malgrado il fresco precedente favorevole, in finale a Montreal, Vera Zvonareva (anche lei con genitori campioni) era avversaria tecnicamente accreditata, temibile per la velocità con cui trasforma la difesa in attacco. Rinfrancata dalla prima finale Slam, a Wimbledon, e fortemente motivata dal dramma di un anno fa, su questo stesso cemento, quando, negli ottavi, mancò 6 match point, lasciando via libera a Flavia Pennetta verso le prime 10 del mondo (…)


Che forzatura il Super Sabato (Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport del 11-9-2010)

Tra le molte incongruenze che il mondo del tennis non è ancora riuscito a risolvere c'è quella di non essere riuscito ad unificare alcune regole e situazioni che impediscono di eliminare le differenze di uno sport che si propone in forme troppo legate alla tradizione per poter essere modificate e migliorate. In realtà il tennis è una disciplina che ne comprende almeno tre, una per ciascuna delle superfici (terra, cemento, erba) sulle quali si gioca. Nato sui prati inglesi ha avuto fortuna in Europa dove si è sviluppato sulla terra battuta, superficie più facile da mantenere e da accudire prima che in California si sviluppasse l'abitudine a giocare sul cemento, che richiedeva minore manutenzione. Tra i tornei più importanti solo Wimbledon ed il Roland Garros non hanno mai cambiato la superficie. I Campionati degli Stati Uniti hanno abbandonato l’erba nel 1975, quelli d’Australia nel 1987. Purtroppo la Federazione Internazionale, alla quale è affidato il compito di gestire il calendario non è riuscita ad imporsi e ad unificare l’organizzazione dei tornei, soprattutto nella fase finale. Più rispettosi delle regole del tennis, gli inglesi hanno trovato la formula migliore per distribuire gli impegni dei giocatori nella seconda delle due settimane in cui si svolgono i tornei del cosiddetto Grande Slam. Gli americani hanno venduto il loro torneo alla televisione e si sono inventati quel SuperSaturday che non ha alcuna giustificazione sportiva od economica. Purtroppo sono anni che sono obbligato a scrivere lo stesso articolo, ma senza alcun risultato. Se i dirigenti della BBC, la televisione inglese che trasmette Wimbledon, avessero proposto un calendario del loro torneo simile a quello dell’Open degli Stati Uniti non sarebbero stati nemmeno ricevuti. Succede quindi che in questo torneo le giocatrici che si qualificano per la finale del singolare femminile non abbiano un giorno di intervallo tra semifinale e finale e lo stesso accade per i giocatori che si qualificano per la finale del singolare maschile.


Youzhny, il russo che saluta alla militare (Daniele Azzolini, Tuttosport del 11-9-2010)

Mikhail Youzhny è un russo bizzarro, e non è il primo che conosciamo nel tennis. La regola sembra questa: talento medio, mezza stravaganza, talento eccelso, cento per cento carattere balzano. Safin era eccellenza, Davydenko è invece sotto la media, ma non del tutto privo dei sacri estri: ha talento da pongista, espressione da travet, ma se non vi sembra abbastanza folle sposare una safinette , dunque una delle ragazze che Safin amava mostrare in pubblico nei tornei e alla Davis, beh, non sappiamo che farci. Il nostro Mikhail interpreta invece il giusto mezzo. Lo potete già vedere dal saluto che rivolge al pubblico: si pone la racchetta in testa, con il manico in avanti, dritto sopra il naso, e porta l’altra ben tesa alla fronte. Prende in giro? Macché. E’ un saluto militare, ha spiegato, e la racchetta fa le veci di un cappello, «perché ogni buon saluto militare si fa con il cappello in testa». E vabbè. Ora, Mikhail è in semifinale in uno Slam. Non è la prima volta. Vi riuscì anche nel 2006 e sempre su questi campi. Allora superò Rafa Nadal nei quarti (in quattro set, strappando il terzo in un tortuoso tie break e dominando l'ultimo), ora dovrà affrontarlo in semifinale. Logico pensare che le cose siano cambiate da allora, dato che Rafa ha fatto pace con il cemento vincendo nel 2009 gli Australian Open; ma anche che Youzhny possa ancora rivelarsi un serio rompiscatole per lo spagnolo, dal momento che è in chiara ripresa e che ha ritrovato i supporti essenziali al suo gioco: buona tenuta fisica e rovescio incantevole, portato inizialmente a due mani per lasciare la presa bimane al momento dell'impatto. C'è poi il carattere. «Non mi dispiace essere un cattivo ragazzo, di quelli che si imbucano alle feste e fanno un po' di casino. Le favole a lieto fine non sono la mia passione». Il riferimento alla festa e alle fiabe è ovviamente voluto. Sta a indicare la finale fra Federer e Nadal, che qui sognano e forse danno un po' troppo per scontata. Bad Boy è pronto a scommettere su se stesso. Ancora una volta. E’ fra i pochi che possa vantare quattro vittorie su Nadal (a fronte, comunque, di sette sconfitte), una addirittura per sei zero sei uno nella finale di Chennai, due anni fa. Inoltre, c'è l'effetto sorpresa. Nel torneo di Nadal, finora più simile a un allenamento (non ha incontrato nessuno dei più forti, a parte Verdasco, ecco spuntare dal nulla uno che promette di creargli dei grattacapi, con un gioco tutt'altro che banale. E magari anche con un pizzico di disciplina militare, visto che Youzhny ci tiene. Socio della Stella Rossa, il circolo dell'esercito, Mikhail si sottopone a dure punizioni, quando non si piace. A Miami, nel 2007, disgustato dal suo gioco, si pigliò a racchettate e usci dal campo con la testa sanguinante. Ora si ripresenta come sorpresa del torneo, in un Open che le sorprese sembra averle riservate per il gran finale (…)

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker