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24/11/2010 20:23 CEST - ATP WORLD TOUR FINALS

Nole Djokovic buona la prima

TENNIS - Nel primo incontro del gruppo A, Djokovic batte facilmente un Berdych troppo lento ed abulico alla risposta. Finisce 6-3 6-3 in circa un'ora e mezza di tennis senza suspence: neppure una palla break concessa da Nole! Per il serbo, da tutti indicato a mezzo servizio in ottica Davis, il miglior inizio possibile. Il ceko invece rafforza la sua candidatura a... ultima ruota del raggruppamento. Vaso di coccio tra vasi di ferro? Samuele Delpozzi

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Dopo la ben poco esaltante giornata inaugurale, le Atp World Tour Finals – pomposa dicitura ufficiale del caro vecchio "Masters" – proseguono lungo la linea della scontatezza.
Sulla carta, il match d'esordio del gruppo A non prometteva neppure male: Djokovic e Berdych, due giocatori versatili ed aggressivi, tradizionalmente a loro agio sui campi veloci al coperto. Cos'è mancato dunque per confezionare un match da ricordare?

Prima obiezione: i campi, come si è già detto a più riprese, sono tutto fuorché rapidi. Seconda obiezione: l'unico elemento più lento del terreno è... Berdych, perennemente in affanno al minimo cenno di allungo e costantemente in debito di quell'O2 che "sponsorizza" l'arena.
Dati gli ingredienti di partenza, inforniamo il tutto ed otteniamo subito un break d'abbrivio per Nole, con la gentile collaborazione del ceko che sciorina un bel paio di doppi falli, pronti via.
Mentre i due si scambiano le metà campo, irrompe sugli spalti Maradona – con barba grigia ed orecchino d'ordinanza – che va a sistemarsi nell'angolo Djokovic. Probabilmente l'amicizia con Emir Kusturica, grande regista bosniaco ora fresco di passaporto serbo, avrà facilitato l'intesa con il clan di Novak.
Tornando alla cronaca spicciola, Berdych rischia ben presto il tracollo: già sotto 0-2, salva un paio di palle break con altrettante grandi invenzioni (un ace ed un vittorioso, bellissimo scambio), mentre sulla terza viene graziato da Nole che spedisce malamente in rete un diritto. Lo scampato pericolo sembra infondere un po' di fiducia a Tomas – unico esordiente nella manifestazione, ricordiamolo – che riesce ora ad ancorarsi al servizio per rimanere in scia all'avversario. Sul 4-2 un episodio degno di nota, ma non per ragioni prettamente tecniche: Djokovic convalida un ace a Berdych, cui era stata chiamata fuori la prima palla... dopodiché l'elaborazione dell'occhio di falco, non richiesto da Nole, conferma che il servizio era effettivamente out! Un bel gesto di sportività da parte di un giocatore non nuovo a simili slanci.
Arrivati ormai sul 5-3, il numero 3 del mondo archivia la pratica primo set con un ulteriore break, facilitato da un paio di brutti rovesci affossati dal nemico.

Il secondo parziale si apre nel segno della continuità... ovvero un Berdych costantemente incerto e falloso sul lato sinistro, debolezze che gli costano la resa di un altro turno di servizio d'apertura. Il gigante moravo avrebbe l'unica chance di rientrare sul 2-4, ma sul 15-15 spara clamorosamente in corridoio un diritto a porta vuota: il game gli viene poi scippato ai vantaggi da un nastro beffardo a favore del serbo, inevitabile contrappasso per l'opportunità dilapidata.
Due games più tardi, Djokovic chiude con un servizio vincente al secondo match point, dopo aver subito un bel lob di rovescio di Tomas sul 40-15.

Il punteggio finale, 6-3 6-3, lascia dunque ben poco spazio a dubbi di sorta: Nole ha dominato dal primo all'ultimo quindici, come testimonia anche la statistica delle palle break concesse: zero. Una buona prova da parte di un tennista che, secondo i più, avrebbe già la testa alla finale casalinga di Davis, e per il quale questo Masters sarebbe poco più di un allenamento agonistico. Particolarmente positiva la reattività a livello fisico – rapido ed elastico come nei giorni migliori – condizione indispensabile per interpretare al meglio il suo difficile gioco di geometrie ed anticipi.
Come contraltare, a frenare l'eccesso di entusiasmi, la prestazione a dir poco scialba di Berdych. Il ceko è apparso il medesimo ectoplasma "ammirato" negli ultimi mesi, impacciato al limite del pachidermico negli spostamenti, incapace di spingere col rovescio bimane e pressoché nullo nei games di ribattuta: neppure la lentezza del manto londinese lo ha aiutato a migliorare la propria incisività in risposta, quest'oggi ai livelli di un Karlovic d'annata. Insomma, a meno di improbabili miracoli dell'ultima ora, è proprio lui il candidato più autorevole a chiudere in fondo al raggruppamento... un vaso di coccio tra vasi di ferro, per rispolverare un antico detto popolare.

Samuele Delpozzi

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker