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01/12/2010 14:40 CEST - Atp World Tour Finals

Masters 2010:
pagellone finale

TENNIS - Con il quinto trionfo di Roger Federer, si sono concluse le ATP World Tour Finals di Londra. Abbiamo analizzato il torneo per voi, dando il voto agli otto protagonisti. Federer: il ritorno del Re. Nadal, finalista con onore. Murray e Djokovic come George Harrison & Ringo Starr, i Fab Four meno scintillanti. Soderling e Berdych deludenti. Roddick e Ferrer: chi li ha visti? Enzo Cherici

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Federer: 10 e lode
Ferrer (7), Murray (5), Soderling (4), Djokovic (3), Nadal (1): botto, champagne per tutti. Alla fine è arrivato, inesorabile, il conto alla rovescia regale che ha spazzato via, con gli avversari, tante inutili, e a volte un po' sciocche, chiacchiere. “Il numero uno più fortunato di tutti i tempi”. “Fossero arrivati prima i Djokovic e i Murray avrebbe la metà dei titoli”. “Se avesse avuto gli avversari di Sampras...”. E via delirando. Gli è bastata una settimana delle sue per spazzare via uno dopo l'altro i più forti giocatori del mondo, tanto per ricordare a qualche frettoloso becchino d'aver suonato un po' troppo in fretta le campane a morto. Perché non c'è niente da fare, le ahinoi sempre più rare volte in cui gioca al suo massimo, non ce n'è per nessuno. Per far fuori i malcapitati avversari (tutti più giovani di lui), ha impiegato una media di 86,2 minuti: meno di un'oretta e mezza a match, con il solo Nadal capace di resistergli per 97 minuti (Ferrer 88, Murray 77, Soderling 88 e Djokovic 81). La sua arma vincente – chi l'avrebbe mai detto? – è stata l'umiltà. Non era facile per uno come lui, un'autentica leggenda vivente, rimettersi in discussione. Capire di avere bisogno d'un aiuto. Ingaggiare a 29 anni un nuovo coach e saperne ascoltare i consigli. Ed essere poi in grado di metterli in pratica. Le nuove parole d'ordine sono state aggressività, aggressività e ancora aggressività. Mai più accettare scambi lunghi, ma spingere alla prima occasione utile, a partire dalla risposta sulla seconda palla. Anche il movimento del servizio è leggermente cambiato, più breve e meno leggibile da parte degli avversari. Letteralmente letale in questi ultime apparizioni lo slice esterno da destra, che ha mandato ai matti tutti i migliori risponditori del circuito. Per non parlare dell'anticipo di rovescio che è stata la vera rivoluzione copernicana nel suo gioco in questi mesi. Contro Nadal in finale non solo non ha accettato di farsi incastrare sulla solita diagonale sinistra, ma, insieme al solito inesauribile campionario, ha messo in mostra alcune soluzioni che mai o quasi gli avevamo visto esibire contro Rafa. In tutto questo, lo avrete capito, è stata di primaria importanza la figura di Paul Annacone. Un Federer così, con questa continuità, non si vedeva dall'Australian Open 2007. Poi, nel suo gioco, s'era manifestata quella sorta di appiattimento che l'aveva portato ad essere – come lui stesso ha ricordato nella conferenza stampa post-macth – troppo spesso passivo in campo. Certo, non erano mancate neanche negli ultimi anni delle prestazioni eccezionali da parte dello svizzero (vedi Melbourne quest'anno). Ma quello che a Londra ha stupito più d'ogni altra cosa è stata la volontà di creare a tavolino un piano di gioco e la capacità e determinazione nel metterlo in pratica. In particolare, impressionanti le dimostrazioni di superiorità esibite contro George Harrison e Ringo Starr (a dopo le spiegazioni), che al suo cospetto hanno fatto la figura di due scolaretti dell'asilo. In finale con Nadal, poi, ha superato la fatidica prova del nove. Quante volte in passato contro il maiorchino aveva anche dominato per larghi tratti di match? Solo che alla prima avversità si ritraeva. Diventava timido, dubbioso, rifugiandosi in un (non) gioco che non gli appartiene e non gli apparteneva. Stavolta no. Ha iniziato alla grande (uno dei più grandi set giocati contro Nadal), dopodiché è stato vittima della sua solita pennichella e del grande ritorno di Rafa. Solo che stavolta non è arretrato d'un centimetro. Al contrario, s'è fatto sempre più aggressivo, propositivo col passare dei giochi. Fino a riprendersi un match che in altri tempi avrebbe perso. Stanchezza o non stanchezza di Rafa. Problemi definitivamente risolti allora? Calma. Lo svizzero è sicuramente sulla retta via e a Londra ha trovato la classica settimana perfetta. Meglio di così si gioca (forse) solo in paradiso. Ora però viene il difficile. Pare quasi blasfemo dirlo per uno come lui, ma sì!, dovrà confermarsi. Dovrà insomma dimostrare a sé stesso e al mondo del tennis che la vittoria al Masters non è stata casuale, né tanto meno il suo canto del cigno. Qualche settimana fa, tra le risatine ironiche dei più, aveva sussurrato che a lui interessava solo la prima piazza del ranking. Dall'11 ottobre ha rosicchiato 2350 punti a Nadal e fino al prossimo Wimbledon – Australia a parte – avrà ben pochi punti da difendere. Forse è il caso di cominciare a prenderlo sul serio...

Nadal: 8
Che campione straordinario! Reduce da un'annata sensazionale, aveva avuto contro Roddick un esordio che definirlo stentato potrebbe apparire un eufemismo (e in effetti lo è). Salvata la pellaccia, è cresciuto come spesso gli accade nel corso del torneo, superando prima un accecato Ringo Starr (calma, ci arriviamo...) e poi Berdych. La semifinale che l'ha visto opposto a George Harrison (ancora un po' di pazienza) è stata la partita più bella e drammaticamente intensa del torneo. Prima vinta, poi quasi persa, infine di nuovo vinta. Grazie al solito cuore certo, quello che l'allenatore del Wigam Atheltic vorrebbe vedere ogni domenica essere messo in campo dalla propria squadra. Ma non solo. Dopo l'erba e il cemento outdoor, Rafa è definitivamente cresciuto anche indoor. La dimostrazione, pur nella sconfitta, la si è avuta nella finale contro Roger. Dove per tutto il primo set è stato letteralmente investito dall'uragano-Federer, ma poi, sebbene probabilmente provato dalle fatiche del giorno prima, è stato capace di reagire cambiando tattica in corsa. Capito che il solito tran tran sulla diagonale mancina stavolta non funzionava, anche approfittando d'un lieve calo dello svizzero, s'è fatto più aggressivo. È entrato sempre più nel campo e alla fine è sembrato poter nancora una volta raddrizzare una partita che per chiunque altro era chiusa. Non per lui. E Non inganni il 6-1 finale. Il set poteva girare su pochi punti nei giochi iniziali. In particolare, Rafa ha messo fuori d'un niente un comodo (per lui) rovescio lungolinea che lo avrebbe portato sullo 0-30 nel primo game del set finale. Ancora, ha subito il primo break, quello decisivo, facendosi rimontare da 40-15, cosa per lui mooooolto inusuale. Insomma, è uscito sconfitto, ma a testa altissima e con la solita signorilità (che sembra tra l'altro appartenere a tutta la famiglia).
La sconfitta di Londra non ridimensiona di un'unghia la sua strepitosa stagione, anzi. Se possibile, la valorizza ancor più. Federer ha aperto e chiuso questo 2010, ma la polpa in mezzo ce l'ha messa lui. Ha detto che si sarebbe preso cinque giorni di vacanza e poi avrebbe iniziato gli allenamenti per il 2011: Roger è avvertito!

Murray: 7 – Djokovic: 6
Avete presente i Beatles? John Lennon, Paul McCartney, George Harrison e Ringo Starr. Insomma, i quattro ragazzzi di Liverpool. Ecco i soli e unici Fab Four sono stati e resteranno loro. Per sempre. Se proprio vogliamo fare una forzatura, Murray e Djokovic possono giocare il ruolo di George & Ringo, ben sapendo che il 90% delle canzoni che hanno fatto la storia della musica sono state scritte dal duo Lennon/McCartney. E non credo ci sia bisogno di sottolineare chi siano, attualmente, i Lennon/McCartney del tennis...Allora bisogna che ci si metta d'accordo. Vogliamo continuare a chiamarli Fab Four? Va bene che i Beatles hanno suonato a Forest Hills, ma per favore da oggi in poi i nostri due eroi chiamiamoli “George” Murray e “Ringo” Djokovic. Vietato metterli sullo stesso piano di Nadal/Federer. Al massimo potremmo chiamarli Fab 2+2, tipo il 4-4 di Nora Orlandi.
Il bello è che continuano a procedere (piano) perfettamente appaiati. Ogni anno dev'essere quello dell'esplosione definitiva, quello del sorpasso sul duo di testa: ogni anno finiscono ammaccati e con trofei minori in bacheca. Stefano Semeraro li ha perfidamente definiti su la Stampa “lenti a contatto”, che nel caso di Djokovic potrebbe poi essere proprio una definizione calzante a pennello.
Avevamo bisogno di un'ulteriore conferma di tutto questo? Londra ce l'ha data. Djokovic ha fatto la voce grossa con i piccoli, per liquefarsi non appena il gioco s'è fatto duro. Con Nadal s'è messo una dozzina di lenti a contatto (vedi sopra) e dall'altra parte della rete intravedeva soltanto una sagoma confusa. Figurarsi i missili scagliati dal satanasso spagnolo. In semifinale poi, con Federer, è stata mattanza allo stato puro. Una lezione tale non la prendeva dallo svizzero dai tempi dell'esordio nel circuito. La sufficienza è per la semifinale e per aver, comunque, vinto due partite. Possibile scusante: l'imminente finale di Davis. Importante per il suo paese, ma anche per lui. È un appuntamento che può valere una carriera, ma che, allo stesso tempo, può salvare una stagione.
Decisamente meglio, in questo Masters, Murray. Lo scozzese è partito alla grande facendo impazzire Soderling nel match d'esordio. Ma la felicità è stata di breve durata, dal momento che subito nel secondo match si è preso una stesa memorabile (e poteva essere ancora peggiore) da quel Federer che sembra avere il dente avvelenato con lui a Londra. Dopo la scontata vittoria contro Ferrer, IL MATCH del torneo, la semifinale con Nadal. Dove in tre ore e passa ha fatto di tutto, cambiando aspetto nel corso del match più volte di Fregoli. È stato bravo e pollo. Umile e presuntuoso. Coraggioso e fifone. Ha alternato colpi sensazionali a boiate iper-galattiche. Alla fine, però, ha smesso gli abiti fregoliani e indossato i suoi. Quelli, spiace dirlo, del perdente cronico. Di colui che vincerà anche i Masters 1000, ma quando arriva l'appuntamento che conta per davvero, al momento decisivo sparisce. Nel tie-break decisivo contro Nadal era andato avanti prima 3-0 e poi 4-1, sempre con doppio mini-break. Non è bastato. Riuscirà mai a sbloccarsi? Nadal e Federer dopo ogni spazzolata non mancano di ricordare che comuqnue vincerà tanti Slam. Che lo stiano prendendo in giro?!?

Soderling & Berdych: 5 ½
Lo svedese doveva confermare la recente vittoria di Parigi Bercy ed onorare la fresca ascesa a numero quattro del ranking. Il destino gli ha messo di fronte, proprio al primo incontro, lo spodestato Murray: flop totale, per non dire mattanza. Di facciata l'inutile vittoria con Ferrer, prima dell'inevitabile sconfitta contro Federer. Forse il 5 ½ è anche largo...
Percorso pressoché identico per Berdych, nell'altro girone. Legnato all'esordio da “Ringo” Djokovic, ha avuto la sua vittoria di Pirro contro Roddick, prima di subire l'ottava sconfitta consecutiva (e senza vincere mezzo set) da Nadal. Va a finire che sono stato largo di manica anche con lui. Troppo buono quest'oggi!

Roddick: 4 ½ – Ferrer: 4
Il mezzo punto in più si giustifica unicamente con il set vinto dall'americano contro il poster di Nadal. Nel complesso, fra tutti e due, hanno fatto in questo Masters la figura d'un foratino esposto in una mostra di diamanti. Bocciatissimi!

Enzo Cherici

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    2 Dicembre 2006

Battendo Nalbandian-Calleri in tre facili set (6-2 6-3 6-4 lo score), la coppia Safin-Tursunov regala alla Russia il fondamentale punto del 2-1 nella finale di Coppa Davis l'Argentina. Un punto che poi risulterà decisivo perchè lo stesso Safin, dopo il 2-2 firmato da Nalbandian, siglerà il punto decisivo contro Josè Acasuso.

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker