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08/12/2010 17:34 CEST - Match da ricordare

Le dieci più belle... secondo noi

TENNIS - Come l'anno scorso, abbiamo selezionato le dieci partite a nostro avviso migliori nell'anno sul circuito maschile. Nel 2010 siamo stati un po' sfortunati con le finali (non ce n'è neanche una), ma abbiamo ugualmente visto grande tennis. Menzione speciale, ovviamente, per Isner-Mahut a Wimbledon. Proponeteci le vostre dieci "bellissime" Gianluca Comuniello e Nicola Gennai

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Nadal - Murray, semifinale Master Londra 7-6 3-6 7-6
Match che fuga gli ultimi dubbi sul fatto che Nadal non sia competitivo anche indoor. Certo, di tennis indoor questo match ha poco, fatto com’è di scambi estenuanti, recuperi clamorosi, passanti, difese estreme, e chi più ne ha più ne metta. Alcuni puristi hanno storto il naso, ma le emozioni e l’intensità che lo scozzese e lo spagnolo sono stati in grado di regalare non si scorderanno tanto facilmente.

Murray quest'anno ha perso due volte su due a Londra contro Nadal, entrambe in semifinale. Ma la differenza è enorme: nella prima occasione era stato irritante, nella semifinale di Wimbledon, nel suo NON fare scientificamente niente che potesse dar fastidio a Rafa. Nella semifinale del Masters le ha invece provate (quasi) tutte, per la gioia del pubblico. Il fatto che abbia perso comunque non depone a favore del suo futuro.

Isner - Mahut, primo turno Wimbledon 6-4 3-6 6-7(7) 7-6(3) 70-68
Qua Gianluca potrà certo saperne più del sottoscritto, visto che si trovava in loco. In ogni caso, questo è IL MATCH dell’anno. Le altre partite selezionate possono solo fare da contorno di fronte a tutto ciò. Tre giorni di gioco, 11 ore e 5 minuti di durata totale, un quinto set di 8 ore, 183 games complessivi, 215 aces, 490 colpi vincenti, il campo 11 divenuto un santuario. E due set sono finiti al tie break. Cosa sarebbe successo senza il jeu decisif? Forse starebbero giocando ancora. Nicolas, John, grazie a entrambi.

“Sono andato al lavoro e loro giocavano. Sono tornato dal lavoro e loro giocavano. Sono andato a bere una cosa con un amico e loro stavano sempre lì. A giocare” La partita su cui tutti hannno fatto dell'ironia. La partita su cui tutti hanno avuto qualcosa da dire. La partita che come ogni buon romanzo crea una serie infinite di storie parallele che forse nessuna scriverà mai. Undici ore e cinque minuti di gioco spalmate su tre giorni non posso lasciare indifferenti. Ho avuto modo di scrivere qui e altrove come quella partita è stata vissuta da chi era sul luogo. Voglio ricordare due immagini. La collina sopra il campo 18, nonché la terrazza della tv, piena di gente che se ne fregava di quello che stava succedendo sui campi principali. E Isner e Mahut portati quasi a braccia dalla folla verso lo spogliatoio, dopo la seconda interruzione per oscurità. Si può essere snob e dire che è stato brutto tennis. Forse lo è stato, brutto tennis. Anzi, più che brutto direi che è stato tennis ridotto all'osso. Ma è stato l'Evento di un'edizione fiacca. Quindi mi unisco a Nicola: grazie a Nausea Isner e Teschio Mahut.

Nadal - Petschzner, terzo turno Wimbledon 6-4, 4-6, 6-7(5), 6-2, 6-3
Molti lo interpretarono come un segnale negativo per Rafa. “Ma come, si fa portare al quinto da quel crucco con la barbetta e il fare scanzonato? Quest’anno non lo vince Wimbledon”. Niente di più sbagliato. Di fronte ad un Picasso del genere, anche un ottimo trattore di Maiorca può faticare. Specie se si gioca sull’erba (di lì a pochi giorni Petschzner, non a caso, vincerà il trofeo di doppio con Melzer). Specie se Philipp è ispirato e con servizio e dritto alza le zolle d’erba. Ma Nadal non è Nadal per caso. E nonostante vada sotto due set a uno, non molla. Resta lì, sapendo che l’altro, da buon mister genio e sregolatezza qualcosa regalerà. E difatti…

Di questa partita mi ricordo bene alcuni punti spettacolari di Petzschner e il suo dopo partita con narici che fumavano. La televisione tedesca gli aveva richiesto un'intervista esclusiva e lui era lì, nella saletta media numero 2 di Wimbledon, a sputar fuori dal naso la rabbia per una partita che doveva andare in un altro modo. Nadal sull'orlo di una crisi di nervi come solo contro Berdych a Londra a fine anno: prima l'arbitro gli dà il warning per coaching poi comincia il balletto dei medical time out. Il giorno in cui Nadal ha vinto il torneo. Il giorno in cui il tedesco si è sentito scippato della possibilità di fare la storia. Comunque, anche qui, grazie ad entrambi: ci siamo divertiti.

Djokovic - Federer, semifinali Us Open 5-7, 6-1, 5-7, 6-2, 7-5
E’ il quarto match dell’anno che Federer perde dopo avere avuto match point. Ma qui non siamo a Miami o Indian Wells. Siamo in una semifinale Slam, per cui il peccato è doppio. Partita strana, questa tra Nole e Roger. I primi quattro set sono di qualità discreta, non eccelsa, è bene essere sinceri. Due di questi poi, (secondo e quarto), vengono deliberatamente mollati dallo svizzero, timoroso di sprecare troppe energie nell’eventuale finale. Il punto, caro Rogi, è che in finale tu non c’eri ancora (forse eri troppo sicuro di arrivarci), e se arrivi al quinto poi puoi anche perdere. Ecco, il quinto set. Quello che riabilita la contesa. Di qualità STELLARE. Scambi a velocità folle, a tutto braccio, vincenti a grappoli, roba da stropicciarsi gli occhi. Poi, come un fulmine a ciel sereno, i due match point. Giocati con un po’ di pavidità. Pagata a caro prezzo.

Se vinco devo giocare domani contro quello lì bello riposato. Se vinco devo giocare domani contro quello lì bello riposato. Se vinco... mentre si diceva questo, Federer ha perso il match. Un incontro interessante per capire come il tennis sia influenzato dal subconscio. Federer non ha perso apposta. Ci mancherebbe. Troppa classe per abbandonarsi a questi bassi pensieri. Ma la situazione sfavorevole della programmazione ha sicuramente influenzato i colpi in cui psiche e subconscio giocano un ruolo fondamentale. Tipo il servizio, che per lunghi tratti della partita lo ha abbandonato.

Federer - Berdych, quarti Master 1000 Toronto 6-3, 5-7, 7-6(5)
“E la mia giustizia cadrà sopra di loro con grandissima vendetta e furiosissimo sdegno su coloro che si proveranno ad ammorbare ed infine distruggere i miei fratelli. E tu saprai che il mio nome è quello del signore quando farò calare la mia vendetta sopra di te.” Ezechiele 25:17
Federer deve avere visto e rivisto centinaia, che dico, migliaia di volte la famosa scena di Pulp Fiction, quando ad enunciare queste parole bibliche è Samuel L. Jackson. Quando scende in campo la prima parola che viene in mente è infatti una: VENDETTA. Vendetta per l’affronto subito a Wimbledon. Tremenda vendetta. Gli occhi di Roger sono concentrati come non mai. Ci tiene a vincere. Vuole vincere. Ne esce fuori un match tiratissimo, dove Berdych viene suonato per circa un set e mezzo, ma che in un modo o nell’altro riesce addirittura a rimettere in sesto, arrivando a servire per il match. La vendetta pare sfumare. E invece no. Break e tie break. Dove Federer compie finalmente l’atto vendicativo.

Secondo me non è proprio totalmente soddisfatto della vendetta consumata. Ci saranno ulteriori puntate. Ricordo di aver visto quella partita in diretta e ricordo che Federer era soddisfatto solo fino ad un certo punto, a fine match. Vuole dare altra bastonate al ceko. Come ha fatto con Soderling dopo Parigi (sette set a zero in tre partite).


Murray - Gasquet, primo turno Roland Garros 4-6, 6-7(5), 6-4, 6-2, 6-1
Due anni dopo, Richard è costretto a rivivere le stesse tremende sensazioni che aveva già vissuto qualche centinaio di chilometri più a nord. Dall’altro lato della rete c’è ancora lui. Andy Murray. Sotto i piedi però, stavolta non c’è l’erbetta spelacchiata di Wimbledon. C’è la terra rossa di Parigi, che ha sempre riservato tanti dispiaceri all’ex enfant du pays. E anche stavolta il francesino non sfugge al suo destino da grande incompiuto. Due set da favola. Murray è irriso, devastato, sballottato, umiliato. “Ma chi ci crede che Richard almeno stavolta vincerà? Ma no dai, è la volta buona”. (ipotetico dialogo tra un inguaribile ottimista e un realista). E il realista, manco a dirlo, ha la meglio. Avanti di un break anche nel terzo, ecco che “puff”, Gasquet non c’è più. Finito, scomparso, vaporizzato, in preda ai crampi. Se Dio vuole, almeno stavolta, Murray evita di mostrare ai quattro venti il suo possente (?) e pallido bicipite.

“Quando ho capito che avrei perso la partita? Quando sono andato avanti di un break anche nel terzo set.” Non si sa se volontaria o meno, ma la feroce autoironia di Gasquet apre un nuovo fronte nel viaggio psicologico all'interno del più talentuoso giocatore francese degli ultimi venti anni. La totale coscienza con cui sembra accettare le debolezze del suo personaggio sembra infatti un terreno degno di indagine. Per il tennis, il tennis che solo lui sa darci, mi sa che dobbiamo abituarci a vederne poco. In questo caso due set soli, ma sono due set di poesia.

Fognini - Monfils, secondo turno Roland Garros 2-6, 4-6, 7-5, 6-4, 9-7
Se c’è qualcuno che crede che giocare al buio sia impossibile, beh, sarà rimasto deluso nel vedere Fognini e Monfils simulare una mosca cieca sul Philippe Chatrier di Parigi. Fossero stati bendati, infatti, l’effetto sarebbe stato simile. Quello tra Gael e Fabio è un match folle in tutto, e l’epilogo non poteva che essere quello. Sotto di due set e col francese carico a mille, il ligure tira fuori tutto ciò che ha dentro e comincia pian piano a lavorare ai fianchi il suo opponente. Si va al quinto. Qui Fabio pare avere ormai il match in mano. Toglie il servizio al beniamino di casa, sfiora il doppio break. Intanto la luce comincia a calare. Dai Fabio chiudi! E invece no. Si fa rimontare. E l’incontro diventa un ibrido tra la farsa del giocare al buio e l’epicità di una situazione del genere. Mettici pure il padre Fulvio che sbraita in tribuna. Mettici Monfils che serve a 120 all’ora ma salva un paio di match-ball per braccino dell’italiano. Mettici tutto ciò e ne tiri fuori un incontro fantastico. Alle 22 la partita è sospesa. Il giorno dopo Fognini completa la sua piccola impresa. Al sole.

Non facile, battere Monfils in Francia (chiedere a Federer). Per un giorno (una notte?), Fabio ci fa sognare. Ma come spesso accade i tenui sogni del tennis azzurro si svegliano con il piede storto. Ma forse a Parigi quet'anno c'era nell'aria qualcosa di benevolo per il tennis azzurro e dieci giorni dopo questo incontro al buio sarà il sole di giugno a baciare un miracolo, quello di Francesca Schiavone.

Nalbandian -Youznhy, secondo turno Master 1000 Montecarlo 4-6, 6-3, 7-6(5)
Metti un pomeriggio a Montecarlo. Sole, mare, leggera brezza. Metti che sul campo dei Principi giocano Youznhy e Nalbandian. Cosa vuoi di più?
Forse il più divertente match giocato su terra rossa quest’anno. Di sicuro quello a più alto tasso di genio e sregolatezza. Due folli. Totali. Da gettare la chiave. Ma anche due artisti. Con due rovesci da strillare. Avesse prevalso la sregolatezza sarebbe stato un incontro fatto solo di stecche ed errori. Ma ha prevalso il genio. Per tre ore di orgasmo tennistico ai massimi livelli.

Un'annata è piena di incontri così. Incontri che non si giocano sul campo centrale ma che fanno dire a chi c'era: “parlate, parlate. Tanto non sapete cosa vi siete persi”. Youzhny è il genio pazzo russo normotipico (ammesso che si possa parlare di normotipicità per la pazzia): scialacqua senza una ragione apparente e senza una ragione apparente si riprende tutto, facendo fatica doppia, a colpi di talento. Per poi, spesso sul più bello, tornare a buttar via tutto. Nalbandian... per favore, datemi un cecchino. Ormai non riesco più a pensare ad altro che ad un tiratore scelto le poche volte che lo vedo giocare.

Djokovic - Isner, primo turno Davis Cup 7-5, 3-6, 6-3, 6-7(6), 6-4
Giocando sulla terra la Serbia credeva di avere vita relativamente facile con gli amanti del cemento per eccellenza. Ma Djokovic e compagni non avevano fatto i conti con John Isner. Che quando c’è da lottare è uno che non tira mai indietro la racchetta. Ne viene così fuori una battaglia epica, con l’americano che per un paio di set è ingiocabile al servizio, costringendo Nole ad un inatteso quinto set. Tra crampi, smorfie di dolore, calzoncini sporchi di terra, alla fine è il padrone di casa a trionfare. Ma l’abbraccio finale, intensissimo, è l’ennesima riprova che, nonostante sia snobbata, la Coppa Davis continua a regalare emozioni uniche.

Djokovic e la Davis: un matrimonio che quest'anno andava celebrato per forza. Troppe le congiunzioni astrali favorevoli. Isner e i match epici: per essere uno solo servizio ha una capacità notevole di infilarsi in match in cui c'è molto da raccontare.

Nadal-Gulbis, Semifinale Master 1000 Roma 6-4, 3-6, 6-4

Aravamo incerti fra un bel po' di partite, per scegliere la decima. C'era Del Potro-Cilic a Melbourne, unica situazione notevole in un 2010 da cancellare per l'argentino. C'era la rimonta impossibile di Davydenko contro Nadal a Doha, in finale. C'era il Llodra interruptus contro Soderling a Bercy. C'era Tsonga-Dolgopolov a Wimbledon. E poi abbiamo Scelto la semi fra Nadal e Gulbis a Roma...

Nadal-Gulbis si presta a diventare partita entusiasmante, evidentemente. Nel 2008 era stato l'antipasto del primo trionfo dello spagnolo a Wimbledon. Nel 2010, causa impresa di un Gulbis improvvisamente di nuovo deciso a giocare a tennis, è la semifinale che sostituisce l'attesa Nadal-Federer. Gulbis ci arriva a suon di servizi vincenti e giocate di gran classe. E fa la stessa cosa anche in quella partita: colpisce gli spot giusti con servizi spesso sopra i duecento orari, spara vincenti, inventa palle corte. Ma il risultato finale è più pesante di una sentenza: neanche questo basta, contro Rafa sulla terra battuta. E' anche l'ultimo match dell'anno in cui si può dire che Gulbis gioca a tennis. Poi, complice un infortunio che ne imballa il ritmo, decide di auto-spedirsi in vacanza.

Gianluca Comuniello e Nicola Gennai

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker