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22/12/2010 16:25 CEST - ERA OPEN

Top 10: i più forti e i più...scarsi

TENNIS - A 37 anni dall’introduzione della classifica ATP, ecco una rassegna di tutti i tennisti giunti nell’elite del tennis mondiale, divisi e classificati “ posizione per posizione”. Per ogni posizione (ma non la numero 1!) indichiamo quelli che secondo noi sono stati i più forti e i più scarsi. Una lunga carrellata di nomi e sensazioni, in cui trovano spazio grandi campioni, protagonisti occasionali...e due italiani. Christian Turba

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La seconda posizione di Nole Djokovic, sfuggita all’indomani del trionfo australiano del 2008; le comparsate nella terra dei Fab Four da parte di Del Potro a inizio anno e di Soderling all’indomani della vittoria di Bercy; l’esplosione e l’ingresso nella Top 6 di Berdych; infine, l’illusorio 9°posto conquistato da Cilic dopo la semifinale di Melbourne. Questi, in breve, i best ranking significativi raggiunti nel 2010 del tennis maschile. E proprio il croato è l’ultima new entry nella top 10 del sistema di classifica lanciato il 28 agosto 1973 dall’ATP: a 37 anni da tale data, è giunta l’ora di fare una summa di questi top 10, scegliendo migliori e peggiori per ogni posizione. Perse, per limiti anagrafici, le gesta di metà di questi atleti, esulerò da valutazioni tecnico-estetiche e mi baserò su criteri statistici: le performance nei tornei importanti, in primis, ma anche fattori come la continuità ad alti livelli, la polivalenza, la qualità della concorrenza, gli scontri diretti.. Lungi dall’incarnare la verità assoluta, quest’articolo vuol essere un modo per ricordare ed omaggiare ottimi giocatori del passato e del presente.

Numero 1
Sampras, Muster, Rios, Moya, Kafelnikov, Newcombe, Nastase, Borg, Mc Enroe, Connors, Lendl, Agassi, Federer, Nadal, Hewitt, Safin, Kuerten, Ferrero, Rafter, Roddick, Wilander, Becker, Edberg, Courier

Se poco sopra ho scritto di voler classificare i top 10 posizione per posizione, farò un’eccezione per il miglior numero 1 –dunque il GOAT-, la cui ricerca è una questione ormai più abusata di “E’nato prima l’uovo o la gallina?”. Quanto al numero 1 più “ scarso”, è invece lotta interna tra Rios, Moya e Muster.
Il redivivo “ Terminator”, per chiunque seguiva il tennis a metà degli anni’90, è stato un degno numero 1. Nel 1995, in pieno duopolio Sampras /Agassi, il mancino di Leibnitz si aggiudicò 11 tornei su terra, tra cui il trittico Montecarlo-Roma-Parigi, precorrendo Nadal; in seguito, per smentire i detrattori che lo volevano “tennista da una superficie”, completò il magico 1995 con l’alloro nel Masters 1000 indoor di Essen e, due anni dopo, ripeté la semifinale di Melbourne del 1989 insieme al titolo conquistato a Miami. Muster va anteposto a Carlos Moya, per una sola e semplice ragione: equivalendosi i due sulle superfici più deboli (nonostante la finale australiana del secondo), l’austriaco ha dominato il rosso per almeno 2 stagioni, mentre il maiorchino, vinti Roland Garros e Montecarlo nell’anno di grazia 1998, non riuscì più a superare i quarti parigini e conquistò il solo Masters del Foro Italico su terra battuta. Se il Muster 1995/1996 era “il Re del Rosso”, Carlito era “solo” uno dei più forti terraioli della sua epoca: questo rilievo, comunque, non svilisce l’arrivo in vetta dello spagnolo, premio alla costanza e alla duttilità dimostrate tra il 1998 e 1999 (si ricordino anche la semifinale degli Us Open e le sfortunate Finals). A mio avviso, quindi, l’ex mr. Pennetta è un numero 1 più valido del “Chino” Marcelo Rios, penalizzato dallo 0 nella casella “ vittorie di Slam”: aver conquistato la finale di uno dei quattro Major una tantum, rimediando un triplo 6-2 da un avversario alla portata (seppur “aiutato”) come il Korda del 1998, è un handicap di non poco conto. Certo, l’Empireo tennistico non arrivò per casualità: la vittoria a Montecarlo nel 1997 ed il dominio nei Masters 1000 primaverili del 1998 farebbero gola a molti. Manca,però, la ciliegina sulla torta, che il mancino cileno si fece soffiare nei quarti del Roland Garros da… Moya, vincitore in 4 set di uno scontro diretto che avrebbe cambiato la storia di entrambi. Spiacente Marcelino, sei stato nominato..
Miglior numero 1: ?
Peggior numero 1: Rios

Numero 2
Vilas, Djokovic, Norman, Haas, Murray, Chang. Ivanisevic, Stich, Korda, Ashe, Corretja, Orantes, Rosewall

Parlando del miglior secondo piazzato occorre distinguere. In termini assoluti, chiaramente, trionfa Ken Rosewall, vincitore di 8 prove del Grande Slam: tuttavia, a partire dal 1973 –nostro terminus post quem- l’ormai 40enne australiano conquistò “solo” due finali a Wimbledon e agli Us Open, schiacciato in entrambe dal suo erede –in termini di longevità- Jimmy Connors. Dal 28 agosto 1973 in avanti, quindi, il miglior numero 2 mondiale è senza ombra di dubbio Guillermo Vilas, il “Toro delle Pampas”, vincitore di 4 Slam nonché dei tornei di Roma, Montecarlo, Montreal e delle ATP Finals del 1974 (ai danni di Ilie Nastase). Il 58enne argentino, autore di 53 vittorie consecutive su terra rossa (striscia superata solo da Nadal nel 2006), avrebbe persino meritato il 1°posto al termine di uno straordinario 1977 - 16 trofei, tra cui il Roland Garros e gli ultimi Us Open made in Forest Hills – ma, ahilui, Jimbo era ancora al top della carriera e la vittoria del Master, nonché gli oscuri sistemi di calcolo in vigore all’epoca, gli assegnarono il numero 1 stagionale.
Più aperta la sfida al peggior numero 2, che (mi) pone un grosso problema. Di getto, non avrei dubbi a scegliere Magnus Norman. SI confronti la sua carriera con quella del suo (ex) allievo Robin Soderling: anni di anticamera tra i top 25-30, poi l’esplosione improvvisa con finale al Roland Garros e risultati costanti negli altri Slam, più un alloro nei Master 1000 (Foro Italico per Magnus, Bercy per Robin). Due ascese simili, e purtroppo gli infortuni fecero sì che quella di Norman si limitasse al solo 2000: tuttavia, il computer recita, come best ranking, un 4°posto per l’allievo Soderling ed un 2° per il suo maestro di Filipstad. Forse, il terzo avrebbe fatto giustizia a entrambi..
Riflettendo un po’, tuttavia, mi accorgo che Tommy Haas, tennista certamente più longevo e completo dello scandinavo, ha sbattuto la testa per ben 4 volte contro lo scoglio “finale di Slam”: e se certamente Kafelnikov o Safin (Australian Open 1999 e 2002), o ancora il SuperGonzo di Melbourne 2007 e il Federer di Wimbledon 2009 erano signori avversari, con altrettanta certezza un numero 2 forte avrebbe sfruttato almeno una di queste quattro occasioni.
Dopo lungo cogitare, dunque, assegno i premio in comproprietà ai due tennisti.
Miglior numero 2: (Rosewall) Vilas
Peggior numero 2: Norman/Haas

Numero 3
Noah, Nalbaldian, Ljubicic, Davydenko, Okker, Gerulaitis, Bruguera, Coria, Smith, Gottfried, Laver

Non scomodiamo il povero Rod, che per quanto mostrato dal 1973 in avanti sarebbe il candidato ideale ma che tanto aveva vinto prima.. Non scomodiamo nemmeno Sergi Bruguera, che molti selezionerebbero in base a criteri estetici: con la sua difesa impeccabile e le rotazioni estreme impresse alla palla, il catalano ha vinto due Roland Garros consecutivi, trionfato per altrettante volte nel Principato e persino ottenuto l’argento ai Giochi di Atlanta 1996 e la finale a Key Biscayne nel 1997. Credo non si possa negare, a questo punto, che il peggior numero 3 della storia sia Ivan Ljubicic. Re dei tornei indoor tra il 2005 e il 2006, l’allievo di Riccardo Piatti ha mal capitalizzato il suo akmé tennistico nei tornei importanti: oltre alla semifinale ottenuta al Roland Garros del 2006, il gran battitore croato vanta al massimo il quarto di finale maldestramente perso al 5°set dall’ eroe di Melbourne 2006 Marcos Baghdatis. Dietro, una sfilza di terzi turni e un’incolore partecipazione ai Masters 2006, che “annullano” il colpo di coda dell’ultimo Indian Wells e le rimanenti 3 finali in tornei Master 1000 (Madrid e Bercy 2005, Miami 2006).
Per il titolo di miglior numero 3, esclusi Laver (ed anche Okker) per il motivo di cui sopra, Noah per l’eccezionalità del trionfo parigino rispetto all’intera carriera e Bruguera per la “monovalenza”, restano invece in lizza Vitas Gerulaitis e Stan Smith. Tenendo conto che la maggior parte dei successi di Stan sono antecedenti al 23 agosto 1973 (1971-1972),opterei per lo sfortunato Vitas: non solo perché lo statunitense di origine lituana vanta un palmares variegato comprendente l’Australian Open 1977, il WCT di Dallas del 1978, due titoli al Foro Italico e le finali di Roland Garros e Us Open, ma soprattutto perché inserirsi tra giganti come Borg, Connors e Vilas è impresa da pochi eletti..
Migliore numero 3: (Laver), Gerulaitis
Peggiore numero 3: Ljubicic

Numero 4
Bjorkman, Blake, Gilbert, Mecir, Forget, Rusedski, Gomez, Cash, Medvedev, Krajicek, Kiefer, Martin, Enqvist, Tanner, Grosjean, Ferrer, Henman, Panatta, Gene Mayer, Clerc, Ramirez, Soderling, Del Potro

Molti, analizzando la continuità ad alto livello, sceglierebbero Greg Rusedski o Jonas Bjorkman, ottimi giocatori ma solo di transito nella top 5, con l’ ”anglo-canadese” che supera al fotofinish l’eroe di Wimbledon 2006 in virtù dello scontro diretto vinto nella semifinale degli Us Open 1997 e del titolo conseguito a Bercy, nonché per una maggiore continuità nel periodo di permanenza in top 10 (1997/98). Da me, invece, il vero candidato alla palma di numero 4 meno forte sarà scelto nel novero dei “mai semifinalisti” di Slam, perché un vero top 4 deve dimostrare di esserlo in questi tornei: dunque, James Blake, Brad Gilbert, Gene Mayer o Guy Forget. La straordinaria stagione 1991, con le vittorie di Cincinnati, Bercy e della Coppa Davis - tutte ai danni di Pistol Pete- assolve il capitano dei Bleus; l’autore di “ Winning Ugly”, giunto alla top 4 sulla spinta del successo di Cincinnati 1989 ai danni di Becker ed Edberg, si salva, così come quel Gene Mayer famoso per aver beneficiato di un “ragionamento” di Borg – mi faccio battere per scegliermi l’avversario- nel Round Robin delle Finals 1980. Il prescelto è dunque James Blake, mediocre negli Slam di metà stagione ed inconcludente rispetto alle potenzialità mostrate -e malgrado gli ottimi Masters 2006-: certo, non è colpa dell’afroamericano se agli Us Open del 2006 e a Melbourne nel 2008 si scontrò prematuramente con la sua nemesi Roger Federer, ma il Blake di metà decennio avrebbe dovuto battere il pur eroico Kid di Las Vegas nei quarti degli Us Open 2005 e far meglio di due finali “casalinghe” nei Master 1000 di Indian Wells e Cincinnati..
Per l’alloro di miglior numero 4, invece, estraiamo i vincitori di prove dello Slam: Roscoe Tanner, Pat Cash, Richard Krajicek, Adriano Panatta, Andres Gomez e Juan Martin Del Potro. Sospendendo il giudizio su Palito, che attendiamo nuovamente ad alti livelli dopo un 2009 straordinario, escludiamo il tulipano e l’ecuadoregno e purtroppo anche Adriano nostro –lui penalizzato inoltre dal rendimento sul duro-, incapaci di conquistare una seconda finale. Restano in lizza Tanner e Cash, giocatori dal curriculum quasi identico: uno Slam vinto per entrambi, due finali ad una per l’australiano ma 4 semifinali a 2 in favore di Roscoe, un ottavo di finale al Roland Garros a testa. Malgrado il più prestigioso alloro di Wimbledon 1987, la scelta ricade sul bombardiere americano dal servizio a 246 km/h, in virtù di un’indubbia costanza ad alti livelli –dal 1974 al 1979- non altrettanto riscontrabile in Cash, nonché del fatto di aver sconfitto i migliori giocatori della sua epoca, come Borg (Us Open 1979) Lendl, Vilas, Connors e Mc Enroe. La scelta, comunque, è ardua, perché oltre a Cash ci sarebbe Gattone Mecir, pronto ad affondare i suoi artigli dall’alto delle finali Slam perse da Ivan il Terribile (Us Open 1986 e Australian Open 1989) e dei Master americani conquistati..
Miglior numero 4: Tanner (Cash, Mecir)
Peggior numero 4: Blake

Numero 5
Gonzalez, Curren, Leconte, Schuettler, Pioline, Robredo, Jarryd, Gaudio, Arias, Novak, Salomon, Dibbs, Kodes

Esteticamente parlando, il prescelto potrebbe essere Henri Leconte: estrarre il peggior numero 5 in base ai risultati, invece, è fonte di dilemmi. Privilegiare Rainer Schuettler, turista della top 10 ma altresì finalista degli Australian Open 2003 e proprietario di un “tris di numero 1” (Kuerten, Hewitt e Moya) a Montecarlo 2004? Oppure optare per la “regolarità senza picchi” di Tommy Robredo, sospinto da un Master di Amburgo vinto sine Fedérere Nadalique ma altresì longevo e capace di ottenere almeno un ottavo di uno Slam ogni anno, tra il 2003 e il 2009? O ancora, “premiare” la monovalenza di Gaston Gaudio, esaltato nel 2004 dal trionfo parigino - e dalla “contromagia” di Coria in quella finale- quanto evanescente al di fuori dell’amato rosso? Le buone referenze fornite dai tre mi spingono a puntare il mirino su Jiri Novak. Più duttile di Gaudio, più costante ad alto livello di Schuettler e con un picco migliore rispetto a Robredo, il ceco sembrava tuttavia un tennista adatto piuttosto ad una posizione dalla 8 alla 10, malgrado la semifinale ottenuta agli Australian Open 2002 – senza aver battuto alcun top 30- e le belle prestazioni fornite nei Master 1000 (finale a Madrid e semifinale a Roma e in Canada).
E il migliore? Direi il ceco Ian Kodes, più forte in termini assoluti (tre Slam vinti in carriera) e leggermente migliore anche nel periodo considerato: la vittoria dei Championships -benché favorita dal famoso boicottaggio- e la finale degli Us Open 1973 sono biglietto da visita importante. Il verdetto, però, è tutto meno che scontato, poiché le quattro decadi considerate sono piene di numeri 5 forti. Negli anni’70, i regolarissimi yankees Harold Solomon (scalpo di Panatta nella finale del Roland Garros 1976) ed Eddie Dibbs, vincitore di ben 6 Master 1000 e top 10 per quattro stagioni consecutive; negli anni’80, l’erbivoro australiano Kevin Curren –finalista agli Australian Open 1984 e oscurato dall’astro nascente di Bum Bum a Wimbledon 1985-ed un Jimmy Arias tartassato dagli infortuni dopo aver vinto al Foro Italico e conquistato la semifinale degli Us Open nel 1983; negli anni’90, il polivalente ma poco vincente Cedric Pioline, 2 finali di Slam a distanza di 4 anni ed un best ranking ottenuto a 31 anni grazie alla semifinale degli Us Open 1999, i quarti londinesi e la vittoria monegasca nel 2000; infine, ai giorni nostri, “Mano de Pedra” Gonzalez, uno dei pochi tennisti a vantare i quarti in tutti gli Slam, fantascientifico agli Australian Open del 2007 e continuo ad alti livelli, ma privo di titoli importanti. Kodes con riserve, diciamo.
Miglior numero 5: Kodes (Curren?)
Peggior numero 5: Novak

Numero 6
Krickstein, Tsonga, Carlsson, Ferreira, Lapentti, Alberto Costa, Sundstrom, Teltscher, Higueras, Berdych, Simon, Kucera

Tra i numeri 6 recenti, credo che Gilles Simon sia il meno valido. Troppo breve la permanenza nella top 20, troppo deboli i risultati nei tornei maggiori: i quarti raggiunti agli Australian Open del 2009 rappresentano ad oggi il miglior risultato Slam di Gillou, altrimenti eliminato in ottavi di finale o, più sovente, al 3°turno. L’ascesa del nizzardo fino alla piazza numero 6 si deve soprattutto alla regolarità nei tornei minori e agli exploit ottenuti nel 2008 in Canada (vittoria su Federer) e a Madrid (vittoria su Nadal in semifinale): il rendimento modesto negli Slam lo pone, per poche lunghezze, dietro a Karol Kucera e Nicolas Lapentti, durati meno ad alti livelli ma autori di una semifinale australiana a testa (1998 e 1999) e di un altro quarto di Slam. Simon, comunque, viene “superato” dalla meteora tennistica per antonomasia, lo svedese Kent Carlsson. Dotato di un lift esasperato che mandava in tilt gli avversari così come di ginocchia fragili, Carlsson. giocando esclusivamente sul rosso a causa dei suoi problemi fisici- vinse 9 tornei tra il 1986 e il 1988 (tra cui il Master di Amburgo), prima di arrendersi ai numerosi interventi chirurgici a soli 24 anni. Sfortunatamente per lui e per la sua considerazione in questa classifica.
La lotta per il miglior numero 6 è invece serrata. Gli ispano fili potrebbero citare Jose Higueras, famoso non solo per le “piacevolissime” partite con Barazzutti ma anche per aver conquistato due semifinali del Roland Garros ed i Master di Amburgo e Indian Wells; oppure il vincitore del Roland Garros 2002 Albert Costa, ottimo terraiolo ma più limitato sul duro. La mia scelta invece (in attesa di sviluppi nelle carriere di Berdych e Tsonga), privilegerà soprattutto la costanza ad alti livelli, incarnata da Aaron Krickstein e Wayne Ferreira). Aaron, ricordato da molti per la sconfitta con nonno Jimbo negli ottavi degli Us Open 1991, mostra però nel suo CV le semifinali degli Us Open 1989 e degli Australian Open del 1995, nonché finali e semifinali in serie in ben 6 Master 1000 differenti. Il sudafricano, detentore del record di partecipazioni consecutive a tornei dello Slam (56 presenze), ha invece sorvolato dall’alto gli interi “90’s” e parte degli anni 2000, ripetendo la semifinale a Melbourne a distanza di 11 anni (1992-2003) ed aggiudicandosi la Rogers Cup di Toronto (1996) e l’Eurocard Open di Stoccarda (2000). Col piccolo aiuto della finale di Indian Wells 1993 e dei 15 titoli complessivi, proprio Ferreira supera di un’incollatura Krickstein e Costa.
Miglior numero 6: Ferreira
Peggior numero 6: Carlsson

Numero 7
Berger, Mayotte, Emilio Sanchez, Hlasek, Aguilera, Berasategui, Barazzutti, Gasquet, Ancic, Nystrom, Kriek, Teacher, Sandy Mayer, Verdasco

La scelta del peggior numero 7 segue la logica di quella del peggior numero 6. Da venticinquenne, sceglierei Richard Gasquet, ritenendo che abbia meritato il suo Best Ranking meno di Mario Ancic e Fernando Verdasco. Al lordo, tutti e tre vantano una semifinale di Slam con tanto di scalpi importanti; al netto, però, Riccardino appare quello che, in rapporto al talento e alle aspettative, ha ottenuto i risultati peggiori. A parte la rimonta operata con A-Rod a Wimbledon 2007 (un unicum in tutti i sensi) e lo stupendo Montecarlo 2005, l’enfant prodige transalpino si è soprattutto segnalato per essere l’uomo degli ottavi di Slam e dei treni persi: dalle tragicomiche sciolte sotto il caldo australiano – 2 set di vantaggio sprecati con Mano de Pedra nel 2009 e con Youzhny quest’anno-, all’ “effetto Murray” a Wimbledon 2008 e Parigi 2010. Ad una seconda analisi, però, qualcuno sta messo peggio di Richard: il “ malato” in questione è lo spagnolo Juan Aguilera, un tennista che esisteva solo ad Amburgo, in un certo senso lo zio acquisito del mitico Roberto Carretero. Classico terraiolo, Aguilera si rivelò nella città anseatica nel 1984, superando Noah, Vilas e Sundstrom per vincere il torneo, e nella città anseatica rinacque nel 1990, dopo anni di autentico nulla, impedendo a Boris Becker di conquistare domo sua l’agognato alloro sulla terra rossa. Compiuto tale exploit, l’iberico si eclissò definitivamente: che Bum Bum gli avesse incollato qualche scagnozzo? Non si scomodino dunque l’incommensurabile Brian Teacher (forse il vincitore di Slam più scarso di sempre), il Mayer meno forte –quel Sandy autore di una semifinale nel Wimbledon boicottato del 1973- o ancora la meteora a stelle e strisce Jay Berger (quarti a Parigi e New York nel 1989), il premio spetta ad Aguilera.
Cambiando discorso, Corrado Barazzutti potrebbe essere il miglior numero 7, a scapito del regolarista svedese Nystrom -vincitore di Montecarlo nel 1986 e più volte tra i primi 8 degli Slam- e di Alberto “ Uni-face” Berasategui, incapace di ripetere la stagione di grazia 1994 nel seguito della carriera. La semifinale ottenuta agli Us Open 1977 –tristemente famosa per l’ episodio del segno cancellato- e quella del Roland Garros 1978, nonché la costanza mostrata nel quinquennio 1976-1980, sono un ottimo biglietto da visita per il nostro. C’è un però, un però che porta il nome di Johan Kriek. L’attaccante sudafricano, ricordato per aver riportato due degli Australian Open più deboli della storia (1981 e 1982), è stato prima di tutto un tennista solido e performante, quarto - finalista in tutte le prove dello Slam e semifinalista sia agli Us Open 1980 che al Roland Garros 1986 - e nel primo caso, capace di strappare due set all’Orso svedese prima di liquefarsi e subire un triplo 6-1- .Per questo motivo, ritengo che possa battere allo sprint il nostro capitano di Coppa Davis e Fed Cup: coraggio Corrado, oramai sarai abbastanza sazio di successi..
Miglior numero 7: Kriek (Barazzutti?)
Peggior numero 7: Aguilera

Numero 8
Mancini, Canas, Youzhny, Philippoussis, Baghdatis, Stepanek, Novacek, Stockton, Alexander, Roche, Fleming

Le conoscenze “dirette” mi spingerebbero a scegliere..quel gran seduttore di Radek Stepanek, giocatore assai migliore sui 3 set che sui 5. Reputato un grande fighter, il ceco accumula match su match persi al 5°set, spesso dopo aver condotto per due set a zero: anche il best ranking arrivò all’indomani della rimonta subita da un Jonas Bjorkman scongelato nel fumo di Londra a 34 anni per negargli l’unica semifinale di Slam della carriera. Insomma, malgrado la finale nel surreale torneo di Amburgo del 2006, l’ingresso di Radek in top ten fu dovuto più al ricambio avvenuto alle spalle dei due big in quell’annata che ad altri fattori. A contendere a “ Faccia da Picasso” (cit.) la nomina non possiamo chiamare né lo storico partner di doppio di Big Mac, Peter Fleming, né l’australiano John Alexander, famoso per aver negato ai nostri lo storico bis del successo di Santiago: la costanza ad alti livelli di quest’ultimo e il titolo ottenuto a Cincinnati dal primo –a fronte di performance Slam identiche –li pongono una spanna avanti al ceco.. E Stockton? Tranquilli, non è John Stockton alias “L’amico del Postino”, ma Dick Stockton, tennista di metà degli anni’70 in grado di conquistare la semifinale al Roland Garros 1974 e ai Championships 1978. Per spodestare Stepanek dal trono, quindi, tornerò al 1989. In quell’anno, un giovane argentino di origini italiane riportò i tornei di Montecarlo e Roma, ma giunto al Roland Garros coi favori del pronostico s’incagliò sul serve-and-volley di Stefanello Edberg. Quel ragazzo, chiamato Alberto Mancini, non sarebbe più tornato su tali livelli, pur con le finali di Roma 1991 e Miami 1992. A lui dunque la palma di peggior numero 8.
Il migliore numero 8 in assoluto è senz’altro l’ex coach di Federer Tony Roche, laureato al Roland Garros 1966, ma vantando “solo” le semifinali dell’Australian Open e dei Championships 1975 nel periodo di nostro interesse cercherò un altro nome. Il nome è quello di Mark Philippoussis: talento ahimè baciato dalla malasorte, “Scud” era (o per meglio dire è..) un tennista capace di sontuose vittorie e rovesci imprevedibili. Per quanto altalenante, l’australiano vanta due finali di Slam conquistate con merito a distanza di 5 anni –come dimenticare la cavalcata di Wimbledon 2003 col successo in 5 set su Andreino?- ed il trofeo di Indian Wells del 1999, quanto basta per selezionarlo. E chissà cosa sarebbe successo se un infortunio non l’avesse bloccato mentre conduceva di un set su Pistol Pete nei quarti di Wimbledon 1999..
Peggior numero 8: Mancini
Miglior numero 8: (Roche) Philippoussis

Numero 9
Massu, Cilic, Srichaphan, Wawrinka, Chesnokov, Rosset, Joachim Johansson, Monfils, Puerta, Pecci Sr, Metreveli

Sulla classe dei numero 9, a mio avviso complessivamente peggiore di quella dei numeri 10, non esistono invece dubbi. Con uno Srichaphan transitato di fretta dalla top 10 ma capace di ottenere tre ottavi di Slam ed estromettere Agassi a Wimbledon, un Wawrinka che con la sua costanza negli Slam ha dimostrato che la finale del Foro Italico non fu un caso ed un Puerta valorizzato dal Roland Garros 2005, la palma di numero 9 spetta a Nicolas Massu. Non per una questione estetica, perché di “cagnacci” tutto garra e regolarità ce ne sono anche in posizioni superiori del ranking. Piuttosto, perché un solo ottavo di Slam, ottenuto agli Us Open 2005 battendo un Gambill prepensionato e approfittando del walkover di Novak, è poca cosa per un top ten; inoltre, perché credo che il campione olimpico di Atene 2004 abbia beneficiato di certe storture del vecchio sistema di calcolo. Non dimentichiamo che già nel 2003, dopo un inizio abbastanza anonimo, Nico ascese al numero 12 mondiale con l’exploit di Madrid – vittorie su Roddick,Kuerten e El Aynaoui- ma anche con acuti nei tornei estivi su terra, compreso quello di Kitzbuhel che all’epoca assegnava al vincitore un punteggio equivalente a 600 punti attuali. Ma fu nel 2004, dopo esser uscito prematuramente in tutti gli Slam, che il 31 enne di Vina del Mar godette smoderatamente degli allora 400 punti ricevuti per l’oro delle Olimpiadi, un torneo i cui 4 semifinalisti avrebbero sommato tre secondi turni ed un primo ai successivi Us Open; punti che gli consegnarono il best ranking, a mio avviso in modo esagerato.
Diverso il discorso per il miglior numero 9. Escluso, per anzianità delle vittorie, il finalista del famigerato Wimbledon 1973 Alex Metreveli ed il finalista del Roland Garros 1980 Victor Pecci –privo di risultati significativi al di fuori della terra battuta- il premio si gioca tra il russo Andrej Chesnokov ed il bombardiere elvetico Marc Rosset. Entrambi tennisti polivalenti e dalle ottime carriere -con semifinale di Slam incorporata-, però il moscovita può aggiungere due vittorie di Master 1000 in due tornei agli antipodi come Montecarlo e Montreal, che lo fanno preferire al campione olimpico dei giochi di Barcellona 1992.
Peggior numero 9: Massu
Miglior numero 9: Chesnokov

Numero 10:
Pernfors, Jaite, Svensson, Larsson, Gustaffson, Mantilla, Clement, Carlos Costa, Fibak, Tulasne

Per la palma di migliore numero 10, i nomi più “sfavillanti” sarebbero quelli di Mikael Pernfors e Arnaud Clement, entrambi autori di una finale di Slam ottenuta grazie a scalpi illustri (Becker e Leconte per lo scandinavo, Kafelnikov e Grosjean per il “ Pirata “ transalpino). Sia nel caso di Pernfors che in quello di “ La Clé”, però, si tratta di exploit ottenuti nel mezzo di carriere ottime ma altalenanti: e, se il 47enne di Malmö può almeno vantare il Canadian Open 1993 conquistato ai danni di Todd Martin, il transalpino è invece calato una volta raggiunta la finale degli Australian Open 2001, terminando le sole stagioni 2001 e 2003 tra i top 30. Per questo motivo, cercherei piuttosto il Best Number Ten tra atleti più regolari, come ad esempio Magnus Larsson. Esploso nel 1994 grazie alla semifinale del Roland Garros (memorabile la rimonta da 2 set a 0 e 6-0 nel tie-break del 3° contro Dreekmann) e la vittoria di Davis e Grand Slam Cup ai danni di Sua Maestà Pete Sampras, Larsson fu poi frenato da un infortunio, ma tornò alla grande nel 1997 con i quarti degli Us Open ed i successi su Sampras e Chang, che valsero alla Svezia l’ennesima Davis. Il tennista di Olofstrom, a mio parere, condivide la vetta col polacco dalle due vite Wojtek Fibak, che, dopo un 1976 marcato dalle finali di Montecarlo e Montreal e dalla sconfitta in 5 set –per mano di Orantes- nella finale del Masters, tornò agli onori della cronaca nel 1980 con tre quarti di Slam consecutivi da Parigi a New York.
Per il titolo di peggiore, restano dunque sei nomi in lizza. Né il costante Magnus Gustafsson –vincitore di 14 titoli dal 1991 al 2000 compreso il Master di Amburgo-; né il re del Foro Italico 2003 Felix Mantilla, monolitico ma capace di exploit come la semifinale del Roland Garros 1998 e i quarti degli Australian Open 1997; né il due volte semifinalista (1988 e 1990) dello Slam parigino Jonas Svensson; né infine l’argentino Martin Jaite, top 20 dal 1987 al 1990 con due finali a Montecarlo e Roma in carniere, sembrano più adatti a questo ruolo rispetto a Thierry Tulasne e Carlos Costa. Alla prova dei fatti, proprio l’attuale coach di Gilles Simon, top 20 nella stagione 1986/87 e autore di due ottavi all’ombra delle Serres d’Auteuil (1981 e 1989), la spunta di un’incollatura sul precursore della generazione iberica dei Moya e dei Corretja, finalista al Foro Italico nel 1992 e poi sparito nel nulla dopo l’ottavo del Roland Garros 1993.
Miglior numero 10: Larsson/Fibak
Peggio numero 10: Tulasne

Cari amici, questo lungo trip alla scoperta dei top ten storici è dunque terminato: se siete sopravvissuti e bramate di consultare la top 10 di fine stagione dal 1973 ad oggi, vi consiglio questo link. A presto per la storia delle top 10 femminili..

Christian Turba

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    19 Dicembre 1975

Jimmy Connors vince un match drammatico contro Marcelo Lara 6-2 6-1 3-6 4-6 7-5 nel secondo turno della Coppa Davis tra Stati Uniti e Messico a Città del Messico.

Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker