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30/12/2010 14:24 CEST - Hall of Fame

Viaggio nella Hall of Fame

TENNIS - Abbiamo visitato per voi la International Hall of Fame di Newport, dove vengono omaggiati i personaggi piú rappresentativi del nostro sport e dove ogni anno nuovi campioni e sostenitori del tennis vengono ammessi in questa prestigiosa istituzione. Fino ad oggi sono 218, compresi Nicola Pietrangeli e Gianni Clerici. Visita all'austero museo in cui non manca nulla: il FOTORACCONTO. Vanni Gibertini

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Adagiata su un’incantevole baia dell’Oceano Atlantico a circa 100 km a sud di Boston, la cittadina pittoresca e decisamente snob di Newport, nello stato americano del Rhode Island, deve gran parte della sua fama internazionale alla competizione velica dell’America’s Cup, che vi si é disputata per 12 edizioni, dal 1930 al 1983.

Per noi invece che preferiamo le racchette agli yacht, Newport rappresenta, oltre alla sede dell’unico torneo ATP su erba al di fuori dell’Europa, anche il luogo che ospita la International Tennis Hall of Fame.
Nata da un’idea di Jimmy Van Alen, l’inventore del tie-break, dal 1954 la Hall of Fame ha iniziato ad ammettere come membri gli americani che maggiormente si erano distinti nel gioco del tennis o che si erano adoperati per la sua diffusione. Inizialmente intesa come un’istituzione solamente americana (il nome originale era infatti National Hall of Fame), ha allargato i propri orizzonti nel 1986 quando, ottenuto il riconoscimento da parte della ITF (International Tennis Federation), il suo nome é stato modificato in quello attuale di International Tennis Hall of Fame.

La sede é da sempre quella al numero 94 di Bellevue Avenue, ovvero nell’edificio del Casinó di Newport, ove tra il 1881 ed il 1914 si disputarono i campionati della United States Lawn Tennis Association, quelli che poi sarebbero diventati gli US Open.

L’ingresso di questo palazzo che risale al 1880 (per gli USA un’etá davvero veneranda) conduce immediatamente al primo originale campo in erba su cui vennero disputati i primi incontri.

Intorno a questo campo in erba verdissima si sviluppa l’edificio originale del Casinó: nell'ala destra si trova il museo della Hall of Fame. L’ingresso avviene attraverso un’angusta porticina che consente di arrivare immediatamente alla biglietteria per poi accedere immediatamente all’elegante scalinata che dá inizio all’esibizione dei cimeli.

L’atmosfera é solenne, i dettagli sono curatissimi, come questo particolare della moquette che ricopre la scalinata.

Appena si inizia a salire i primi gradini, si nota immediatamente un cimelio che attrae l’attenzione dell’appassionato della mia generazione: la coppa di Wimbledon vinta da Stefan Edberg nel 1988 contro Boris Becker: nella versione ridotta che viene lasciata al vincitore, fa bella mostra di sé nella prima teca lungo la scala.

Il primo corridoio al piano rialzato propone una lunga serie di reperti storici che risalgono alla fine dell’Ottocento oppure all’inizio del Novecento, come quest’abito appartenuto a Hellen Wills Moody.

La prima stanza propone le fotografie di tutti i 218 uomini e donne che finora sono stati introdotti nella Hall of Fame. Tra loro ci sono solamente due italiani: Nicola Pietrangeli, due volte vincitore di Parigi e recordman di presenze in Coppa Davis, e Gianni Clerici, insuperabile giornalista, scrittore e telecronista che il pubblico italiano apprezza da tanti anni.

Tutto intorno si trovano schermi interattivi che propongono spezzoni delle partite piú significative dei membri della Hall. E’ stato interessante vedere, uno dopo l’altro, le gesta dei campioni degli Anni ’60 come Laver e Rosewall, seguiti da Connors, McEnroe e Borg per poi arrivare a Nadal e Federer. La cosa che piú saltava agli occhi é vedere come a partire dagli Anni ’80 i fisici dei giocatori si fossero fatti visibilmente piú massicci e muscolari, sempre piú insaccati in pantaloni progressivamente sempre piú lunghi e larghi.
Tra le donne invece si veniva colti da nostalgia nel vedere i colpi di Chris Evert, precisi e stilisticamente perfetti, ma che al giorno d’oggi verrebbero regolarmente brutalizzati dalle tante ”ova” qualsiasi che popolano il circuito.

Ad ogni torneo del Grande Slam viene dedicato un angolo: qui sopra si vedono le aree allestite con memorabilia provenienti dagli Australian Open e dal Roland Garros, mentre di sotto si possono ammirare le zone di Wimbledon e degli US Open.

Anche ATP Tour e WTA hanno le loro rispettive teche, con quest’ultima che sfoggia uno dei recenti completini disegnati ed indossati da Venus Williams.

Non possono ovviamente mancare le mise dei due maggiori esponenti del nostro tempo: per Roger Federer viene proposto un esemplare autografato dell’elegante complete bianco ed oro indossato nelle ultime edizioni di Wimbledon, mentre per Rafa Nadal si puó vedere la maglietta con cui lo spagnolo ha vinto gli Australian Open 2009, compresa la replica del trofeo in basso.

Un suo spazio trova anche la polo con cui Nicolas Mahut ha disputato e perso la storica maratona a Wimbledon 2010 nella quale é uscito sconfitto per 70-68 nel quinto set contro John Isner dopo 3 giorni e oltre 11 ore di gioco.

L’ultimo corridoio propone una cronologia dell’evoluzione degli attrezzi, dalle pallline alle racchette, con alcuni dei piú iconici esemplari appesi al muro: dalla Wilson Jack Kramer alla Wilson T 2000 di Connors, alla Dunlop Max 200 G di McEnroe e Graf fino alla Wilson Pro Staff di Sampras, Edberg, Evert e Federer.

Visti gli ultimi video dei grandi incontri del passato e seguire gli ultimi aggiornamenti del circuito grazie agli schermi che trasmettono a ciclo continuo il canale monotematico americano Tennis Channel, é possibile fare una passeggiata per i campi che ogni estate ospitano il torneo ATP sull’erba, di cui qui si vede ancora il tabellone dell’ultima edizione.

Ecco qui sotto una visuale del centrale da uno dei palchi riservati ai Vip, ed una panoramica dei campi laterali, che durante la stagione outdoor possono anche essere riservati da qualunque visitatore per scambiare quattro palle su questi storici prati

L’atmosfera del museo é certamente molto piú austera e meno commerciale di quanto non accada normalmente nei tipici musei americani, forse per merito della suggestiva cornice di un edificio cosí pieno di storia. Anche la cittadina di Newport, con il suo centro storico perfettamente tenuto e la sua aura di esclusivitá che trasuda da ogni galleria d’arte e da ogni stradina ingolfata dai SUV, contribuisce a fornire al museo un aplomb certamente piú britannico che americano, e che rende la visita di questo establishment un must per l’appassionato di tennis di passaggio nel New England. E’ peró certamente consigliabile cercare di affrontare il viaggio fuori dalla stagione estiva, e sicuramente non durante i fine settimana, quando il traffico ed i prezzi degli alberghi possono raggiungere picchi davvero fastidiosi.

Vanni Gibertini

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Tratto da: On This Day in Tennis History di Randy Walker