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11/03/2011 14:51 CEST - Tennis a Cuba

Connors alla corte di Fidél

TENNIS - Jimbo visita le strutture dell'Avana e spende elogi per i programmi giovanili della federazione cubana. Nonostante la grande tradizione sportiva, il tennis non ha mai suscitato grandi entusiasmi sull'isola caribica, che ha espresso due soli tennisti nella storia. Solo parole o è davvero l'inizio di un movimento? Francesco Ferrando

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Jimmy Connors, in visita agli impianti costruiti all'Avana in occasione dei Giochi Panamericani del 1991, ha speso parole di elogio per il sistema di selezione dei giovani talenti a Cuba: «È bello sapere di poter ritrovare quì ragazzini della più tenera età, che si va in giro per il paese alla ricerca di promesse e si lavora con loro. É un elemento importante, ormai dimenticato in molte parti del mondo».

Certo il tennis a Cuba non ha mai goduto di fortune paragonabili a quelle di sport come il baseball (tre ori e due argenti su cinque edizioni delle Olimpiadi e 25 titoli mondiali, giusto per citare i successi più prestigiosi). O dell'atletica leggera, dove il nome di Javier Sotomayor resterà scolpito per sempre negli annali (sue 17 delle 24 migliori prestazioni di tutti i tempi nel salto in alto, compreso l'attuale record mondiale, fissato a 2 metri e 45 nel luglio del '93, a Salamanca), così come quelli di Ana Fidelia Queirot negli 800 e di Ivan Pedroso nel salto in lungo. Invece i nomi di Reynaldo Garrido e Mario Tabares sono in pochi a ricordarli.

Garrido fu il primo cubano a vincere un titolo internazionale, agli Open del Canada, in finale sul fratello Orlando. Era il 1959, anno in cui Fidél Castro e le sue truppe entrarono all'Avana completando una rivoluzione durata più di cinque anni. Un anno cruciale per Cuba anche nello sport, visto che fino ad allora la pratica sportiva era riservata quasi esclusivamente agli studenti che frequentavano le costose scuole private, i club e le università dell'Avana. Il Yayabo Tennis Club, fondato nel 1914, accoglieva solo soci dell'élite bianca ispanica, così come gli altri circoli nati negli anni successivi. Un ambiente dal quale provenivano anche i fratelli Garrido, che praticavano anche la pelota basca al prestigioso Jockey Club di Miami.

Il regime di Castro puntò molto sullo sport come mezzo di promozione culturale, eliminando le barriere razziali e sociali imposte in precedenza nei club dalla dittatura di Batista e dalle compagnie statunitensi. Ma il tennis restò una disciplina poco popolare e scarsamente praticata, nonostante fosse inserita nei programmi sportivi scolastici. Dopo Reynaldo Garrido, che raggiunse anche il terzo turno agli Us Open del 1956, il tennis cubano dovette aspettare 33 anni prima di raccogliere un altro trofeo. Il merito va a Mario Tabares, vincitore nel doppio al torneo di Buzios, in Brasile, nel 1992. Tabares arrivò a ridosso dei primi 100 nella specialità, collezionando anche 5 titoli e altrettante finali challenger, prima di ritirarsi a Miami a gestire un negozio di articoli sportivi.

Negli ultimi anni qualcosa sembra essersi mosso, la federazione cubana ha avviato progetti per scovare e far crescere i propri talenti e l'Itf conta tra le sue classifiche circa 25 atleti cubani nati tra il 1990 e il 1995. Jimbo, durante la sua visita ha incontrato allenatori e palleggiato coi giovani tennisti locali e si è detto entusiasta, a quanto riporta il diario online dell'istituto cubano per lo sport: «É un onore stare con loro, dimostrano di aver imparato le basi del gioco, la tecnica e il gioco di gambe, che è qualcosa che è difficile insegnare».

Frasi che suonano molto di circostanza, condite da un pizzico di propaganda (non solo) sportiva, ma il punto è un altro. Revoluciòn o no, il sospetto è che a Cuba il tennis resti uno sport praticato solo nei resort dei grandi alberghi per turisti. Se la federazione riuscirà a diffondere il verbo del tennis nelle strade, tra la popolazione afro-cubana, qualche risultato è lecito attenderlo. Altrimenti resteranno solo le parole, strappate a un ricco americano in vacanza spesata.

Francesco Ferrando

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"Guardare un match tra Connors e McEnroe è come assistere alla 500 miglia di Indianapolis. Sai che buona parte del pubblico non è lì per vederli giocare: aspetta che esplodano"

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