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18/05/2011 13:08 CEST - ROLAND GARROS

Mine vaganti alla parigina

TENNIS - Come ogni Slam che si rispetti, anche il Roland Garros avrà le sue cosiddette "mine vaganti". Giocatori non teste di serie, senza ambizioni di vittoria finale, ma insidiosi e talvolta letali se incontrati nelle prime battute del torneo. Tra le principali, Ljubicic, Montanes, Andreev...senza dimenticare la "squadra" dei francesi, già protagonista di clamorosi exploit passati. Nicola Gennai

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Quasi mai saranno in grado di raggiungere la seconda settimana di uno Slam. Quasi mai sono tennisti di primissimo livello. Quasi mai, in circostanze normali, potrebbero insidiare i migliori. Eppure, come in ogni Major che si rispetti, si annidano nel tabellone, silenziosi, nascosti tra le pieghe del sorteggio, quasi timorosi di disturbare. Poi, una volta palesatisi sul campo, fanno spesso gridare i sapientoni di turno: “Eh ma l’avevo detto io che poteva essere un avversario fastidioso per chiunque” “Non si capisce come mai sia così indietro in classifica” “Ma fino ad oggi dov’era?”, e via discorrendo. Di chi stiamo parlando? Ci stiamo riferendo alle cosiddette “mine vaganti”, a quei giocatori che, vegetando oltre la 32esima posizione del ranking non hanno diritto ad una testa di serie nei tornei dello Slam e che, però, specie nei primi turni, dove la condizione dei top players non è ancora ottimale e dove l’effetto sorpresa è sempre dietro l’angolo, possono giocare brutti scherzi a chiunque.
Ogni Slam che si rispetti, solitamente, ha le sue mine vaganti
. L’operazione più difficoltosa è riuscire ad individuarle prima che il torneo cominci e che il tabellone sia stilato.
Col Roland Garros ormai alle porte, vediamo quanto minato potrà essere il draw del più importante torneo del mondo sulla terra rossa, consci del fatto che, molto probabilmente, ci dimenticheremo di qualcuno.

Ivan Ljubicic, numero 36

Il buon Ivan non è mai stato un terraiolo, anzi. Non ne ha proprio i mezzi. Molto alto, movimenti non proprio leggiadri, dritto ballerino. Inoltre, gli anni cominciano ad accumularsi (a marzo sono state scollinate le 32 primavere). Però, trovarselo di fronte al primo, ma anche al secondo, ma anche al terzo turno (Veltroni abbandona questo corpo, grazie), non fa mai piacere a nessuno. Specie in un torneo giocato sulla lunga distanza, dove l’esperienza e la capacità di gestire situazioni di punteggio intricate sono dei fattori spesso decisivi. Eppoi, par giusto ricordarlo, nonostante non appartenga alla categoria dei “dirt rats” (definizione che Agassi nel suo libro usa per gli specialisti della terra), il pelato croato a Parigi può sempre vantare una semifinale nel 2006 e un ottavo nel 2008. Proprio quell’anno rimontò due set di svantaggio a Davydenko per chiudere 6-4 al quinto, mentre la scorsa edizione beffò, sempre alla frazione decisiva, Mardy Fish in un elettrico 10-8.

Albert Montanes, numero 37

Detto El Rato, una sorta di David Ferrer alla meno uno, nel senso che, viste le doti tennistiche del quale Madre Natura lo ha dotato (glissando su quelle estetiche), è riuscito ad ottenere pure troppo dalla sua carriera. Tennista fastidioso, pedalatore instancabile, dotato di buoni fondamentali e di un movimento di servizio quantomeno strambo, lo spagnolo può fare paura a molte delle 32 teste di serie, specie in un primo turno. Vero è che al Roland Garros non è mai andato oltre il terzo turno (in cinque occasioni), ma, ad esempio, lo scorso anno tolse un set al futuro finalista Soderling, nel 2008 ne strappò uno (sotto il diluvio universale) a Federer (al quale poi tolse addirittura un incontro intero all’Estoril nel 2010) e nel 2007, nonostante un punteggio molto severo, tenne Nadal in campo per due ore e mezzo. Insomma, giocatore da prendere assolutamente con le molle.

Juan Monaco, numero 38

Non è più il giocatore che nel 2008 raggiunse la posizione numero 14. O meglio, il braccio è rimasto lo stesso, una specie di manico di scopa, vista la rigidità, ma è venuta meno un po’ di “garra”, un po’ di quella grinta mischiata ad una voglia innata di correre e buttare tutto di là che riuscivano in qualche modo a sopperire a degli evidenti limiti tecnici. In ogni caso, nonostante una stagione sulla terra abbastanza mediocre e dei risultati parigini passati che non sono niente di che (ottavi nel 2007 come miglior risultato), l’argentino sulla terra può dire la sua con parecchi colleghi che lo sopravanzano in classifica. Gli andasse male sul campo, può sempre rifarsi alla Playstation.

Philipp Kohlschreiber, numero 44

Questo 2011 non pare essere la sua stagione migliore, anzi. Ma lo spennacchiotto tedesco, se in giornata, vale tranquillamente una testa di serie sulla terra parigina. Chiedere a Djokovic, che nel 2009 si vide privare dei suoi sogni di Roland Garros quando venne sconfitto in tre set con un triplo 6-4. Il crucco è il classico tennista che, se non giochi vicino al tuo massimo, può darti fastidio su qualsiasi superficie. Da fondo dispone di un discreto dritto e di un ottimo rovescio, ha un buon servizio e non disdegna soluzioni di volo, a volte anche di pregevole fattura. Dice la sua anche nei match lottati. Lo scorso anno, per dire, trascinò al quinto Verdasco (perdendo); l’anno prima, in una battaglia simile, sconfisse Ferrero; nel 2007, addirittura, si impose 17-15 su Dlouhy. Occhio, quindi.

Frederico Gil, numero 77

Per la seconda volta nella sua carriera, il tennista lusitano non sarà costretto a passare dalle qualificazioni per entrare nel tabellone principale (la prima è stata nel 2009). Segno che, nonostante il quarto di finale a Monte-Carlo, è giocatore relativamente “nuovo” a certi palcoscenici. Ma segno anche che, proprio quest’anno, Gil può essere avversario rognosetto nei primi turni. Il vicino povero degli spagnoli, come l’ha definito su questi lidi Gianluca Comuniello, non ha niente di speciale. Non il servizio, non il dritto, non il rovescio. Però, sulla superficie che più aiuta gli umili per antonomasia, anche il nulla (si parla sempre di un top 100, tutto è relativo ovviamente), se unito a tanta voglia e a tanta corsa, talvolta può bastare.

Philipp Petzschner, numero 82

Teoricamente, sulla terra rossa e sulla lunga distanza, questo signore (date un’occhiata alla sua foto sul sito Atp, collo da struzzo e sguardo da pazzo, che già spiega molto del personaggio) non ha molto da dire. Troppo discontinuo, troppa poca pazienza, troppa indolenza per stare lì a colpire una, due, tre, magari quattro accelerazioni di fila per fare un punto. Però, insomma, un occhio di riguardo a Pecce lo si dà sempre. Certo, farà (molta) più paura a Wimbledon che non al Bois de Boulogne come mina vagante, ma anche sui rossi campi, se per un paio d’ore l’indolenza viene meno, possono essere dolori per molti.

Ernest Gulbis, numero 85

Sembra un’eresia prenderlo ancora in considerazione. Eppure è giusto così, visti le doti del viziato lettone. Può (e molto probabilmente così sarà) uscire al primo turno con l’ultimo dei carneadi provenienti dalle quali. Ma può anche beccare un top 10 e stargli vicino come livello di gioco per l’intero match, se non batterlo. Può tutto e può niente. Certo, avesse un po’ più voglia di durare fatica e una testa più spesso attaccata sulle spalle sarebbe meglio per tutti (e non sarebbe numero 85 del mondo), ma questo è Gulbis, prendere o lasciare.

Igor Andreev, numero 92

Diciamolo subito. Se becca Federer al primo turno, altro che mina vagante. Come minimo (minimo) giocano 4 set. Lo svizzero lo soffre da matti, anche se poi ne viene sempre a capo. Estendendo il raggio, in ogni caso, per chiunque se lo trovi di fronte nelle prime battute del torneo non sarà facile. Certo, se è quasi fuori dai primi 100 del mondo un motivo ci sarà, ma è pur vero che, a Parigi, ha sempre ben figurato (salvo nel 2008, quando perse al secondo turno con Ginepri). Tra l’altro, non sarà la prima volta che prende parte al torneo fuori dal seeding. Nel 2007, da numero 125, raggiunse addirittura i quarti (mettendo in fila Roddick, Massu, Mathieu e Baghdatis prima di perdere da Djokovic); nel 2004 gli ottavi, sconfiggendo in tre set il numero 4 del mondo, nonché campione uscente, Juan Carlos Ferrero.

I Francesi

Par giusto dedicare uno spazio apposito, senza nomi specifici, ai giocatori francesi in generale. Di solito, che siano famosi o meno, terraioli o allergici al mattone tritato, i padroni di casa tendono ad esaltarsi (e non poco) quando si gioca il “loro” Slam. Qualche esempio di semi-sconosciuti saliti alla ribalta per il Roland Garros? Olivier Patience nel 2007, quando portò Novak Djokovic al quinto set nel terzo turno del torneo. Jeremy Chardy nel 2008, spintosi addirittura sino agli ottavi, dopo aver battuto Nalbandian al secondo turno. Il sosia di James Blake Josselin Ouanna nel 2009, arresosi in tre lottati set al futuro semifinalista Gonzalez dopo aver fatto fuori un Marat Safin ormai alla frutta. Oppure, anche se oggi è testa di serie, si può citare il caso di Michael Llodra, (che di certo terraiolo non è), che, ad ottimi risultati a Parigi abbina una buona collezione di scalpi (Berdych e Almagro). Chi scenderà in campo e troverà dall’altra parte un atleta portante i colori del tricolore francese farà bene a tenere gli occhi aperti e a scordarsi le classifiche.

 

Nicola Gennai

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