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18/05/2011 21:46 CEST - Rassegna nazionale

Becker: “Djokovic è diverso da tutti, ma il tennis resta solitudine” (Retico)

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Becker: “Djokovic è diverso da tutti, ma il tennis resta solitudine” (Alessandra Retico, La Repubblica del 18-5-2011)

Grande già da piccolo, tedesco con ironia, ariano cattolico figlio di professionisti che sposa una nera. Burbero e bambino. BB come la diva francese, la vita che fa boom boom: ecco Boris Becker. Sei titoli del Grande Slam dopo quello del 7 luglio 1985 sul centre court di Wimbledon, aveva 17 anni, il più ragazzino di sempre su quell'erba. «Niente è stato più lo stesso». La fama, lo scandalo, la solitudine. «Nessuno mi aveva preparato a stare così al centro, così solo». 49 singoli e 15 doppi vinti in carriera, 25 milioni di dollari solo in premi, tre figli da due mogli, in mezzo una bimba dall'avventura di una sera in un ristorante a Londra. Ha 44 anni, vive tra Zurigo e la city, ha delle aziende, è membro della Laureus World Sports Academy presieduta da Moses, associazione che da12005 ha anche una sede italiana (Fondazione Laureus Sport for Good Italia Onlus) che si occupa di affrontare il disagio giovanile attraverso lo sport. Ha partecipato alla Mille Miglia a Brescia con un'auto in gara, arriva con tre ore di ritardo all'intervista, camicia a scacchi blu e bianca, jeans, scarpe da ginnastica nere. Viso cotto, chili in più, è gentile ma ha fame: tortelli, mozzarella di bufala, caffè.

Nadal o Djokovic?

«Novak mi piace molto. Deve ancora fare molta esperienza, giocare, incontrare i migliori, batterli. Ad agosto sarà il numero uno».

Tutti lo salutano come la vera novità del tennis. Le assomiglia il serbo?

«È uno diverso».

Spieghi meglio.

«Gioca un tennis intelligente, rapido, sa fare la volée, ha un corpaccio, regge la fatica, inventa. Ed è simpatico».

Gli altri no?

«Rispetto molto tutti: Nadal, Federer, Murray. Sono molto forti, ma in maniera simile. Novak è uno che mischia: il gioco con la personalità».

Allora le somiglia.

«Altri tempi».

In cosa?

«In particolare, nell'evoluzione della tecnologia. Per il resto il tennis è sempre la stessa cosa: una grande solitudine».

Dei numeri primi.

«Un po' come la boxe: però il match sul ring è secco. Il tennis sono tornei, sono set, punto dopo punto. La settimana dopo si ricomincia. Non puoi contare che su te stesso, ogni partita è una storia e ogni avversario è la tua vita in quel momento».
Il momento indimenticabile?

«Molti, e il solito: il primo Wimbledon».

Nacque una stella. L'orgoglio della Germania.

«Io e Steffi Graf».

Lei ha sposato uno dei suoi più acerrimi rivali, Agassi.

«Ogni tanto ci sentiamo».

Dopo di voi, la Germania non ha prodotto molte altre stelle.

«Dopo Schumacher. Quanto a me, sono stato poco tedesco».

Per via del suo matrimonio con Barbara Feltus, lei nera, voi nudi sulle copertine, i vostri due figli.

«Se diventi famoso, la tua vita è di tutti. Devi starci, o cambiare mestiere. Io ho vissuto, vivo, sono stato fortunato. Ho anche molto sbagliato».

La sua relazione di una sera, una figlia riconosciuta solo dopo un test.

«Nessuno è perfetto. Adoro Anna, vive a Londra, così è molto semplice vederci. Sono orgoglioso di tutti i miei figli, tra le cose migliori di me».

Lei è stato un simbolo.

«Ma mi piacerebbe fare qualcosa adesso, per il dopo. Sfruttare la mia posizione per trasmettere quello che lo sport ha insegnato a me. Cambiare il mondo, è troppo? No, specie peri giovani, che hanno ormai pochi punti di riferimento nella società e nella famiglia. Fare sport è avere delle regole, disciplina, valori. Rispettare l'avversario, saper perdere, costruire un senso. Lo sport adesso più che venti anni fa è la via maestra all'educazione. Per certi versi più della politica, perché ha forti contenuti sociali. Io lo so, a me ha cambiato la vita».

Dov'era quand'è caduto il muro di Berlino?

«Ad Amburgo. Non c'è tedesco che non ricordi quel giorno. Le vie piene di gente, la 4 gioia, l'incredulità. Tutti aprivamo le porte: benvenuti nella libertà».

Com'è la Germania oggi?

«Guardi la nazionale di calcio: turchi, africani, musulmani. Dirsi tedeschi oggi significa dirsi turchi, africani, musulmani. Il nostro calcio riflette senza mistificazioni la realtà».

Le piace la signora Merkel?

«Moltissimo: le donne sanno governare e lei ha grandi doti da manager. Il paese funziona in un equilibrio intenso tra economia e rispetto della civiltà».

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