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19/05/2011 18:46 CEST - IL CONSIGLIO

"Rafa, devi cambiare tattica!"

TENNIS - A dare consigli a Nadal, alle prese con il "grattacapo" Djokovic, ci ha pensato John McEnroe, secondo cui l'errore dello spagnolo nelle recenti finali contro il serbo è stato quello di accettare troppo passivamente il gioco dell'avversario. Per l'ex numero 1 del mondo la soluzione sarebbe quindi unicamente una maggiore aggressività. Ma probabilmente il problema non è così semplice. Riccardo Nuziale

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Rafael Nadal - Foto di Monique Filippella
Rafael Nadal - Foto di Monique Filippella

Con domenica sono quattro. Sembra di rivivere il 2006, quando l’allora indiscusso numero 1 Federer non riusciva a scrollarsi di dosso il ruolo di vittima ogni qualvolta trovava in finale il carnefice Nadal. Ora però, per la legge del contrappasso, la vittima è lo spagnolo stesso, che non riesce più a battere Nole Djokovic, sempre più finto numero 2.

Una consegna di scettro (non ancora effettiva, ma molto probabile) in un certo senso più epocale di quella avvenuta nel 2008 tra Federer e Nadal, per il fatto che lo svizzero non subì il sorpasso da parte di un giocatore che lo sconfisse con le sue stesse armi: non a caso, nel presentare la sfida tra Roger e Rafa, si è sempre parlato di battaglia tra stili.

Durante la telecronaca della finale di Roma, Paolo Bertolucci ha giustamente ipotizzato come Nadal abbia sempre accettato molto di più le sconfitte con Federer, al quale riconosce la superiore qualità tecnica, che non quelle con Djokovic.

Il motivo è molto semplice: il serbo sta battendo continuamente e spodestando lo spagnolo dalla leadership mondiale con il suo medesimo gioco. Se quindi Federer tuttora può vantarsi, con tutti i limiti e le voragini di concentrazione che sempre più lo attanagliano, di avere il braccio numero 1, Nadal si sta accorgendo con crescente consapevolezza e preoccupazione di essere (almeno attualmente) il numero 2 nel tipo di tennis che ha sempre amato e gli ha portato così tanti successi: quello della prepotenza fisica, della difesa invalicabile, dei recuperi impossibili, della tenuta mentale inscalfibile.

La finale di domenica scorsa è stata in questo, più delle tre precedenti, emblematica e tragica per lo spagnolo: in un campo appesantito dalla pioggia, contro un avversario obiettivamente molto più stanco, è stato dominato, ha sempre rincorso per poi crollare inesorabilmente al momento di servire per il set/match (cosa che è finora sempre avvenuta nei quattri set disputati quest’anno sul rosso contro Djokovic, dettaglio da non sottovalutare).

Un eroe tragico, Nadal, nello spingere come un ossesso di dritto e rovescio, correndo come un forsennato, per vedersi puntualmente tornare la palla con pesantezza e velocità insostenibili persino per lui, di fronte ad un avversario apparentemente mai stanco e totalmente immune ai suoi celeberrimi “topponi” di dritto. Tanto sorpreso e disperato da urlare “vamos!” con tale frequenza e potenza da tentar di vincere almeno la guerra dei decibel.

Che il problema (dal punto di vista dello spagnolo) sia di estrema gravità l’hanno capito tutti e i consigli non sono tardati ad arrivare.

In particolare John McEnroe ha voluto dire la sua sulle difficoltà attuali di Nadal contro Djokovic, affermando che a suo avviso il problema sta nella tattica: “Rafa dovrebbe pensare di cambiare alcune idee che aveva salde fino ad un paio di scontri diretti fa. In particolare dovrebbe dare meno chance e cercare di spingere Djokovic un po’ più sulla difensiva. Sembrava volesse lasciare al serbo di comandare il gioco. Nadal viene da una delle più grandi annate dell’Era Open ed ora, tutto ad un tratto, si trova confuso e perplesso sul da farsi contro Nole. Penso sia un momento eccitante per il nostro sport”.

L’analisi di McEnroe non convince. Limitare il problema ad una mera attitudine propositiva di Nadal non ci sembra un’analisi completa, soprattutto perché implicherebbe qualità solo offensive da parte di Djokovic. Così ovviamente non è, essendo il serbo da sempre uno dei grandi difensori del circuito (insieme a Nadal e Murray).

Un problema potrebbe essere riscontrabile nella difficoltà dello spagnolo nell’aprirsi il campo e sfondare con il suo colpo, il dritto incrociato, ma la cosa non è una novità: con i grandi rovesci bimani (Djokovic appunto, Murray, Nalbandian, lo stesso Davydenko che, pur non avendo un rovescio devastante, ha sempre messo in estrema difficoltà lo spagnolo con l’anticipo chirurgico) Nadal non ha mai avuto vita facile, non hai mai fatto la differenza come negli scontri diretti con Federer.

Un altro problema è sicuramente il grande progresso di Djokovic dalla parte del dritto, ora arma micidiale quasi quanto il rovescio: prima quasi solo difensivo, ora è arma letale da tutte le parti del campo e in qualsiasi parte, sia incrociato che lungolinea. Nel confronto diretto tra i due fondamentali “minori”, il dritto di Nole e il rovescio di Rafa, vince senz’altro il primo.

Ma probabilmente ciò che sta veramente facendo la differenza è lo straordinario miglioramento d’intensità, sia fisico che mentale, da parte di Djokovic. Che potesse mettere in seria difficoltà Nadal anche sul rosso lo si è sempre saputo, le caratteristiche tecniche parlano chiaro; ma se prima il serbo riusciva ad imporre il proprio gioco per tratti circoscritti, ora riesce a spingere e correre con grandissima continuità, annullando uno dei motivi principali dei successi di Nadal, la superiorità fisica a lunga gettata.

Su una cosa siamo però d’accordo con il grande McEnroe: è un momento eccitante da seguire. A Parigi potrebbe arrivare il verdetto definitivo: dovesse subire un’altra sconfitta, per Nadal il futuro si farebbe davvero nebuloso.

Riccardo Nuziale

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