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14/07/2011 23:54 CEST - LA STORIA

Il sofferto ritorno di Oscar Hernandez

TENNIS - Lo spagnolo, sprofondato oltre la 400esima posizione mondiale dopo un'inattività di 10 mesi, prova a tornare nonostante una duplice, delicatissima operazione che sembrava aver messo fine alla sua carriera. Seppur abbia già compiuto 33 anni, il giocatore è ottimista: "Voglio provare a tornare nei top 100". Riccardo Nuziale

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Oscar Hernandez ha deciso che 33 anni (compiuti lo scorso 10 aprile), uno stop di 10 mesi (l’ultima partita l’ha giocata a settembre a Napoli, sconfitta in tre con l’idolo di casa Starace) e una classifica precipitata alla posizione attuale, numero 473, non sono sufficienti per dire addio all’agonismo.

Una carriera non particolarmente brillante, quella dello spagnolo: dieci challenger vinti in carriera, tutti rigorosamente sulla terra battuta, un titolo ATP in doppio,nel 2007 a Viña del Mar in coppia con il cileno Capdeville, un terzo turno al Roland Garros 2007 come miglior risultato Slam e la quarantottesima posizione mondiale come best ranking (raggiunta sempre nel 2007, il suo anno migliore). I suoi scalpi illustri_ Robin Soderling, battuto nel 2005 a Bastad, e Lleyton Hewitt, contro il quale ha vinto nel 2007 a Roma: lo spagnolo finirà quindi la carriera, con molta probabilità, con un head to head favorevole con lo svedese e con l’australiano, seppure di uno striminzito 1-0.

Ciò che fa notizia del ritorno di Hernandez è la modalità. Per tutto il 2010, infatti, il giocatore ha sofferto di forti dolori causati da un’ernia al disco, problema risolvibile solo attraverso un’operazione. Un’operazione, avvenuta lo scorso 24 novembre, che doveva essere di routine ma che invece si è rivelata molto più problematica del previsto, una complicazione che, a detta dei medici, colpisce solo un paziente su mille. È lo stesso giocatore a parlarne: “Dopo l’operazione mi mandarono a casa, ma dopo una settimana cominciai ad avere vertigini. Mi sentivo come ubriaco. Dopo 3-4 giorni non riuscivo a camminare senza che le vertigini peggiorassero sensibilmente. Così tornai in ospedale, dove però mi dissero di star fermo tre settimane a letto, per lasciar cicatrizzare la ferita. Mi dissero che non era un problema, che era un problema che poteva verificarsi.”

Il problema si rivelò essere invece una perdita di liquido spinale. Passato il periodo di tre settimane senza che Hernandez si sentisse meglio, i medici gli consigliarono un’ulteriore operazione. Così lo spagnolo fece, restando poi sul letto di ospedale per quasi due mesi, impossibilitato a muoversi. “Quel periodo è stato molto duro per lui.” ricorda il suo coach, Marcos Roy “All’inizio era piuttosto depresso”. Tornato a casa, per lo spagnolo l’iter di riabilitazione non era che agli inizi: “Mi dissero di cominciare a camminare un po’ al mattino e poi riposarmi. Mi sentivo un po’ come un bambino che impara a camminare. Ero magrissimo, le mie gambe debolissime e mi facevano molto male”.

Ma non era finita. Durante la prima operazione, i medici videro che Hernandez aveva un problema di spondilolistesi, ovvero di spostamento di una vertebra rispetto alla vertebra sottostante. Non il massimo per qualcuno che sta disperatamente cercando di tornare a giocare a tennis: “chiesi ai medici se potevo tornare a giocare e loro mi risposero che potevo farlo solo di domenica con gli amici! Quando specificai che volevo tornare a giocare a livello agonistico, mi dissero che sarebbe stato molto difficile, anche se non necessariamente doloroso da un punto di vista fisico.”

“Era molto giù per queste parole – dice Roy – i medici non erano ottimisti. Ma già il giorno successivo mi disse che non voleva ritirarsi così, che ci avrebbe provato fino in fondo. Penso che quest’esperienza l’abbia reso molto più forte come persona.” Un’impresa che tuttora sembra molto difficile, ma che non spaventa affatto Hernandez, giocatore che ha sempre dovuto lottare: “non sono mai stato un grande giocatore. Penso di aver guadagnato i miei primi punti ATP a 20 o 21 anni. Un po’ tardi. Non guadagnavo soldi con i risultati che ottenevo e non volevo essere un peso economico per i miei genitori. Così pensai che il tennis non faceva per me e mi misi a lavorare come cameriere. Ma durò tre mesi.”

Quando infatti conobbe Roy Marcos, a detta di Hernandez il miglior allenatore del mondo. Con lui lo spagnolo progettò un piano biennale per entrare nei top 100: ci riuscì in un anno. Ora, per il giocatore e l’allenatore di una vita, quella grande sfida è tornata: “la mia ambizione è tornare nei top 100. Magari non riuscirò a vincere neppure un match, non lo so. Non penso possa migliorare il mio tennis, ma ho un’arma importante: un sacco di esperienza. So come funziona la vita e come funziona il tennis”.

Riccardo Nuziale

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