ITALIANO ENGLISH
HOMEPAGE > > Il tennis attuale è noia e monotonia?

19/07/2011 09:31 CEST - IL COMMENTO

Il tennis attuale è noia e monotonia?

TENNIS - Sebbene il panorama attuale goda di ottima salute, è sempre più difficile trovare partite di varietà tecnico-tattica. Il tennis di oggi è stritolato dalla troppa importanza che hanno assunto negli ultimi anni le qualità fisiche, oltretutto incoraggiate dall'omologazione delle superfici. Se si esclude Federer, che però è eterno, il panorama non è troppo incoraggiante. Riccardo Nuziale

| | condividi

Approfittando della pausa tra Wimbledon e i prossimi Master 1000, in queste settimane l’attenzione verso la mia altra grande passione, quella cinematografica, si è acuita. Pochi giorni fa ho così avuto modo di visionare uno dei miei ultimi acquisti, “Lo Spaccone” di Robert Rossen, con Paul Newman, anno di grazia 1961. In assoluto uno dei film da me più amati, tanto che non esito ad acquistarlo ogni volta che una nuova edizione esce sul mercato.

Di cosa parla il film? Di Eddie “lo svelto”, giovane giocatore di biliardo (interpretato appunto da Newman) dotato di straordinario talento nel gioco ma che, proprio perché fin troppo conscio della sua bravura, manca di un’adeguata solidità mentale. Scena più celebre del film è quella in cui Eddie affronta Minnesota Fats, giocatore divenuto leggendario per il semplice fatto che non perde da 15 anni. Eddie scopre a sue spese il perché: Fats, per quanto giochi in modo egregio, non ha assolutamente il braccio di Eddie, ma in compenso ha una mentalità vincente e una resistenza fisica che il giovane campione può solo sognarsi. Succede così che dopo una prima parte (si fa per dire…venticinque ore no stop!) dominata da Eddie, in vantaggio di 18000 dollari, Fats prenda pian piano il sopravvento, finendo per stritolare (e spennare) un Eddie stremato dai fumi dell’alcool e dalla spossatezza fisica.

Rinnovo il mio consiglio nel guardare il film, se non lo conoscete, è un capolavoro senza tempo. Ma perché questa digressione cinefila? Beh, la spiegazione è molto semplice: quella partita mi ricorda tremendamente buonissima parte del tennis odierno. Con l’aggravante che quella scena mi emoziona come poche altre, mentre faccio sempre più fatica a trovare partite di tennis che mi diano autentiche emozioni. Nella maggior parte dei casi la noia regna.

A scanso di facili equivoci, voglio subito specificare che questo articolo non intende essere una malinconica apologia delle palline bianche e delle racchette di legno che sfocia nel classico “una volta era meglio, ora non ci sono veri campioni”. Niente di tutto ciò. Ogni epoca ha le proprie caratteristiche e i propri campioni e non si capisce per quale motivo questa andrebbe esclusa. I due attuali leader mondiali, Nadal e Djokovic, nella tipologia di gioco a loro congeniale rasentano la perfezione, un tripudio di potenza, velocità, resistenza, rotazioni impossibili, graniticità mentale.

Il problema che pongo è diverso: le partite attuali (e prendo quelle tra lo spagnolo e il serbo come esempio, in quanto in teoria e in pratica dovrebbero essere il massimo che il tennis abbia da offrire oggigiorno) sono davvero belle? Divertono? Si vede un gioco vario, che non rispecchi unicamente un’indiscutibile solidità da fondo campo?

Ebbene – restando alle cinque partite disputate nel 2011 tra Nadal e Djokovic – rispondo a livello personale confessando di non essere riuscito a vedere nessuna di queste cinque partite per intero; ci sono stati dei momenti in cui il mio cervello ha implorato pietà. Non per cattiveria, ma proprio per bisogno fisico. Avete presente la classica domanda denigratoria che puntualmente il detrattore del tennis pone con sorrisino beffardo, vale a dire “cosa ci provate a vedere una pallina che una volta va di qua e una volta di là”? Ecco, nelle finali disputate quest’anno dal duo serbo-spagnolo tale domanda me la ponevo io stesso, durante la visione. Spesso e volentieri ho avuto l’impressione di assistere a delle partite di Pong, il mitico videogioco “preistorico” con le due stanghette e la pallina: velocità impressionante, grandissima capacità da parte dei due di tenere un ritmo forsennato, errori tenuti al minimo. Ma emozionalità e bellezza di gioco molto prossime allo zero, secondo i miei personalissimi gusti: non una variazione, se si escludono slice scolastici e le smorzate di Djokovic, non un punto spettacolare, se si escludono scambi tirati a tutta.

Tutto questo mi preoccupa. Non è certo da Nadal e Djokovic che il tennis sta andando verso questa direzione, ma mi sembra innegabile che ora il livello abbia alzato l’asticella a livelli preoccupanti. Se giustamente quindici anni fa si pensò che l’estrema velocità di campi e palline favorissero troppo il servizio e pertanto questo andasse limitato, ora si dovrebbe fare altrettanto: la componente fisica e l’eccessiva omologazione dei campi stanno stritolando la varietà e il tocco.

Non è un caso che l’unico che in questi anni sia riuscito ad opporsi sistematicamente a questo tipo di gioco sia stato Federer: altri si sono mostrati solo sporadicamente. Per adattarsi ed emergere Murray, l’unico giocatore che potrebbe invertire questa tendenza tra i top player, è diventato da giocatore vario a muro monotono, talmente monotono che non riesce più a prendere un’iniziativa che sia una nei match che contano, finendo così poi per sfogare la propria frustrazione di natural born loser dando tre ciambelle ad un lussemburghese che non giocava una partita vera dal 64 a.C. (“ti piace vincere facile? Bomxibomxibombombom”).

Monotonia di gioco che deriva, ripeto, anche da una omologazione dei campi portata all’estremo. Si potrebbe obiettare che non solo i campi veloci sono stati rallentati oltre ogni modo, ma che anche i campi in terra sono stati velocizzati per dare maggiori chance agli attaccanti. Verissimo, e difatti sono contrario pure a quella scelta. Rivoglio la terra battuta palude, così come cemento, erba e sintetico che consentano una marea di ace, rimbalzi bassissimi, ecc. Rivoglio insomma la specializzazione: che nell’arco dell’anno si giochi sempre e solo nella stessa maniera non è pensabile, non è possibile. Palline che assomigliano sempre più a meloni, per incoraggiare la pressione da fondocampo. Ma purtroppo è così. E il guaio è che per vincere i giocatori sono “costretti” a giocare in questo modo: la semifinale di Wimbledon tra Tsonga e Djokovic è stata inequivocabile. Non è vero che il francese ha giocato meno bene che con Federer, ha semplicemente trovato qualcuno molto meno disposto a concedersi mentalmente e molto più propenso a distruggergli il gioco, anziché confrontarsi con lui sul piano costruttivo.

Tutto questo è noia, per me. Senza essere passatista, anziano devoto al legno e ai gesti bianchi o chissà che altro. E, senza passare per fanatico di Federer, dico: teniamocelo strettissimo. Perché tuttora, pur con le energie nervose che si riducono ogni giorno di più, pur nelle giornate no, pure ora che obiettivamente, risultati alla mano, non è più il più forte e mai più lo sarà, la bellezza del suo tennis, della sua gestualità, è di diverse spanne sopra a quella di chiunque altro.

In un mondo tennistico sempre più dominato da cyborg programmati per uccidere per sfinimento, non è davvero poco.

Riccardo Nuziale

comments powered by Disqus
Partnership

 

Sito segnalato da Freeonline.it - La guida alle risorse gratuite

Virtual Tour / Fanta Tennis virtual tour logo 2

Il fanta gioco di Ubitennis

Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti
Quote del giorno

"Un'atleta italiana, Francesca Schiavone, ha vinto una prova del Grande Slam, il Roland Garros. E poi le ragazze hanno conquistato la Federation Cup in casa degli Stati Uniti. Risultati di questo genere segnano la storia e i successi non sono frutto del caso, ma di strategie mirate"

Gianni Milan, vicepresidente FIT

La vittoria di Francesca Schiavone a Parigi 2010

Copertine di magazine e giornali

Ubi TV

I 10 migliori Tweener