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07/12/2011 13:13 CEST - SERIE A1

Serie A1: come migliorarla?

TENNIS - Il 16 ottobre è scattata nel disinteresse generale una manifestazione che avrebbe ottime potenzialità promozionali. Così com’è, tuttavia, è complicata e macchinosa (per gli addetti ai lavori) e inutile (per gli appassionati). In campo maschile sono giunti in finale il Castellazzo di Parma e il TC Italia di Forte Dei Marmi. Tra le donne, il personaggio non è la Schiavone ma Roberta Vinci. Le nostre proposte per renderlo migliore.

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Il circuito ATP propone ancora qualche torneo, ma è già tempo per il tradizionale appuntamento di fine stagione: il campionato di Serie A1. Pochi lo amano, molti lo bistrattano, ma non ci stancheremo mai ripeterlo: la Serie A è l’unico campionato in grado (in grado…) di portare i campioni in provincia, laddove non andrebbero mai a giocare. Ed è anche l’unico in grado (in grado…) di radunare tutti i migliori giocatori italiani, uomini e donne, in un’unica sede. Purtroppo le regole approvate dal Consiglio Federale negli ultimi anni lo hanno svilito e per certi versi umiliato, dando voce ed argomenti ai detrattori. Così com’è, il campionato di Serie A non ha alcun senso. Serve solo a offrire un po’ di visibilità ai club partecipanti, soprattutto quelli che ambiscono alla vittoria. E pensare che dopo la disastrosa edizione del 2010, la più brutta di sempre, tutti i top player italiani hanno trovato un ingaggio. L’unico a non essere inserito nelle rose delle 14 squadre partecipanti è Fabio Fognini, che però l’anno prossimo rientrerà dalla porta principale con il neopromosso Park Genova, team dalle grandi ambizioni. Tutti gli altri ci sono: Andreas Seppi giocherà per la Società Tennis Bassano, così come Paolo Lorenzi; Potito Starace, Flavio Cipolla e Simone Bolelli rappresenteranno i campioni in carica del Circolo Canottieri Aniene; Filippo Volandri vestirà i colori del Tennis Club Parioli, unico circolo presente sia nel campionato maschile che in quello femminile. I nomi, insomma, non mancherebbero (anche se la presenza degli stranieri è ridotta all’osso, a differenza dei campionati francese e tedesco, più ricchi e decisamente più interessanti).

Limitazioni incredibili
Ciò che umilia questo campionato è la formula. Ogni partita prevede 4 singolari e 2 doppi. Ciò significa che nella singola giornata devono essere schierati almeno 4 giocatori. Esattamente lo stesso numero di giocatori “tesserabili” dai vari club. Una limitazione pesantissima, che non si applica ai soli giocatori “bandiera” (quelli tesserati da almeno 8 anni per il club di appartenenza, o che hanno militato nel club per almeno due anni fino agli Under 16). Quest’anno hanno voluto fare di più: in ogni partita deve essere obbligatoriamente schierato un elemento del vivaio o una bandiera. La stragrande maggioranza dei club, tuttavia, non hanno giocatori competitivi con questi requisiti, dunque saranno costretti a schierare amatori o poco più. Lo stesso CC Aniene, in ogni match, dovrà far giocare un terza categoria. Ma vi pare serio? La motivazione ufficiale per queste regole è la “valorizzazione dei vivai”. Così facendo, sostengono in Federazione, i club sono costretti a incentivare l’attività giovanile. La risposta è ovvia, già scritta più volte: cosa c’entra la Serie A con i giovani? La Serie A, proprio per il nome che porta, dovrebbe rappresentare l’eccellenza. Invece è un campionato mozzato, senza identità né pathos. I top players sono motivati prevalentemente dalla possibilità di un ingaggio facile, nient’altro. E il rischio di pessime figure è dietro l’angolo. Pensate che l’anno scorso il TC Mestre, squadra molto competitiva nel campionato femminile, è stato costretto a schierare una bambina di 12 anni! Senza contare i match a senso unico, con squadre che rinunciavano a schierare formazioni competitive in alcune giornate per poi tenersi i migliori (pagati a gettone) solo per alcune partite.

Bassano e Castellazzo favoriti
Un altro fattore che indebolisce il campionato è la formula. Abbiamo due gironi da sette squadre: la prima va direttamente in finale, l’ultima retrocede in A2, seconda e terza giocano uno spareggio per andare in finale, quinta e sesta un play-out per non retrocedere. Complicato, poco intuitivo, perfetto per far disamorare gli appassionati, già in difficoltà a familiarizzare con nomi tipo “Polisportiva Comunale Anzio” piuttosto che “Circolo Tennis Le Rocce”. Le restrizioni per i giocatori, ad ogni modo, fanno si che il campionato sia già scritto (o quasi). Le favorite d’obbligo sono Società Tennis Bassano e Castellazzo Tennis Club, per il semplice motivo che si sono trovate in casa dei giocatori “bandiera” (Lorenzi e Lopez da una parte, Tombolini e Montenet dall’altra) e dunque potranno schierare sempre una formazione competitiva. Nel Girone 1 (quello del Bassano) può fare bene il Tennis Club Italia di Forte dei Marmi, fortunata ad avere Marrai e Trusendi. Probabile che i toscani si giochino il secondo posto con il TC Parioli (che però avrà il problema del numero 4: non è escluso di poter vedere il 41enne Stefano Pescosolido in azione), mentre il team più indicato per la retrocessione sembra essere proprio Anzio. Nel Girone B, oltre a Parma (strafavorita soprattutto se Golubev dovesse dare una buona disponibilità), lotteranno per la finale il CC Aniene (con Bolelli e Starace che dovrebbero giocare tre match a testa nella fase a gironi) e l’ATA Battisti Trento, forte dell’ingaggio di Rochus e della presenza di due bandiere di ottimo livello come Andrea Stoppini e Matteo Gotti. E’ clamoroso il caso del CT Le Rocce di Mascali (Catania): messo in ginocchio dalle nuove regole, ha rinunciato a costruire la squadra e giocherà con un solo 3.5 e tutti quarta categoria. Retrocederanno in A2, dando a Crema, Sarnico e Cagliari la certezza di potersi giocare almeno i play-out. Non è la prima volta che accade: già l’anno scorso, il TC Time Out di Firenze decise di giocare così il girone femminile (falsandolo). Incurante dei segnali, il Consiglio Federale ha addirittura inasprito le regole e acuito il problema. Tanto che il Tennis Club Viterbo, da cinque anni campione in campo femminile, ha salutato tutti e lasciato il campionato. Niente Schiavone, dunque (l’unica ragione per cui – l’anno scorso – il Palazzetto dello Sport di Rovereto si è riempito un paio d’ore in occasione delle finali), e neanche la Pennetta, ma solo Roberta Vinci (Parioli) e Sara Errani (Albinea).

Cosa fare per salvarlo?
Così com’è, questo campionato non serve a nulla. Tanto vale abolirlo, magari ripristinando gli Assoluti. Eppure basterebbe poco per rendere più attraente la Serie A. Ci limitiamo ad alcune indicazioni:
1) Rendere il campionato più semplice: quattro gironi da quattro squadre, la prima passa, l’ultima retrocede. Come gli Europei di calcio e mille altre competizioni. La gente capirebbe meglio e – forse – seguirebbe con più interesse
2) Accorciarlo: quasi due mesi di durata sono un bestialità, specie se non si hanno né i soldi né il prestigio della Bundesliga (che infatti può permettersi di giocare a luglio ed agosto, peraltro schierando i vari Seppi, Starace, Bolelli, ecc…). Si parte a metà novembre, subito dopo Bercy, e giocando il mercoledì e la domenica si chiude la Regular Season in meno di 20 giorni.
3) Ripristinare la Final Four. Nel 2008 e nel 2009, a Bra, avevano messo in piedi un evento bello, coinvolgente e interessante. Persino i più fervidi detrattori avevano dato un’occhio al campionato. C’erano quasi tutti i migliori per quattro giorni di buon tennis con le semifinali e la finale maschile più la finale femminile.  La nuova formula non attrae nessuno, tanto che a Bra si sono guardati bene di candidarsi di nuovo. Rovereto ha letteralmente “salvato” le fasi finali, che però in due giorni e in un palcoscenico con un solo campo non sanno coinvolgere né emozionare. E in cambio non hanno nemmeno avuto Italia-Slovenia di Coppa Davis, a cui erano interessati, che invece si è giocata ad Arzachena.
4) Ridurre la formula della singola partita: tre singolari e un doppio vanno benissimo, anche per preservare la qualità. Le finali, al limite, si potrebbero giocare con quattro singolari e due doppi, ma solo se si hanno a disposizione due campi (non come la finale dell’anno scorso, durata 14 ore e finita a mezzanotte, con presenti non più di 50 persone)
5) Abolire le limitazioni per i giocatori. L’ideale sarebbe consentire una rosa di 7-8 giocatori per gli ultimi e 5-6 per le donne. E stiamo stretti, almeno guardando quanto accade negli altri campionati. Però, evidentemente, a qualcuno va bene così. Non servirà a nulla, ma noi continueremo a esprimere il nostro dissenso.

Riccardo Bisti

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