14/03/2012 16:57 CEST - Foot Fault
I migliori punti della nostra vita
TENNIS - Quali momenti tennistici hanno per voi un significato particolare? Quali colpi vi hanno fatto ridere o piangere? Quali sono stati gli attimi "sliding doors" che non potrete mai dimenticare? Luigi Ansaloni
Domenica notte passata a guardare Indian Wells, come è giusto che sia. Non si può sempre andar a caccia di dee, come direbbe il caro direttore. E dunque, Cilic-Nalbandian. Ti chiedi come mai Cilic sia numero 24 del mondo e Almagro top ten: lo guardi giocare, vedi le vaccate che fa e quanto non solida sia la sua testa, e te ne fai un perché. Vedi giocare la Nalba: lo guardi giocare, ti chiedi come Johansson abbia vinto uno slam e lui no, poi noti la sua panza e le racchette rotte una dietro l’altra, e anche qui te ne fai un perché. Finita la partita, in attesa di Federer, vuoi ancora tennis. E vai su quell’infernale droga che crea dipendenza chiamata Youtube, compagno di tante ore, insonni o meno.
Punti di qua, partite di là, momenti drammatici, esaltanti, che ricordi come se fosse ieri, che non vorresti ricordare, che vorresti non passassero mai, come le sensazioni che ti avevano procurato un secondo dopo. Alla fine, sadicamente, è comparso in me Renato Zero che cantava “i migliori anni della nostra vita”. A quel punto, l’idea: per una volta, invece di parlare male o bene di qualcuno, invece di lanciare anatemi o previsioni che poi si rivelano quasi sempre errate o azzardate, l’articolo lo faranno i lettori di Ubitennis.
Scegliete i migliori punti della vostra vita. Quei colpi, quei momenti, che vi hanno reso fanatici del tennis. Attimi in cui avete pianto, riso, alzato le mani in cielo, abbracciato chi vi sta accanto, in cui avete goduto o in cui vi siete arrabbiati, che vi hanno lasciato a bocca aperta. Quei punti che potevano essere “Sliding doors”, momenti in cui se quella palla fosse andata 10 millimetri più a destra o più a sinistra, più in là o più in qua, sopra o sotto la rete. Insomma, ci siamo capiti. E’ ovvio che tutto questo sarà influenzato dal tifo, ci mancherebbe altro. Lo sport esiste di certo, la sportività un po’ meno. Ma se si ama davvero uno sport, se lo si rende ossessione di vita, è naturale, naturalissimo, quasi sacrosanto, essere tifosi. Fregarsene di tutto e di tutti e assaporare ogni attimo in compagnia del proprio idolo, che diventa anche amico pur non conoscendoti. E in tutto questo ci caschiamo anche noi giornalisti, certo.
Anche noi siamo umani, e anche noi ci lasciamo trascinare. Specie nello sport. In un mondo perfetto saremmo sempre perfettamente obiettivi e risoluti, spietati, non guarderemmo in faccia nessuno. Ma non è così. Né nello sport né in altri ambiti. Solo che i giornalisti sportivi sono sempre pesati, giudicati, seguiti, sentiti. Provate a scrivere un pezzo su quanto sia pericoloso un batterio killer creato in laboratorio (successo pochissimi giorni fa): non lo leggerà nessuno, o se lo faranno lo faranno di sfuggita e se lo dimenticheranno dopo aver superato l’attacco ipocondriaco passeggero. Provate a scrivere che Djokovic non diventerà mai il Goat, che Baghdatis non tornerà mai top 10, che Federer non è più quello di una volta, che Nadal non recupera più gli scambi come prima (già successo): la gente se ne ricorderà in eterno. Sarai bollato a vita. Inconvenienti del mestiere. Dunque, avendo già assaporato l’inconveniente, vi dico i due punti che ricordo con più emozione: il secondo match point salvato da Becker contro Rostagno all’Us Open del 1989 e la palla break salvata da Federer contro Haas al Roland Garros 2009, con lo svizzero sotto di due set a 0. Attendo vostre notizie, e se qualcuno mi dirà “ahhhh ma tu tifavi per Becker e ora tifi per Federer”…beh, pazienza.
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Luigi Ansaloni
