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21/03/2012 10:50 CEST - Rassegna nazionale

Federer esempio di perfezione come Comaneci, Coppi, Jordan e Ali (Veronesi). Federer, il Genio ci riprova (Semeraro). Kleybanova grazie all’Italia ritrova il sorriso (Zanni)

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Federer esempio di perfezione come Comaneci, Coppi, Jordan e Ali (Sandro Veronesi, Gazzetta dello Sport 21-3-2012)

L’altra notte, mentre Roger Federer strapazzava Nadal, Paolo Bertolucci ha colto in pieno la questione riguardo al campione svizzero, quando ha detto (cito a memoria) «qua bisogna stabilire se il tennis è questo, e allora noi giochiamo a un'altra cosa, o se il tennis è quello che giochiamo noi, e allora Federer a cosa sta giocando?». Il punto con Federer è proprio questo: a cosa gioca? Peccato che Carmelo Bene se ne sia andato cosi presto e non abbia potuto ammirarlo, perché forse lui sarebbe stato in grado di definire la questione con autorevolezza, collocandolo in testa ai pochissimi che eccedono il proprio sport.

Cioè esprimono più bellezza e perfezione di quanto il loro sport avesse mai concepito prima. Come quando Nadia Comaneci, il 18 luglio 1976, durante le Olimpiadi di Montreal, appena volteggiata giù dalle parallele asimmetriche, vide comparire sul display lo stranissimo voto di 1.0: era il modo goffo e inadeguato con cui la prima tecnologia digitale cercava di esprimere un concetto per il quale non era stata programmata, e cioè la perfezione assoluta. Quell'1.0, infatti, era in realtà il primo 10 mai assegnato a un ginnasta da una giuria olimpica. Nadia Comaneci aveva appena ecceduto il proprio sport.

Quanti altri hanno saputo farlo? Muhammad Ali, di sicuro. Michael Jordan. Fausto Coppi. Forse Edwin Moses. Forse Ayrton Senna. Carmelo Bene lo diceva di Marco Van Basten. Aggiungeteci pure un paio di nomi a vostro gusto, non si arriva a dieci. Be', tra questi titani Federer giganteggia da otto anni. Non è questione di vincere o perdere: che vinca o che perda Roger Federer è una tacca sopra al massimo previsto, per lui il display non è programmato. Eccede. Sorprende. Sorprende eccedendo. In una mappa di Londra più grande della stessa Londra esistono strade, e piazze, che nessun londinese ha mai visto.

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Federer, il Genio ci riprova (Stefano Semeraro, lastampa.it 21-3-2012)

Federer è tornato Federer? O è solo un’illusione di primavera? A partire dalla la bruciante sconfitta con Djokovic agli Us Open del settembre scorso il Genio ha vinto 41 partite su 44 dagli ultimi Us Open, e nel 2012 dopo il tonfo con Isner si è portato a casa 15 match consecutivi, conquistando tre tornei: Rotterdam, Dubai e, appunto, Indian Wells, il suo diciannovesimo Masters Series della carriera. Il distacco da Nadal è sceso sotto i 1000 punti, a Miami c’è una finestra possibile di sorpasso. Nel ranking mondiale Djokovic è saldamente al comando, Nadal al posto d’onore e Roger sempre terzo.

Però i numeri da record del Federer post-Melbourne danno rigore statistico a quello che si è visto sul campo: un Roger decisamente concentrato e determinato, con poche sbavature, che ha retto le botte di gioventù (e di servizio) di Raonic e di Bellucci, scoraggiato Del Potro, dominato o quasi Nadal, infine piegato anche il neo-top-ten Isner in finale. Riccioli composti, servizio dei giorni di festa, drittone che scatta come un serramanico. E negli occhi lo sguardo di chi non deve chiedere mai, se non a se stesso, ragione dei propri successi.

Insomma, dopo aver assistito al combined californiano è lecito chiedersi se Federer è uscito dal bozzolo di incertezze e passi falsi, se davvero il 2012 potrà essere l’anno del riscatto anche nei tornei dello Slam. Anche in autunno ci si era illusi, è vero, poi a Melbourne era arrivata la doccia fredda.

A Indian Wells, va detto, non si è ancora visto rivisto in campo il Djokovic granitico dello scorso anno, e neppure Nadal è sembrato al massimo. Federer ha rischiato di farsi mettere ko dal virus intestinale che ha steso mezzo tabellone e mezza California, poi è andato migliorando di partita in partita. Ha trent’anni, è vero, ma rispetto alla concorrenza paga meno gli sforzi, e se le gemelline lo lasciano dormire recupera in fretta. Il suo problema non è lasciar libero il braccio, ma far scorrere sereni i neuroni. Sicuramente è diventato più vulnerabile rispetto ai tempi d’oro, ma è anche vero che dopo un paio di annate così così – per lui, intendiamoci – la pressione su di lui è calata. Continua a patire i match in cui deve vincere, come in Davis contro Isner, ma se ritrova la pace interiore è capace ancora di giocare due o tre livelli sopra la concorrenza.

L’incognita è la distanza lunga degli Slam, dove si gioca al meglio dei cinque set, ma anche lì per Roger è questione più di superare i crampi mentali che quelli fisici. Con il Djokovic 2011 edition o un Nadal al cento per cento non è più il favorito, ma la domanda è: quando e dove rivedremo quest’anno quel Djokovic e quel Nadal? Per ora, abbiamo visto un Federer sublime. Comunque sia, una buona notizia.

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Kleybanova grazie all’Italia ritrova il sorriso (Roberto Zanni, Corriere dello Sport 21-3-2012)

«Per ora il mio sogno si è realizzato: sono qui e sono di nuovo in campo» . Alisa Kleybanova lo ha detto con la gioia dipinta in viso: «Penso che la cosa più importante - ha aggiunto - sia essere felici con un bel sorriso» . Alisa Kleybanova dopo dieci mesi è tornata a giocare ieri contro la svedese Johanna Larsson e per una volta quello che proprio non interessa è il risultato, perché la giovane russa, 22 anni, la sua grande vittoria l’ha ottenuta molto prima di esordire nell'edizione 2012 del Sony Ericsson Open di Miami.

IL DRAMMA - L’anno scorso, dopo essere arrivata fino al n.20 della classifica Wta, la Kleybanova proprio a Miami fu sconfitta al primo turno dalla Makarova: qui cominciò ad avvertire stanchezza, un po’ di febbre, brividi, sembrava un’influenza, le diedero degli antibiotici, ma Alisa continuava a non sentirsi bene e a perdere. Fino a quando, un giorno, era maggio, la terribile verità: non era una banale influenza. Le diagnosticarono un linfoma di Hodgkin al secondo stadio, una forma di cancro che attacca il sistema linfatico.

LA BATTAGLIA - E’ stato durissimo da un giorno all’altro passare dal tennis agli ospedali: «Una battaglia difficilissima all’inizio - ha spiegato - ma che ho saputo vincere seguendo tutte le indicazioni che mi davano i medici ed anche con l’ottimismo». Si è curata in Italia, la chemioterapia a Roma e Perugia, le radiazioni nel petto che le ustionavano la pelle, ma non si è mai persa d’animo, aiutata anche dal fidanzato, il pallavolista Giacomo Rigoni, che le è stato sempre vicino. A dicembre, finalmente, le hanno detto che era guarita. Un paio di mesi di allenamenti a West Palm Beach, in Florida, poi la wild card a Miami: «Non so come andrà. Adesso sono solo felice di poter giocare a tennis. Se poi riuscirò anche ad avere successo, sarà fantastico».

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