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24/03/2012 18:21 CEST - Storie di tennis

Tutti gli sprechi
della USTA

TENNIS - Da quattro anni Patrick McEnroe dirige il programma di sviluppo della USTA. Nel solo 2010, i costi hanno sfiorato i 16 milioni di dollari. Ma di futuri campioni, non c'è nemmeno l'ombra. Charles Bricker

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Sono passati quasi quattro anni esatti dal giorno in cui Patrick McEnroe è stato nominato direttore dell’Elite Player Development per la USTA, con la responsabilità di cercare i successori di Roddick e delle sorelle Williams e di riportare gli USA a dominare la scena come ai tempi d’oro di Sampras, Agassi, Courier e Chang.

Quattro anni in cui la USTA ha speso decine di milioni di dollari (15,7 solo nel 2010 e una somma presumibilmente simile nel 2011) senza produrre alcun giocatore nemmeno lontanamente immaginabile come futuro vincitore di Slam.

Forse è troppo presto per giudicare il programma? Forse il prossimo grande campione Usa è uno dei quindicenni che sta giocando in uno dei centri del programma disseminati per tutta la nazione e che in un anno o due inizierà a sfruttare il suo prodigioso talento.

O forse la USTA sta sprecando milioni di dollari per fare qualcosa che riesce meglio nelle accademie private, dove un giovane talento americano non compete solo con altri giovani talenti americani ma contro promesse internazionali più giovani, più affamate, che si impegnano di più.

Ci sono teenager validi che si allenano nei centri USTA a Boca Raton, all’US tennis Center di Flushing Meadows o nell’impianto di Carson, in California. Nessuno lo mette in dubbio. E se il programma avesse prodotto anche solo un giocatore straordinario che stesse avendo un impatto i vertici del tennis o dimostrando per lo meno di averne le potenzialità, la quantità allarmante di denaro speso non sarebbe stata un problema.

Ma non è successo e rimangono le spese incredibili. Non posso dirvi quanto il Development Program sia costato nel 2011 prima che compili il Form 990 con il dettaglio delle imposte sul reddito ma è presumibile che la cifra sia la stessa del 2010: 15,7 milioni di dollari. Lasciate che ve lo ripeta: 15,7 milioni di dollari.

Dove sono andati?
-$809.000 a Patrick McEnroe, più altri 238.000 di altri compensi;
-$387.000 al coach Jose Higueras più altri 83 mila di altri compensi;
-$273.000 all’esperto nella valutazione del talento Martin Blackman, più 191.000 di altri compensi;
-ci sono nove dipendenti che guadagnano almeno 152 mila dollari l’anno, almeno nel 2010. I costi dei coach principali, degli altri maestri di rango inferiore e del resto dello staff ammontano a 7,7 milioni di dollari solo nel 2010.

Ora non si chiama più Elite Player Development ma USTA Player Development e apparentemente è cambiata anche la mission del programma.Quando l’ex direttore per il tennis professionistico della USTA Arlen Kantarian scelse McEnroe annunciandolo durante il torneo di Key Biscayne disse: “Questo è senza dubbio un giorno importante per la USTA e per il tennis statunitense. Siamo qui per parlare di una nuova visione, di una nuova leadership, di un nuovo approccio unificato per lo sviluppo dei giocatori d’elite, con un obiettivo molto, molto specifico: creare la nuova generazione di campioni Usa”.

McEnroe aggiunse: “Per noi è arrivato il momento di passare al livello successivo e rendere il nostro sistema responsabile della creazione di grandi giocatori”. Forse quattro anni fa non era ancora tempo di rendiconti e di bilanci. Ma adesso lo è, e il pubblico e i finanziatori della USTA hanno il diritto di chiedersi. “Che stiamo avendo in cambio di 15,7 milioni di dollari in un anno?”.

Le parole di Kantarian fecero scattare un campanello, ma leggendo il Form 990 per il 2010 consegnato dalla USTA al governo federale, le cose non suonano così affascinanti. La parola “elite” per esempio non viene mai usata.

Quello che la USTA dice agli impiegati del servizio riscossione tributi è che “in obbedienza ai propositi filantropici della USTA, l’obiettivo del Player Development è permettere ai junior, ai giocatori di college e ai giovani professionisti americani di raggiungere il proprio massimo potenziale”. Tutto ciò vale 17,7 milioni di dollari l’anno?

Ci vorrebbe più pazienza di quella che ho io per ricordare la storia dei tentativi della USTA nell’ambito dello sviluppo dei giocatori. Una storia che inizia oltre dieci anni fa, quando la USTA pensò di essere una fattibile alternativa alle accademie private, come la Bollettieri IMG Academy a Bradenton.

E ogni volta che la USTA ha cambiato i piani del player development, i costi sono aumentati. Quando quest’ultima versione è iniziata, quattro anni fa, c’erano McEenroe e qualche altro coach che lavoravano fuori dalla Evert Academy a Boca Raton. Dubito che spendessero cifre esorbitanti. Ma ogni anno sono stati aggiunti nuovi coach. Poi nuovi centri, che richiedono ancor più personale.

Uno dei coach principali che sono stati assunti è l’ex top-10 Tim Mayotte, che ha lasciato dopo un anno e mezzo e lo scorso settembre ha scritto: “Ora che siamo alla fine di un altro Us Open, è triste notare che il tennis americano sta male come mai”.

Critica legittima? O un uomo che si lamenta perché lui e Higueras avevano discusso a lungo su come allenare i giovani talenti Usa? Scegliete liberamente, anche se probabilmente non conta.

Gli Usa hanno una lunga storia di grandi talenti sviluppati con coach privati e forte spinta da parte della famiglia. Come Fish, come Agassi, come Courier, come le Williams, come Sampras. La USTA non ha il diritto di affermare di averli sviluppati. Tutti loro sono stati spinti da genitori devoti e coach privati. Ma la USTA continuerà a credere di poter comprare il prossimo campione americano e non risparmierà un centesimo.
 

Charles Bricker (traduzione di Alessandro Mastroluca)

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