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03/06/2012 07:44 CEST - Rassegna Nazionale

La caduta, Schiavone terra bruciata (Martucci); La Errani puà battere la Kuznetsova (Tommasi); Cinema & Slam, vita da Djokovic "Ma non voglio essere una star" (Clerici); Seppi :"Nuovi allenamenti e l'amore di Evelyn: ecco i miei segreti" (Semeraro)

03-06-2012

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A cura di Davide Uccella


La caduta, Schiavone terra bruciata (Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport, 03-06-2012)


Così cade una regina. Incapace per tre mesi di vincere due partite di fila, Francesca Schiavone ha rialzato la testa appena una settimana fa, a Strasburgo, aggiudicandosi un torneo due anni dopo lo storico trionfo di un'italiana nello Slam, al Roland Garros 2010, e minacciando il bis della stagione scorsa quand'era tornata protagonista soltanto sulla sacra terra rossa di Francia, con una corsa miracolosa e una finale infelice. Stavolta, però, la Leonessa cade a un passo dagli ottavi, che l'avrebbero confermata fra le prime 20 del mondo e le avrebbero offerto una chance, contro bum-bum Kvitova. Peccato, sotto il solleone di Port d'Auteuil la più grande tennista italiana di sempre lotta per tre ore, ma poi cede 8-6 al terzo set, affranta. Si batte molto da sola, perché trema sulle palle importanti dove, da due anni, qui a Parigi, si esaltava: 5/22 il bilancio palle-break, addirittura 0/8 nel secondo set. Ma molto inciampa per il tiro mancino del destino, di nome Varvara Lepchenko, ennesima figlia dell'ex Urss emigrata negli Usa, dall'Uzbekistan, con la valigia di cartone e quindi affamata, disperata, cattiva. Com'era lei, Francesca, quando agognava il successo a dispetto di tutto.
 

Lucidità L'avversaria applaude: «A Madrid, sbagliava tanto, qui giocava in modo incredibile e ho capito perché ha vinto uno Slam». Ma fosse la vera «Schiavo», il primo set lo prenderebbe prima, non al nono set point e 55 minuti, accettando di fare a pallate con la potente mancina. Così dà fiducia all'avversaria: «Poteva finire in fretta, potevo anche non farcela più, ma qualcosa dal profondo ripeteva: "Non mollare, non puoi, lotta fino alla fine". Ne esalta i salvataggi: tre palle-break nel primo game, una nel terzo, quattro nel settimo. Ne carica la controffensiva del 5-3 e quindi del 6-3, dopo altri 53 minuti di bim-bum-bam senza idee. «Poteva essere 4-1 per me. E sul 3-3 0-40, si è salvata ancora. Accusava fisicamente, ma io potevo impormi un pochino di più e andarmi a prendere quei punti», si lagna la numero 14 del mondo. Che scatta 3-1 30-0, con un parziale di 14 punti a 2, s'illude e si ritrova 3-5, contro la numero 63 — assente nella Bibbia Wta perché a gennaio era 110 — che serve una prima volta per il match. S'illude ancora. Ubriacandola di candeloni e volée in controtempo fino a spingerla al doppio fallo del 5-5. Ma non si stacca. Anzi, la nostra eroina con la racchetta scivola 6-7, manca altre 4 palle-break e si arrende alle disperate battute uzbeke.
 

Positiva Per Francesca il bicchiere è mezzo pieno: «Ho avuto possibilità anche nel terzo set e senza giocare un tennis incredibile. Sto trovando le risorse per andarmi a prendere le possibilità, ma mi manca l'abitudine delle partite importanti per portare a casa il punto. E quindi sono molto molto più contenta di Roma: è questa la strada, esco positiva». Come riempire il bicchiere mezzo vuoto? «Non ho idea di come programmare la seconda fase della carriera. E' difficile, perché in Italia c'è molto poco, mettere insieme tutte le cose non è semplice, devo trovare al meglio quello che voglio, di tutto, sono molto pretenziosa, voglio sentirmi al massimo con le persone che ho vicino». Lascia già il clan di Francesco Elia a Roma? Chissà. Con la testa è a Wimbledon: «Voglio andarmi a prendere quelle sensazioni molto fini. Ho già detto al mio preparatore fisico. "Inizia a studiarti tutta la parte dell'erba, per indurire questi ... glutei, giocare bassa e spingere». Non c'è epitaffio, ma la chiosa: «In qualche modo si vince sempre quando ci si mette quello che uno ha». Che la prossima pausa, alla Celentano, non duri altri 12 mesi, cara regina.
 

Furia Nadal, che Spagna, e Sharapova inarrestabile (Luca Mariantoni, La Gazzetta dello Sport, 03-06-2012)


L'Italia prova a tinteggiare d'azzurro il Roland Garros, la Spagna invece fa le prove generali per strangolare il torneo. Il solito Rafael Nadal (foto in alto) schiaccia Eduardo Schwank, che tenta sortite a rete improponibili pur di resistere alle sventagliate del maiorchino; David Ferrer sostiene un allenamento agonistico prendendo a pallate Mikhail Youzhny che riceve in regalo 11 miseri errori gratuiti; Nicolas Almagro imita i connazionali arrivando incolume agli ottavi con una prova di forza su Leonardo Mayer; infine Marcel Granollers stoppa la terza maratona di fila di Paul-Henri Mathieu.
 

Murray fa respirare i britannici, impauriti nel vederlo soffrire con Nieminen, quanto soddisfatti dalla prova con Santiago Giraldo: «Quando mi sono svegliato sentivo di stare bene. Il lavoro del fisioterapista ha pagato».
Donne Il ruggito feroce che più impressiona la parte bassa del tabellone femminile è quello di Maria Sharapova. La siberiana cerca la laurea sul rosso triturando tutte le avversarie che si avvicinano. Questa volta è toccato alla cinese Shuai Peng muovere il pallottoliere di appena tre game.
 

Paura invece per Petra Kvitova che annulla due palle break ad inizio di terzo set prima di schiantare la russa Nina Bratchikova: «Ho avuto una stagione difficile, non so quali siano le mie aspettative per questo torneo». E il torneo entra nella seconda settimana con in gara dieci tenniste su sedici nate al di là della ex cortina di ferro.
 

La Ribalta – La Errani puà battere la Kuznetsova (Rino Tommasi, La Gazzetta dello Sport, 03-06-2012)


Allo scadere della prima settimana il tennis italiano si presenta con due superstiti tra i 12 ammessi nei due tabelloni. Era lecito, considerando che tra le prove del Grande Slam il Roland Garros è quella che ci ha dato gli unici titoli (Pietrangeli 1959 e 1960, Panatta 1976 e Schiavone 2010) e comunque le maggiori soddisfazioni, attendersi qualcosa di più ma l'attuale situazione del nostro tennis non ci consentiva sogni particolarmente ambiziosi. I miracoli della Schiavone ci hanno aiutato a compensare il ritardo del settore maschile. Il bilancio di 12 vittorie e 10 sconfitte lascia in corsa Sara Errani ed Andreas Seppi alle prese con avversari che, classifiche alla mano, sembrano proibitivi. Tuttavia credo che la Errani, l'ultima arrivata nel nostro giardino, meriti, oltre ai complimenti, anche qualche spicciolo di speranza.
 

I precedenti non sono incoraggianti perché in cinque partite contro Svetlana Kuznetsova la tennista romagnola ha subito altrettante sconfitte, raccogliendo due set. La Kuznetsova non è la più forte tra le cinque russe che figurano tra le prime 28 del mondo, ma è la più affidabile come confermano due vittorie, due finali e sette quarti raccolti nei tornei dello Slam, quindi la meno adatta per lasciare possibilità per un risultato a sorpresa. Però la Errani così minuta ed intelligente ma anche la più nuova tra le nostre a questo livello può tentare il colpo. Le concedo 40 probabilità su cento di riuscirci. Contro il primo giocatore del mondo, Novak Djokovic, le possibilità di Andreas Seppi sono ovviamente inferiori. In sette precedenti troviamo sette vittorie del serbo che ha lasciato a Seppi solo due set. Pare però che finalmente Seppi sia riuscito ad alzare la qualità del gioco e delle ambizioni. Gli auguro di riuscire a fare partita e di farla durare abbastanza.
 

Cinema & Slam, vita da Djokovic "Ma non voglio essere una star" (Gianni Clerici, La Repubblica, 03-06-2012)

Non chiamerei questa conversazione intervista, perché si è svolta alla presenza di due persone. Cercherei anche di non interrompere il dialogo di Nole Djokovic con troppe domande. Ma ecco le sue opinioni.


IL ROLAND GARROS
«Se vincessi anche il Roland Garros avrei conquistato il titolo del Grande Slam che mi è mancato l'anno scorso. So che un'impresa simile, nello stesso anno, è riuscita solo tre volte, a Don Budge nell'anteguerra, e due volte a Rod Laver. In due anni ovviamente, c'è una possibilità superiore. Per farcela a Parigi bisogna avere fiducia, e io ce l'ho, so che posseggo le qualità necessarie. Ma so anche che è difficile. E che cinque set sono lunghi. Mi sono anche immaginato come riuscirci, mi sono immaginato mentre sollevo la Coppa dei Moschettieri. Ma l'immaginazione non basta».
 

LA FORZA DI SAMPRAS
«Recentemente ho incontrato Pete Sampras, e abbiamo parlato della possibilità di restare a lungo Numero Uno. Ritengo ci voglia una forza mentale eccezionale, e lui l'ha confortata con una certa solitudine, una cosa che per me non è facile. Ma era interessante sentire come ci fosse riuscito per ben sei anni, come gestiva la tensione e i rapporti col mondo. Mi è stato utile, per provare, almeno, a pensarci».
 

I DOLORI DI NOI SERBI
«Sono molto onorato che Kusturica, il regista, abbia una buona opinione di me. Essere serbo è un aspetto importantissimo, per la mia personalità. Credo siamo, se posso paragonarmi a lui, persone che vivono molto intensamente le emozioni. E credo anche che le condividiamo con tutti i campioni che sono usciti dal mio paese, ufficialmente giovanissimo. Abbiamo sopportato anni difficilissimi, tra la guerra, l'embargo, le sanzioni e I' inflazione. Ma superare tutte queste difficoltà mi ha aiutato a capire che niente è irrealizzabile, se ci si crede. Ci son stati dei momenti in cui potevo sembrare presuntuoso, addirittura arrogante alla gente. Ma sono riuscito a confermare quello in cui credevo».
 

AIUTARE I BAMBINI
«In Serbia siamo forse diversi che altrove. Forse la lezione giunge dal nostro passato, che viviamo come qualcosa di ingiusto, immeritato. A moltissima gente è mancato l'aiuto della famiglia, sia umanamente che economicamente. Oggi, tra i miei impegni morali, c'è quello di offrire ai bambini, tramite la mia Fondazione, un aiuto simile a quello che, a me, non era mancato. Bisogna ricordare che, pur in questa crisi economica, uno stipendio medio in Serbia non supera i 250-300 euro mensili. Ma la gente ce la fa, perché è senza altre alternative. Anche per questo, quando rappresento il mio paese, mi sento più responsabile. Sono convinto che la Serbia meriti di meglio della sua immagine, che spesso pare negativa. E spero di essere d'aiuto, nel mutarla in meglio.


UN BUON SPORTMAN
«Al mio paese, non desidero essere ritenuto una star, o soltanto tale. Cerco sempre, nei miei tornei, di essere disponibile per i miei compatrioti, cerco di contagiarli con la mia energia, e con la mia immagine. Vincente, o quantomeno di un buon sportman».


BASTA IMITAZIONI
«Ho smesso le mie imitazioni in campo, specie all'Australian Open, perché non erano parte di uno spettacolo sportivo. Ora affronterò una particina in un film che uscirà in agosto, The Expendable 2, ma il mio personaggio sarà eguale a me stesso, e quindi mi chiedo se questa sia recitazione. Mi vedrete quindi con la racchetta in mano. Quanto al futuro, e al bene che dice di me Fiorello, che ammiro, è un'altra cosa. È lontano».


Intervista ad Andreas Seppi - "Nuovi allenamenti e l'amore di Evelyn: ecco i miei segreti" (Stefano Semeraro, La Stampa, 03-06-2012)


A28 anni Andreas Seppi ha vinto il suo 22 torneo in carriera, ha fatto i quarti a Roma e ora a Parigi è per la prima volta negli ottavi di uno Slam.
 

Seppi che succede?
«Sono nel momento migliore della mia carriera».
 

Qual è il segreto?
«Sono più sciolto. Merito del lavoro col mio preparatore Sirola su elasticità ed equilibrio. Ora servo meglio».


Poi c'è la fidanzata Evelyn...
«Stiamo insieme da 4 anni, da quest'inverno conviviamo a Caldaro. E bello avere vicino una persona che t'incoraggia».
 

Per anni abbiamo esaltato le tenniste italiane e tirato sui tennisti. Sta girando il vento?
«Siamo sempre stati in 6-7 fra i 100, non è facile. Ora speriamo di imitare le ragazze».
 

Nel 2006 ha battuto Nadal sul veloce. Ora incontra Djokovic sulla terra: qual è il piano?
«Proverò a giocarmela come con Wawrinka e Verdasco, lottando su ogni palla».
 

Djokovic dice che dopo la sua vittoria a Belgrado i serbi tiferanno per lei...
«Nole da quando ho vinto il "suo" torneo mi chiama "re di Belgrado", dice che in Serbia tifano per me. Non sarà così».
 

Lei ha un'immagine da altoatesino freddo e noioso...
«Chi mi conosce sa che è il contrario. Sparo tante "boiate", ma all'inizio non sai mai come reagisce la gente».
Chi sono i tennisti più divertenti del circuito? «Scelgo gli italiani: Cipolla, Starace, Volandri».
 

A Roma contro Wawrinka ha salvato sei match-point: confessi, li ha tremato.
«Partite così le aspetti una vita: quando ti ci trovi non puoi fartela sotto».
 

Le azzurre si allenano all'estero, lei è sempre rimasto in Italia. Maschi più "mammoni"?
«Per un ragazzino è bello poter rimanere con i propri amici e la famiglia. Per me è stato un vantaggio, poi ho avuto la fortuna di incontrare da giovane un coach come Massimo Sartori».
 

Dopo Panatta solo cinque italiani sono entrati fra i top-20 Atp. Lei È già numero 23, sarà il sesto?
«E sempre stato il mio primo obiettivo, l'altro è arrivare alla 2a settimana di uno Slam».
 

La Errani a Parigi è agli ottavi come lei: in che cosa vi assomigliate?
«Lottiamo fino alla fine. Ma lei è più bassa di me».


Con Sara, che è emiliano-romagnola, avete parlato del recente terremoto?
«Come tutti vediamo le notizie. Sono giorni difficili per l'Italia. Speriamo di poter regalare qualche piccola gioia a chi ci segue».
 

Lei ha vinto tornei sull'erba e sulla terra: meglio Parigi o Wimbledon?
«Wimbledon. Parigi per me è sempre stato un torneo strano, anche se adesso è quello dove ho il risultato migliore».


Al Roland Garros, da milanista, ha chiesto a Galliani di non cedere Ibra?
«Se era qui è un brutto segno! Vendere Ibra sarebbe preoccupante».
 

Il calcio non sta attraversando un bel momento...
«No, purtroppo. Chissà che agli Europei non serva da motivazione extra alla Nazionale. Noi italiani diamo il meglio nelle difficoltà, ma la vedo dura».
 

Monti sostiene che bisognerebbe chiudere il calcio per due anni. D'accordo?
«Sarebbe eccessivo. Però credo che bisognerebbe vigilare di più».
 

Francesca d’Inghilterra, cade a Parigi ma pensa già a Wimbledon (Daniele Azzolini, Tuttosport, 03-06-2012)

Una sconfitta è un nuovo inizio, dice lei, Francesca, alla francese, puntuta e forse infelice, ma lucida nel ribaltare una conferenza stampa nella quale si annidavano domande pericolose. La giovinezza che se ne va, un'epoca che finisce, sapete, la solita fanfara che segue le sconfitte inattese. «Non ho perso e basta - argomenta furbetta Francesca, limando il contropiede che sta per lanciare - ho perso gettando al vento le occasioni per vincere. Dunque è una di quelle sconfitte che fa meno male. Ne esco in qualche modo rinfrancata. Ho perso qui, vincerò altrove. Ho già chiesto al mio preparatore di studiare un bel programma per Wimbledon, voglio fare tutto quello che serve per provare a vincere lì». Capito, dov'è andata a parare l'ex leonessa dalla pelliccia oggi un po' strinata? Lascia il suo Roland Garros, quello della vittoria di due anni fa e della finale dell'anno scorso, ma in cambio ci fa scorrere davanti agli occhi lo spot di una nuova possibile conquista. Ci riuscirà mai? Ecco la nuova domanda. Quelle preparate per il capitombolo sono già invecchiate, già in archivio. Francesca ha capito perfettamente l'arte della comunicazione.


UZBEKA Avrebbe dovuto ribaltare il match con Varvara Lepchenko, invece. Con noi giornalisti è troppo facile, siamo meno forti della statunitense. Ma quella, che non è russa, bensì americana, seppure uzbeka di nascita, è una che tira troppo forte. Mancina, per giunta, a ribadire come quei pallettoni arroventati ti vengano dall'altra parte, così, giusto per creare maggiore sconcerto. Il problema è antico, invece, e non ha grandi soluzioni. Francesca sa perfettamente come mandare in caciara un match (cfr, Pa-natta Adriano, interviste varie), come titillare le corde del gioco avversario fino ad aggrovigliarle in un laocoontico insieme, ma per farlo le occorre entrare nel gioco, scambiare a lungo, imporre il ritmo. Ma se una già dal primo colpo le spara addosso un armadio, seguito da un tavolino infine da un termosifone (da leggere, una palla pesante come un armadio, come un tavolino, eccetera), dite voi come possa riuscirvi. Si tratta allora di aspettare l'altrui errore, cosa che dal quarto scambio - quando nemmeno il termosifone ha fatto centro - solitamente capita.
 

ERRORI E Varvara di errori ne ha fatti parecchi, a tutti gli effetti, ma non quanti ne abbia combinati Francesca, che avrebbe dovuto chiudere di gran carriera il secondo set e la partita (otto, e ripetiamo, otto, le palle break fallite), oppure governare con destrezza il vantaggio di 3-1 nel terzo, o ancora, sul 6-5, dopo aver recuperato da 35, farsi trascinare alla vittoria dal vento favorevole. Non c'è riuscita. Lei ne trae comunque buoni auspici? Be', noi un po' meno.


RAGAZZINA Varvara è una di quelle tenniste che prima non c'erano, e poi d'improvviso ci sono, e vincono. Non è nemmeno una ragazzina, con i suoi 26 anni: il lungo apprendistato nei circuiti minori l'aveva fatta perdere di vista. Succede così, nel tennis femminile: si diventa forti in un batter di ciglia, come se una qualche divinità, lassù, nell'Olimpo tennistico, avesse deciso di sparigliare le umanissime carte sul tavolo, infondendo doti sovrumane a una qualsiasi, scelta a caso. Varvara Lepchenko, per l'appunto. Due fondamentali buonissimi, che nessuna prima di questo 2012 conosceva. E insieme, una particolare testardaggine nel prendersi cura proprio della Schiavo-ne. L'ha battuta a Madrid, l'ha ribattuta a Parigi e le ha combinato un disastro. Da lunedì 11 giugno, quando il Roland Garros avrà chiuso i battenti, Francesca non sarà più la prima. Retrocederà di una decina di posizioni, collocandosi fra la 21ma e la 24ma poltrona. Un balzo indietro di tre anni. «Fa niente, il mio domani è cominciato, so come cercarlo e dove. Non in Italia, che ha meno». Frase sibillina, spiegazione ancor più contorta e dal vago sapore antifederale. Ma fa niente. Il primato se lo contenderanno Errani e Pennetta. Meglio, se Sara batterà oggi la russa Kuznetsova, non ci saranno dubbi su chi si porrà in testa al gruppo delle azzurre.
 

FRONTI Sara vale doppio, oggi. E in gara su due fronti, e ci dà dentro. Sostiene l'amica Roberta (Vinci), la trascina. Sono nei quarti, le due, così come Starace e Bracciali, nell'altro tabellone. Ma Sara e Roberta già valgono il numero 8 della classifica di doppio, sono state finaliste in Australia e hanno vinto Miami. Madrid e Roma. E anche questa una bella favola. nata dall'amicizia e dal comune sentire. Su tutto c'è la voglia di un podio olimpico, e di questo passo non si vede perché non debba arrivare.
 

CENTRALE Il Centrale oggi si dedicherà agli azzurri. Alle 11 Sara, poi Seppi, contro Djokovic. Peccato non vi siano cosi tanti italiani a Parigi. Sui boulevard molto si parla inglese, nello slang statunitense. Noi abbiamo la crisi. Ma se chiedete a Sara e Andreas, loro sono pronti a dirvi di no. Loro, che a testa dura hanno imparato ad andare fino in fondo, e rimontano, e si sbattono, sono la nostra ricetta anti crisi. Meditate gente. Anzi, meditiamo.
 

A Parigi maratona fatale alla Schiavone, la corsa è già finita (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 03-06-2012)

«Si va a casa...» esala Francesca Schiavone con la smorfia severa e la voce scartavetrata delle sconfitte che bruciano, questa nei sedicesimi di Parigi, il torneo che negli ultimi due anni le è appartenuto, «fa male, fa rosicare, però fa anche capire che sono tornata ad alto livello, è mancata l'occasione da cogliere, l'abitudine a un certo tennis, ma esco dal Roland Garros positiva, non male come a Roma: ho appena chiesto al mio preparatore di stilare un programma mirato per Wimbledon». A spegnere il sogno è bastata una Varvara Lepchenko qualsiasi, numero 63 del mondo, uzbeka taroccata made in Usa dopo aver chiesto asilo politico, ma questa volta non è questione di avversaria, terra infida, luna storta o congiuntura sfavorevole, Francesca non è più Francesca e l'epilogo la coglie (ci coglie) preparati, perché la vittoria a Strasburgo in un torneo disertato dalle migliori poteva arginare la falla di carattere, cattiveria, vigore fisico, ma non chiuderla. Nel 2010 abbiamo assistito all'impresa: Schiavone regina del Roland Garros. Nel 2011 siamo stati testimoni del quasi miracolo (confermarsi è sempre più complicato), se la Li Na non ci avesse messo la racchetta e la terrificante forza propulsiva di un continente, la Cina, capace di colonizzare anche il rosso. Le vie di Francesca Schiavone, però, non sono infinite, le magie in tempo di crisi scarseggiano, l'età incalza, e allora una battaglia di tre ore e due minuti che fino a dodici mesi fa avrebbe vinto di cuore e di testa, diventa il personalissimo Tourmalet di un'atleta a cui non abbiamo nulla da rimproverare perché tutto ha una fine, soprattutto le favole. 3-6 6-3 8-6. Un primo set lanciato per l'azzurra, con i primi due set point sul 5-2 (ne serviranno altri sette, due sprecati con due doppi falli, prima di chiudere 6-3 al termine di un game lunghissimo: 18 punti giocati). Schiavone in partita nel secondo fino al 3-3, con 9 palle break sciupate nei tre turni di servizio della Lepchenko, che si prende il set a morsi, quando Francesca diminuisce l'intensità del gioco. Il terzo è in rimonta: quattro palle break nel l4esimo game prima di cedere: «Questo vuol dire che le possibilità me le sono create, mi manca ancora l'abitudine a prendermele, ho bisogno di altri match ad alto livello. Però nelle ultime due settimane ho giocato decisamente meglio, sono tornata ad esprimere un buon tennis» ci consola la Franci senza consolare se stessa, perché quando sul volto le rimane l'espressione amara di chi ha bevuto un caffè senza zucchero, significa che sotto le parole sedimenta la delusione. La assolve il c.t. Barazzutti («Le ho detto brava, perché ha giocato un grande match, ha lottato, ha fatto tutto quello che doveva fare, si è comportata come una grandissima campionessa, infatti è uscita accompagnata da tanti applausi...»), che le vuole troppo bene per stigmatizzare i lunghi mesi di apatia durante un inverno buissimo e la rincorsa troppo corta verso Parigi, oh cara. Rimangono Andreas Seppi (contro muro Djokovic) e Sara Emani (con la Kuznetsova). Sarebbe bello, stasera, nel cielo, poter vedere uno spicchio d'azzurro.
 

Battaglia di tre ore, la Schiavone va fuori (Alberto Giorni, Il Giorno Sport, 03-06-2012)

UN VERO peccato. Francesca Schiavone ha lottato tre ore sotto il sole cocente al terzo turno del Roland Garros, ma non farà compagnia negli ottavi a Sara Errani e Andreas Seppi. Sul campo n l, la milanese ha ceduto 3-6 6-3 8-6 a Varvara Lepchenko, uzbeka di nascita e americana di passaporto, che l'aveva superata anche di recente a Madrid. Tanti rimpianti per la milanese, che non ha sfruttato 8 palle break nel secondo set e nel terzo era avanti 3-1. Al termine del match è stato bello vedere il pubblico francese spellarsi le mani per "Francescà", che mentre lasciava il campo ha risposto salutando con il pollice alzato, prima di infilarsi nel tunnel. Dopo il trionfo parigino del 2010 e la finale persa l'anno scorso con Na Li, è destinata a uscire dalle prime 20 in classifica.
 

In conferenza stampa la Leonessa è apparsa visibilmente delusa, ma con grande voglia di ripartire: «Non ho giocato in modo eccellente — ha ammesso —, ma ho avuto tante occasioni e purtroppo non sono riuscita a concretizzarle. Negli ultimi tempi mi manca l'abitudine a disputare partite importanti. Comunque sono sulla strada giusta, non esco a testa bassa come a Roma. Ora mi preparerò per Wimbledon: ho subito detto al mio preparatore atletico di stilare un programma per i tornei sull'erba». Intanto avanzano Sharapova e Kvitova, mentre tra gli uomini nessun problema per Murray. Oggi il Centrale sarà il campo degli italiani: a partire dalle 11, sono di scena negli ottavi prima la Errani con la russa Kuznetsova e poi Seppi, chiamato a una missione quasi impossibile con il n 1 Djokovic (diretta tv su Eurosport e Rai Sport 1).
 

Francesca adieu, è stata un’illusione (Marco De Martino, Il Messaggero, 03-06-2012)

L'italienne che voleva riprendersi il Roland Garros torna a casa. Nel fiume di una lotta infinita durata tre ore e tre set, Francesca Schiavone fa i conti con i percorsi del cuore e alla fine cede 3-6 6-3 8-6 alla mancina uzbeka con passaporto Usa Varvara Lepchenko, numero 63 del mondo, alla fine persino incredula davanti a un simile cadeau. Fine del sogno, basta così, terzo turno e addio, altro che vittoria come il 2010 e finale come nel 2011. Ecco invece una partita buttata nel fosso, prima dominata, poi tormentata e alla fine regalata perché non puoi vincere se spari sui teloni la bellezza di 21 palle-break. «Tutto sommato ho giocato bene, potevo anche vincere ma non ho rimpianti» dice lei alla f me sapendo benissimo di dire una bugia prima a se stessa e poi agli altri. Un peccato mortale. Francesca ha dominato il primo set salendo subito 5-2 ma poi chiudendo solo 6-3 al nono set-point dopo aver sprecato nervi ed energie. Ha avuto il match in pugno anche nel secondo set fino al 3-3, quando ha sprecato 9 palle-break e ha finito per perdere 6-3. Infine nel terzo giocato sulle montagne russe ha comandato 3-1, è andata sotto 3-5, ha rimontato ed è saltata 6-5, infine è tornata sott'acqua 6-7 e alla fine ha buttato via la partita perdendo da 0-40 l'ultimo game in cui ha avuto quattro occasioni per riapparigliare iconti. Poi, siccome alla fine si stufa anche il destino, miss Lepchenko ha chiuso l'incontro al primo match-point con un curioso rovescio incrociato al volo. Adieu, peccato, è stato bello.
 

«Esco positiva, non torno a casa con lo stesso stato d'animo di Roma. Nel terzo set potevo scappare 4-1 invece sono andata 3-2, ma ho giocato una signora partita e ora voglio andare a prendermi Wimbledon». Balle, ovviamente, perché questa per Frà sarà una partita, come dire, indimenticabile, nel senso che resterà conficcata nel tempo e le regalerà lunghe notti insonni. Rispetto alla wonder-woman di uno e due anni fa, del resto, Francesca era proprio un'altra tennista con meno variazioni di gioco, meno potenza, un servizio meno cattivo, i muscoli impastati. Senza riuscire a spostare la rivale con i suoi celebri cross stretti, e soprattutto senza la spietata lucidità di annettersi i punti importanti.
 

La sconfitta peserà. Perché alla fine di questo Roland Garros Francesca perderà la montagna di 1.400 punti Wta conquistati con la finale dell'anno scorso e uscirà per la prima volta da tre anni a questa parte dalle prime 25 del mondo. Il crollo farà il rumore di una valanga per una che è stata numero 4, che oggi è 14 e che finirà invece a 29, addirittura numero 4 d'Italia dopo Pennetta, Errani e Vinci. La Schiavone dice anche che adesso andrà a prendersi Wimbledon, ma a 32 anni bisognerà vedere anche con quali motivazioni riuscirà a ricostruire il suo gioco dispendioso fisicamente e mentalmente. Il crocevia del sunset boulevard è davanti, nessuno potrà mai toglierle quello che ha ballato, ma adesso la rimonta alla top-ten appare ardua.
 

Oggi in campo gli ultimi due italiani sopravvissuti, Andrei Seppi che affronta il numero 1 del mondo Djokovic (precedenti nerissimi, 0-7) e Sara Errani che avrà di fronte la russa Svetlana Kuznetsova (0-5 anche qui). Si sognano i quarti, comunque per ogni evenienza meglio portarsi dietro il casco.
 

La Schiavone abdica a Parigi (Daniele Palizzotto, Il Tempo, 03-06-2012)

Stavolta è finita davvero. SLavolta la regina Francesca Schiavone, la miglior tennista italiana della storia, la prima e unica azzurra sul trono di uno Slam, la protagonista assoluta degli ultimi due anni al Roland Garros con una vittoria e una finale raggiunta, saluta con grande anticipo l'amata terra battuta parigina, sconfitta 3-6 6-3 8-6 sull'anonimo campo numero uno dall'altrettanto anonima Varvara Lepchenko.


Più che una semplice sconfitta, però, quella subita dalla Schiavone sembra una definitiva resa delle armi. Perché arriva dopo una battaglia durata tre ore, pane quotidiano per i denti dell'instancabile eroina azzurra ma stavolta fatale capolinea dei sogni tricolori. E perché è un passo falso sorprendente forse solo per il pubblico francese accorso ad ammirare «Francesca», ma certo non per chi ha seguito le gesta della milanese negli ultimi dodici mesi: una sola vittoria contro una top ten (Stosur a Sydney), un bilancio deprimente (24 vittorie e 23 sconfitte) e l'effimero trionfo ottenuto la scorsa settimana a Strasburgo, dove l'avversaria più forte era la modesta romena Cadantu.
Peccato solo finire così. Peccato uscire di scena al terzo turno contro un'avversaria alla portata, in buona forma visto il best ranking appena toccato al numero 59 (oggi è 63) e quasi sicura del prossimo ingresso nelle top 50, ma per nulla irresistibile. Nata in Uzbekistan ma ormai da cinque anni in campo per gli Stati Uniti, paese dove risiede dal 2001, mai prima d'ora la 26enne Lepchenko aveva raggiunto il terzo turno Slam, dato certo non casuale.


Il recente match giocato sulla terra blu di Madrid e malamente perso dalla Schiavone contro la mancina americana non può spiegare la nuova sconfitta. Troppo superiore tecnicamente e fisicamente l'azzurra, troppo tranquilla fino al 6-3 3-3, punteggio peraltro poco veritiero visto le numerose occasioni sprecate da Francesca: nove set point per chiudere il primo set, quattro palle break sprecate nella prima parte del secondo.
 

Poi, però, il match cambia all'improvviso: la Schiavone dissipa altre quattro opportunità per strappare il servizio all' avversaria (tre consecutive), subisce un parziale devastante di 14 punti a 3 e si ritrova quasi incredula al terzo set.
La sosta strategica negli spogliatoi sembra aiutare l'azzurra, che sale 3-130-0, ma poi si addormenta di nuovo e si ritrova sotto 3-5 in un lampo. «All' inizio ho giocato bene - ha spiegato la milanese - ed ero sulla buona strada. Poi però non ho afferrato le occasioni avute». Un'analisi attenta e senz'altro corretta.
 

Tradita dal gioco spumeggiante mostrato a Parigi negli ultimi due anni, la Schiavone non ha però perso la voglia di lottare, si aggrappa alla partita, torna in corsa sul 5-5 e vola addirittura 6-5. I miracoli, però, non sono eterni: e allora - dopo mille fantastiche maratone vincenti, dopo l'eroico 16-14 rifilato alla Kuznetsova all'Australian Open 2011 e la pazzesca rimonta contro Pavlyuchenkova all'ultimo Roland Garros - per una volta la regina abdica.


«Sono comunque positiva – ha spiegato la Schiavone, destinata a scivolare a ridosso del 30 posto in classifica-e ho già chiesto al mio preparatore una tabella di allenamenti mirati per Wimbledon. Da questo Roland Garros esco con una nuova consapevolezza: quando si mette tutto ciò che si ha, come ho fatto io ancora una volta, si vince sempre». L'Italia ringrazia e saluta Francesca: questa mattina sullo Chatrier (ore 11, diretta Eurosport) gli eroi azzurri saranno Sara Errani (contro Kuznetsova) eAndreas Seppi, chiamato all'impresa impossibile contro Nole Djokovic.
 

Questa terra è la sua terra – Quinzi, il tennis di domani (Gaia Piccardi, Il Corriere della Sera, 03-06-2012)


Sul Tgv che da Milano, Porta Garibaldi, l'ha portato a Parigi, Gare de Lyon, Gianluigi Quinzi ha caricato i suoi 16 anni zuppi di promesse, e una valigia piena di sogni. L'insostenibile leggerezza dell'essere un predestinato del tennis è l'imboscata nella quale il ragazzo a 16 anni già cittadino del mondo, non deve cadere, ma il trionfo al Trofeo Bonfiglio, domenica scorsa al Tc Milano sull'uzbeko Ismailov in tre set, è stato un viatico per la Ville Lumière troppo ghiotto per non approfittarne.


Si chiama Gianluigi Quinzi, e dicono che sia nato per stupire. Classe 1996, ha fretta da quando è venuto al mondo. A 11 anni era l'Under 12 più forte, a 13 anni era quinto tra gli Under 14, nel novembre 2010 ha debuttato in Messico nel tennis Open: Rafael Nadal, il suo idolo supremo, guarda caso mancino come lui («Ma Rafa lo è solo nel tennis, io in tutti i gesti della vita quotidiana» sottolinea) aveva esordito due mesi prima. I paragoni lo inseguono da quando lo storico maestro del circolo di Porto San Giorgio prese da parte papà Luca e mamma Carlotta dopo una lezione della Sat (scuola avviamento tennis): «Vostro figlio è un fenomeno: vede la palla prima. Portatelo negli Usa». E così, un ragazzetto alto un palmo e zazzeruto decollò per Bradenton, Florida, e la Bollettieri Tennis Academy, la fabbrica dei talenti che ha in Andre Agassi e Maria Sharapova i suoi prodotti più scintillanti, per imparare la nobile arte della racchetta e lo sporco mestiere di vincere (Bollettieri  credette talmente in Quinzi da assegnargli una borsa di studio).
 

Mai il tennis italiano aveva atteso un talento con le attenzioni che l'ambiente dedica da sempre a Gianluigi, finora ben protetto dall'ala di Luca Quinzi (ex tennista in serie C2, ingegnere) e dall'amore di Carlotta, ma il successo nel torneo internazionale Under 18 più famoso, il Bonfiglio, con due anni di anticipo, ha acceso i riflettori sull'enfant du pays che da domani va in cerca di gloria sulla terra rossa del Roland Garros, dov'è, meritatamente, testa di serie numero 2 del tabellone junior. Insieme al suo coach, l'argentino Eduardo Medica, Gianluigi è arrivato a Parigi per tempo. «Stiamo lavorando molto, la strada è ancora lunga» dice con la modestia che i genitori gli hanno trasmesso. Giovedì si è allenato con Andreas Seppi, che nel ranking mondiale lo precede di 1008 posizioni, il numero 25 del mondo (e uno d'Italia) che fa da chioccia al numero 1033. Una bella storia dentro una favola che già annuncia un lieto fine. A trarne beneficio, aspettando l'esordio di Quinzi sulla terra parigina, intanto è stato Seppi, che nel torneo senior ha battuto un mancino, Verdasco, anche grazie alle rotazioni mancine dei palleggi con Gianluigi.


«Il Bonfiglio è andato benissimo, poi l'ho vinto con due anni di anticipo visto che gli altri ne avevano tutti 18. Sono in un momento di grande fiducia, ora vediamo quello che accadrà qui al Roland Garros. A Milano ho saputo gestire bene le pressioni, a Parigi sono il secondo favorito del tabellone però io gioco tranquillo e gli altri mi devono battere perché io di certo non mollo». Si è tagliato i capelli come Nadal non farebbe mai, e gli ha stretto la mano dietro le quinte del campionato mondiale sulla terra rossa. «Incredibilmente, non so come, mi ha riconosciuto...». Che la leggenda di Quinzi, allora, cominci.
 

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