31/07/2012 10:22 CEST - Olimpiadi

Politica e Giochi (parte 2)

TENNIS - I boicottaggi olimpici di Mosca e Los Angeles. Ted Turner, fondatore della CNN, e i Giochi di buona volontà. Le due Coree sotto un'unica bandiera a Sydney. Daniele Vallotto

| | condividi
Boicottaggio Olimpiadi
Boicottaggio Olimpiadi

Nonostante mancassero pochi anni al crollo dell’Unione Sovietica e conseguentemente alla fine della Guerra Fredda i Giochi Olimpici degli anni ’80 furono testimoni dell’ancora accesissima rivalità che sconvolse il mondo a partire dal 1946. Coerentemente con quanto accaduto fino ad allora, non fu una rivalità espressasi sul campo ma giocata a distanza. Anche le Olimpiadi divennero teatro del perenne rincorrersi tra le due potenze. E così le edizioni del 1980 e del 1984 furono ospitate prima da Mosca e poi da Los Angeles. Ma in entrambe le occasioni i due giganti non si affrontarono.

Mosca 1980: Oh Sport, you are a World!

Nel 1980 gli Stati Uniti disertarono clamorosamente la manifestazione a cinque cerchi per la prima e (finora) unica volta nella storia. Furono in molti a seguire l’esempio statunitense: la Repubblica Federale Tedesca, la Cina, il Giappone e molti altri per un totale di ben 62 defezioni. Alcuni di essi parteciparono ad una “contro-olimpiade” che si tenne a Philadelphia. Altri 14 Stati (tra cui l’Italia) andarono a Mosca ma esibendo la bandiera del comitato olimpico, non quella nazionale. La protesta riguardava l’invasione sovietica dell’Afghanistan di pochi mesi prima, un’ingerenza che non venne tollerata dagli americani che aiutarono negli anni successivi i mujaheddin a combattere l’invasore russo. Fu una delle edizioni più povere in termini di partecipazione dato che solo 80 Nazioni furono presenti: per fare un confronto con i nostri giorni a Londra ci saranno 204 bandiere diverse. Ma i russi non parvero accorgersi delle assenze: ironicamente il nome del film dedicato all’evento, la cui regia fu affidata a Yuri Ozerov, fu O Sport, Ty - Mir! (Oh Sport, you are a world).

La figura simbolo di quelle Olimpiadi fu un polacco, Władysław Kozakiewicz. Medaglia d’oro nel salto con l’asta, festeggiò la vittoria con un gesto dell’ombrello rivolto al pubblico che fece infuriare i sovietici. Ma la reazione di Kozakiewicz fu dettata più dall’irritazione per il comportamento del pubblico (che tifava per l’idolo di casa Volkov), deciso ad infastidire in ogni modo il rivale, che a precise ragioni politiche. Kozakiewicz riuscì ad astrarsi dal baccano infernale che il tifo gli aveva riservato e mise a segno la misura record di 5 metri e 78 centimetri che gli valse il metallo più prezioso. Il suo gesto fece il giro del mondo e ancora oggi il gesto dell’ombrello viene chiamato “gesto Kozakiewicz” in Polonia. Il suo autore divenne l’emblema dell’esasperazione che il controllo sovietico aveva causato nella popolazione polacca, sempre più desiderosa di arrivare ad una democratizzazione del Paese.

Le Olimpiadi di quell’anno furono naturalmente monopolizzate dal blocco sovietico: l’URSS vinse 80 medaglie, la Germania Est 47 e agli altri rimasero le briciole. Anche la cerimonia di chiusura, tradizionale passaggio di consegne da un organizzatore all’altro, fu caratterizzata dall’ennesimo dispetto: al Luzhniki Stadium sventolò infatti la bandiera della città di Los Angeles, non le stelle e strisce americane.

Los Angeles 1984: pan per focaccia

Quattro anni dopo la storia si ripete. L’8 maggio 1984 Mosca annunciò che non avrebbe inviato i suoi atleti e così fecero altri 14 Stati appartenenti alla sfera d’influenza russa. La motivazione ufficiale era la sicurezza: l’URSS temeva infatti che lo spirito anti-sovietico affermatosi negli Stati Uniti potesse tramutarsi in una minaccia concreta. Perciò, sul modello di quanto successo quattro anni prima, anche i sovietici organizzarono una contro-manifestazione, i Friendship Games. Nonostante gli sforzi di Juan Antonio Saramach, presidente del CIO, solo la Romania accettò di presentarsi a Los Angeles e gli Stati che avevano optato per il boicottaggio utilizzarono il meeting organizzato da Saramach per organizzare la loro contro-olimpiade. La rinuncia dell’URSS arrivò dopo una serie di accuse rivolte agli statunitensi di violare lo spirito olimpico. Nonostante gli sforzi di Saramach e le rassicurazioni della Casa Bianca ogni tentativo di distensione risultò vano e così i Giochi del 1984, pur con una presenza molto più folta rispetto all’olimpiade moscovita, non poterono vedere all’opera atleti di valore assoluto come Sergey Bubka e il nuotatore Vladimir Salnikov, che quattro anni più tardi stupirà il mondo vincendo una medaglia d’oro nei 1500 stile libero all’età di 28 anni. Come a Mosca anche a Los Angeles furono i padroni di casa a vincere il maggior numero di medaglie: gli americani conquistarono 83 medaglie d’oro facendo quattro volte meglio dei secondi classificati, la Romania, vincitrice di 20 ori.

Gorbačëv e Turner: glasnost e goodwill

Le controversie politiche si stavano però ormai appianando e l’avvento al Cremlino di Michail Gorbačëv porterà i due Stati a cercare un compromesso che culminerà nella firma del trattato che eliminava le armi nucleari a raggio intermedio in Europa. Nel 1986 la fine delle ostilità venne sancita anche a livello sportivo perché Ted Turner, imprenditore statunitense impegnato a diffondere i principi di sportività e lealtà, si inventò una manifestazione che cercasse di restituire al mondo lo spirito olimpico: i Goodwill Games o Giochi di Buona Volontà, cui presero parte ben 79 Nazioni e che richiamò gli atleti più importanti del pianeta. I Goodwill Games si tennero a Mosca e vennero dominati interamente dal Paese ospitante, vincitore di ben 118 medaglie d’oro, quasi il triplo di quelle conquistate dai rivali statunitensi. Ma il vero vincitore fu Turner, capace di creare un evento mediatico senza precedenti che fece le fortune delle televisioni. E pazienza se anche quei giochi furono funestati da reciproci sospetti e accuse. La buona volontà c’era tutta.

Sydney 2000: sotto un’unica bandiera

L’edizione numero 27 delle Olimpiadi si tenne in Australia, a Sydney. L’eredità della manifestazione precedente era pesante come una bomba: quella scoppiata nel villaggio olimpico di Atlanta che nel 1996 provocò due morti e 110 feriti. Ma l’olimpiade di Sydney si distinse da quella precedente e rinnovò con forza il messaggio olimpico. Il gesto simbolo di questo rinnovamento arrivò da una delle zone più conflittuali del mondo: la penisola coreana. Le due Coree, che negli anni ’50 furono protagoniste di una guerra che non era limitata (ideologicamente parlando) alla sola penisola, decisero infatti di sfilare assieme nella cerimonia inaugurale. E non solo. Nessuna delle due Nazioni portò la propria bandiera ed entrambe scelsero due rappresentanti che portasse una bandiera bianca su cui era disegnata la penisola coreana. I due prescelti furono Pak Jung Chul, allenatore di judo nordcoreano e Chung Eun-Sun, giocatrice di basket sudcoreana. Proprio a giugno di quell’anno i leader dei due Paesi avevano concordato di cercare la via della conciliazione. Tuttavia gli anni a seguire dimostreranno come questa conciliazione sia ancora distante. L’incidente avvenuto giovedì a Glasgow è emblematico: la nazionale di calcio femminile nordcoreana si è infatti rifiutata di scendere in campo per un’ora perché il tabellone mostrava la bandiera della Corea del Sud, causando una forte indignazione nella comitiva olimpica che ha costretto il Comitato Organizzatore a scusarsi per la gaffe. Segno che l’armonia tra i due Stati è molto difficile da raggiungere e di certo non basterà sfilare sotto un’unica bandiera.

Daniele Vallotto

comments powered by Disqus
QS Sport

Si scaldano le trattative di mercato: Milan e Juventus attivissime, la Roma blinda Florenzi; Thohir dice no all'Atletico Madrid per Icardi e Handanovic. Maxi Lopez è del Chievo, Trezeguet torna al River Plate

Ultimi commenti
Blog: Servizi vincenti