23/08/2012 18:22 CEST - Us Open

New York, New York (parte 1)

TENNIS - I giorni indimenticabili nella storia degli Us Open dal 1968 al 1988. Il primo trionfo di Ashe, l'addio di Borg e il Super Saturday del 1984, le imprese di Connors e Lendl e il Golden Slam di Steffi Graf. Alessandro Mastroluca

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Jimmy Connors (Getty Images North America Robert Riger )
Jimmy Connors (Getty Images North America Robert Riger )

1968 – Ashe, l’uomo che vinse due volte
Nell’anno che cambia il tennis, Arthur Ashe è un luogotenente dell’esercito Usa. Di stanza a West Point, è specializzato nell’analisi dei dati. Nel 1967 ha rifiutato l’offerta del WCT di diventare professionista. Gli hanno mandato a casa il contratto da firmare e un pacco di calzini: Ashe rimanda il contratto indietro, senza firmarlo, e si tiene i calzini.

Nel 1968 vince gli Us National Championships due volte. La prima, riservata solo ai dilettanti, sconfigge Bob Lutz in finale. Poi, agli Us Open, i primi aperti anche ai professionisti, sfida in finale l’olandese Tom Okker. Si gioca di lunedì, a causa della pioggia, davanti a 7 mila spettatori. Nel primo set, durato 64 minuti, Ashe serve 15 ace e chiude 14-12: fino al 16-14 di Federer-Roddick a Wimbledon 2009, resterà il set più lungo giocato in una finale Slam. Okker inizia ad attaccare, vince il secondo 7-5 e riesce a portare la finale al quinto set. Ma sull’1-1 30-30 si vede superato da un perfetto lob di Ashe che converte la palla break con un dritto vincente. Si limita poi a mantenere i servizi, annullando una sola palla break sul 4-2. Ashe vince 14-12 5-7 6-3 3-6 6-3. E’ il primo afroamericano a vincere uno Slam. Okker riceverà come premio 14 mila dollari. Ashe che abbraccia suo padre nella commovente cerimonia di premiazione, 28 dollari al giorno di rimborsi spese. Una signora del New Jersey, dopo aver letto della sperequazione della distribuzione dei premi, gli manda cento azioni della General Motors per un valore di 8.900 dollari. Anni dopo Ashe dirà: “I soldi non contano. C’è solo un primo Us Open”.

1969 – Il secondo Grande Slam di Rod Laver
Ancora pioggia, ancora finale al lunedì. Sono meno di 4 mila gli spettatori che assistono a una delle più grandi imprese dell’era Open. La finale tra Rod Laver e Tony Roche inizia con un’ora e 35 minuti di ritardo rispetto al previsto, mentre un elicottero asciuga l’erba del West Side Tennis Club. Laver serve per il primo set sul 5-4 ma subisce il break e si cambia le scarpe. Roche vince il primo set 9-7 ma porta a casa solo altri sei game. Laver vince 7-9 6-1 6-3 6-2 e rimane l’unico giocatore capace di vincere i quattro Slam nello stesso anno nell’era Open.

1976 – Un anno speciale, tutto a stelle e strisce
Nel 1974 Chris Evert e Jimmy Connors sono i fidanzatini più invidiati d’America. Sono loro ad aprire le danze al ballo di Wimbledon: la “doppia vittoria d’amore” era data a 33:1. Abbandonata l’idea del matrimonio l’anno successivo, i due restano vicini. E nel 200mo anniversario dell’indipendenza Usa, conquistano New York.
Connors domina in semifinale Guillermo Vilas che un anno prima, in finale, era stato in vantaggio due set a uno e 5-0 nel quarto ma aveva sprecato sei match point prima di perdere al quinto con Manolo Orantes. In finale Jimbo sfida Borg, che ha demolito Nastase in semifinale.

Jimbo chiude il primo 6-4 con un passante lungolinea di rovescio che esalta i 16.253 spettatori. Borg vince il secondo 6-3 e apre il terzo con un break a zero. Connors recupera lo svantaggio: le luci artificiali si accendono con Connors al servizio sul 4-2 40-0. Ma la sua luce si spegne: un dritto largo e quattro colpi di fila a rete. Sul 4-4 0-30, trova una volée di dritto all’incrocio delle righe che gira l’inerzia del set. Si va al tiebreak (guarda il video: parte 1 - parte 2). Borg allunga, prima 4-2 e poi 6-4. Continua però a tirare a mezza altezza, e Connors aggredisce con forza ancora maggiore: 6-6. Annulla altri due set point, l’ultimo sul 9-8 con il più potente attacco di dritto del tiebreak, preludio allo smash, e chiude 11-9 dopo 70 minuti con Borg che mette largo un rovescio. Connors ha vinto sei dei suoi ultimi sette punti con colpi vincenti. Il trionfo si compie al terzo match point su un rovescio in rete di Borg: finisce 64 36 76 64.

Chris Evert vince per il secondo anno di fila, e come 12 mesi prima supera Evonne Goolagong in finale. Cede appena tre game: 6-3 6-0 in 55 minuti.

1979 – L’anno di Tracy Austin
Il 1979 è l’anno d’oro della prima bambina-prodigio del tennis mondiale, Tracy Austin. A soli 16 anni, agli Internazionali d’Italia interrompe in semifinale la serie di 125 vittorie sul rosso di Chris Evert. Ed è sempre Evert a uscire sconfitta nella finale degli Us Open. Il 6-4 6-3 rende Tracy la più giovane vincitrice del torneo e rende speciale una stagione in cui ha vinto ben sette titoli.

1981 – Farewell, mr. Borg
La finale degli Us Open 1981 è l’ultima sfida tra McEnroe e Borg. Lo svedese è in vantaggio 7-6, ma il conto dei 40 set giocati è in perfetta parità. SuperBrat ha vinto 22 partite su 24 a New York ma è Iceman a vincere il primo set grazie al break decisivo nel settimo game. Ma lo svedese si lascia scappare il secondo quando serve sul 2-5 e regala il break e il parziale con due doppi falli. BigMac gioca il match della vita. Se c’è un colpo che definisce il terzo set è il lob: così costruisce i due break che lo portano dal 3-4 al 6-4. McEnroe vince 46 62 64 63 (guarda gli highlights della finale): è il primo nell'era Open a vincere a Flushing Meadows per tre volte di fila. New York è ancora una terra straniera per l’angelo “assassino dalla chioma bionda”. Nel discorso durante la cerimonia, McEnroe si dice dispiaciuto per Borg. Ma lo svedese non c’è. È scappato in macchina, ha attraversato Douglaston, King's Point dove abita Gerulaitis, la Port Washington's Academy dove era cresciuto McEnroe. Non ha più bisogno delle scaramanzie per cui, durante gli Slam, guidava sempre Lennart Bergelin. Adesso è libero.

1984 – Il Super Saturday
Il 12 settembre 1981, 18,892 spettatori riempiono lo stadio Louis Armstrong, il Centrale di Flushing Meadows. È un sabato speciale, che dal 1984 passerà sotto il nome di “Super Saturday”. L’8 settembre 1984 passa alla storia come una delle giornate più incredibili nella storia del tennis, iniziata alle 11.07 e finita alla 23.16.

Si comincia con la prima semifinale maschile: Ivan Lendl, testa di serie numero 2, contro il diciannovenne australiano Pat Cash, 15mo favorito del seeding con la passione per gli Iron Maiden. Lendl l’ha già battuto due volte sull’erba ma perde il primo set 6-3. Sa, però, che Cash può far passare ora senza spingere il rovescio e che non ha una gran prima volée, soprattutto di dritto. Debolezze che gli costano molto. Lendl vince secondo e terzo set per 6-3 e 6-4. Nel quarto, Cash ha due set point sul 6-5, ma rovina tutto con quattro gratuiti. Si va al tiebreak: Cash allunga 5-3, Lendl aggancia sul 5-5 ma regala il set a Cash con un brutto dritto e una risposta sparata tra gli spettatori. Il primo match point è per Lendl (4-5 30-40, servizio Cash) ma il ceco affossa un rovescio. Annulla poi un matchpoint con un lob in corsa che è forse il punto più bello della giornata e finisce per chiudere 7-4 al tiebreak vincendo gli ultimi quattro punti (gli highlights del match: parte 1 - parte 2 - parte 3)

Chris Evert e Martina Navratilova devono aspettare un tempo che sembra infinito per giocare l’unica finale femminile di uno Slam senza un preciso orario di inizio (dal 2001, con l’arrivo al top delle Williams, viene programmata per essere trasmessa in prime time negli Usa). Evert aveva giocato un meraviglioso primo set contro la rivale di sempre a Wimbledon, e si ripete a New York. Con una serie di risposte tenute bassissime si impone 6-4 nel primo. Il pubblico fa un tifo assordante per lei. “E’ stata la cosa più difficile che abbia dovuto affrontare in vita mia” commenterà Martina, “tutte quelle persone che volevano vedermi perdere”. Ma tutte quelle persone tornano a casa deluse. Nel secondo set Evert non converte due palle break nel decimo game e cede 6-4. Nel terzo, nonostante i tifosi di Chrissie applaudano i suoi errori, Navratilova strappa il break a zero nel terzo game e si impone 46 64 64 (gli highlights della finale: parte 1 - parte 2). E' il suo sesto titolo dello Slam di fila.

L’ultima sfida vede di fronte Jimmy Connors, due volte campione in carica, e John McEnroe, il SuperBrat del Queens che ha dominato il torneo tra il 1979 e il 1981. Così Mary Carillo, nella prefazione a Jimmy Connors mi ha salvato la vita, riassume in poche righe il senso della loro rivalità. “Uno scontro, come una scena presa da un film dell’orrore giapponese: due mancini eccitabili e battaglieri che duellano per essere il migliore d’America. Questi due non si potevano sopportare. Non era uno spettacolo sull’odio confezionato dai media”.
McEnroe vince 64 46 75 46 63, con Connors incapace di sfruttare un vantaggio di 3-1 nel terzo set, con le tribune vuote per tre quarti dall’inizio del quinto set (gli highlights del match: parte 1 - parte 2 - parte 3). Meno di 24 ore dopo si vendica di Lendl, che l’ha battuto nella finale del Roland Garros (una delle sole tre sconfitte della stagione per BigMac), e conquista l’ultimo Slam della sua carriera.

1985 – Il primo titolo di Lendl
Tra il 1984 e il 1985, Ivan Lendl porta il tennis nell’era moderna. Incontra il dietista Robert Haas, che gli ordina un’analisi del sangue da cui emerge che soffre di un eccesso di protidi. Cambia perciò il suo regime alimentare ed elabora un nuovo programma di allenamento: acquista uno stairmaster, una mountain-bike e si iscrive a un corso di aerobica. Quattro mesi dopo la finale persa a Flushing Meadows, incontra lo psicologo Alex Castori con cui lavora sul rilassamento e si dedica a quotidiani esercizi di visualizzazione. A completare la triade vincente, assume come coach Tony Roche. A New York i risultati sono sensazionali. McEnroe vince i primi 16 punti al servizio, ha un set point sul 5-2 e serve per il set sul 5-3. Ma la partita gira. Lendl non sbaglia più, fa punti da fondo, fa punti da rete, porta il primo set al tiebreak e lo vince senza perdere nemmeno un punto e si avvia a un successo agevole, 76 63 64 (gli highlights della finale: parte 1 - parte 2). McEnroe dichiara di non aver mai visto Lendl giocare meglio di così.

Il 1985 rimane nella storia del torneo come l’anno dei cechi. Il torneo femminile, infatti, lo vince Hana Mandlikova su Martina Navratilova (gli highlights della finale: parte 1 - parte 2). Per la prima volta nella storia, due europei trionfano agli Us Open.

1988 – Il Golden Slam di Fraulein Forehand
A 14 anni, Steffi Graf deve ritirarsi dagli Australian Open: si è infortunata ai tendini del pollice scivolando sull’erba in allenamento. Riceve una lettera di incoraggiamento da Martina Navratilova: prenditi il tuo tempo, le scrive la numero 1 del mondo, non accelerare troppo la tua carriera, rimani a scuola.

Cinque anni dopo, Steffi entra nella storia. Agli Us Open piega in finale Gabriela Sabatini, l’unica giocatrice capace di batterla in stagione, e completa il Grande Slam, impresa riuscita, tra le donne, solo a Maureen Connolly nel 1953 e a Margaret Court Smith nel 1970. Graf vince il primo 6-3, ma nel secondo fatica a trovare i colpi anche a causa del vento e l’argentina chiude 6-3: “Fraulein Forehand” non perdeva un set da Wimbledon. Ma nel terzo Sabatini inizia a sentire la stanchezza e Steffi può facilmente completare il 63 36 61 (gli highlights della finale).

Poche settimane dopo aggiungerà ai quattro Slam anche l’oro olimpico a Seoul, ancora su Gabriela Sabatini. Steffi è l’unica, tra uomini e donne, ad aver completato il Golden Slam in una sola stagione.

Alessandro Mastroluca

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