25/09/2012 13:19 CEST - Rassegna nazionale

Nadal: “Vivo giorno per giorno, ma non ho paura” (Martucci)

..........

| | condividi

Nadal: “Vivo giorno per giorno, ma non ho paura” (Vincenzo Martucci, Gazzetta dello Sport 25-9-2012)

Non gioca dal 28 giugno, quando, nel secondo turno di Wimbledon, s'è bloccato contro il numero 100 del mondo, il ruvido picchiatore Rosol. Non ha difeso il titolo olimpico a Londra, e non ha difeso la finale degli Us Open 2011. Rafa Nadal s'è fermato altre volte per infortuni più o meno gravi, ma non era mai apparso così giù di morale. Senza prospettive nel futuro immediato.

Rafa, come sta il ginocchio sinistro?

«Lavoro molto tutti i giorni, in palestra e col fisioterapista, nuoto tanto - in mare, non in piscina -, ma ancora non sono in grado di andare sul campo da tennis. Ho avuto anche una rottura parziale del legamento».

Ma ha vinto il settimo Roland Garros col ginocchio rotto?

«Il problema è cominciato a febbraio a Indian Wells e ho dovuto rinunciare alla semifinale di Miami, ed è tornato forte al Roland Garros dove ho giocato semifinale finale solo con infiltrazioni. Ho vinto solo perché stavo giocando uno dei miei migliori tennis. Poi però stavo molto male ad Halle e la settimana prima di Wimbledon è stata terribile. E dopo ho scoperto anche della rottura».

Perché finora ha giocato anche col dolore e stavolta no?

«Tutti gli atleti professionisti giocano con un qualche dolore, io ho anche una soglia di sopportazione alta, e l'ho dimostrato. E per gli atleti è sempre difficile fermarti quando sei in gara, e perciò accetti qualsiasi soluzione per andare in campo. Perciò, certamente, con le infiltrazioni, non ho fatto il bene del ginocchio. E il problema cambia quando non puoi correre, quando pensi che il ginocchio non terrà. Non è più questione di resistere, è impossibile competere contro quasi tutti. E io non penso a giocare uno-due match, la mia ambizione non è vincere, ma gareggiare, e dopo il Roland Garros non potevo continuare a giocare: il ginocchio non resisteva più, andava giù. Ho cominciato a pensare: "Ora come metto la gamba?". Impossibile continuare così. Non potevo muovermi bene, pensavo solo a come avrebbe risposto il ginocchio».

Qual è stato il momento più duro da Wimbledon a qui?

«Saltare l'Olimpiade è stato molto difficile. Sono stato molto giù per qualche settimana: rinunciare a fare il portabandiera della Spagna e giocare una gara che c'è solo una volta ogni 4 anni... E' stato più complicato che saltare gli Us Open, dopo sette anni e mezzo fra i primi 2 del mondo, non penso alla classifica, ma a perdere la possibilità di vincere un altro Slam. Che, comunque, è recuperabile nella speranza di poterne vincerne non uno solo, ma di più, in futuro, fermandomi adesso. Penso in positivo: l'obiettivo è l'Olimpiade a Rio. Ma l'unica mia vera priorità è rientrare quando sono davvero guarito, al 100%».

Confessi, ha paura che non potrà più tornare al tennis.

«Il mio problema (la sindrome di Hoffa, n.d.r.) non ha mai portato nessuno al ritiro. Il futuro è positivo. Ho ancora 26 anni, amo sempre la gara, amo il tennis, anzi, questa è stata una delle stagioni in cui ho provato più piacere a giocare. Ora proverò a tornare, lavorerò per riuscirci. E io ho lavorato tutta la vita. Non sono stupido da pretendere subito di giocare bene e vincere, quando tornerò, con questo tennis così competitivo. Ma sono da 8 anni al top, tre mesi fa ho vinto il Roland Garros, perché dovrebbe cambiare 5 mesi dopo? Ho uguali motivazione, fiducia e impegno: perché non dovrei tornare nella stessa posizione?».

Ma potrà giocare ancora tanto sui campi duri?

«Non posso pensare di evitare il cemento, con due Slam e tanti tornei importanti là sopra, ma so che devo giocare di più sulla terra perché aiuta il mio ginocchio. Non lo dico da adesso, l'ho detto per anni e centinaia di volte all'Atp, l'errore è giocare tanto sul duro: non vedo calciatori e cestisti giocare su campi così, e ogni giorno e per più giorni di fila. Non posso fare nulla per cambiare le cose per me e la mia generazione, ma queste condizioni sono molto negative per ginocchia, caviglie, schiena. Purtroppo ci muoviamo in un mondo di business, di soldi, ed è più facile mantenere il cemento invece che terra o erba. Lo sport di muove in questa direzione, la mia sensazione è che sia sbagliata, ma è una opinione singola».

Quindi, salterà anche la finale di Davis del 16 novembre.

«Certo che vorrei giocare la Davis. Faccio i complimenti alla squadra per la quarta finale in 5 anni, sono tutti amici, tutti bravi, e sono specialmente contento per David (Ferrer), che è solo sfortunato a trovarsi sempre davanti nei grandi tornei uno fra Federer, Djokovic e Murray. Io non so se ci sarò, non so quando tornerò e se sarò pronto per giocare, e quindi che cosa deciderà il capitano. Nella mia testa c'è solo domani, il lavoro e il mio ginocchio, e poi il giorno dopo. Vivo giorno per giorno, controllo ogni settimana se e come miglioro. Avrei voluto giocare anche quarti e semifinale di Davis...».

Ma insomma, quando pensa di rientrare?

«Non so se ci metterò ancora tre settimane o tre mesi, spero di giocare gli Australian Open, la mia più grande speranza è tornare appena prima, in Qatar. Ma magari sarà dopo, sulla terra. Di sicuro, quando giochi in un certo modo per 20 anni, non puoi fare più drastici cambiamenti, puoi fare ritocchi, adattamenti, anche nella posizione in campo, come ho fatto io. Prima, correvo di più perché era l'unico modo per giocare coi più forti, ora non corro di certo più di Djokovic. Perché gioco un tennis migliore (…)

comments powered by Disqus
QS Sport

Si scaldano le trattative di mercato: Milan e Juventus attivissime, la Roma blinda Florenzi; Thohir dice no all'Atletico Madrid per Icardi e Handanovic. Maxi Lopez è del Chievo, Trezeguet torna al River Plate