10/10/2012 18:32 CEST - Personaggi

Kuznetsov, orgoglio di papà

TENNIS - Dietro l'ascesa di Andrey Kuznetsov c'è il lavoro di papà Alexander che lo allena dal 1997. Segue ogni movimento, cura ogni dettaglio. Kuznetsov ha vinto a Todi, Trnava e Lermontov: è salito al n.75 del ranking e può crescere ancora. Paolo Giovannelli

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Andrey Kuznetsov (Photo by Dan Kitwood/Getty Images)
Andrey Kuznetsov (Photo by Dan Kitwood/Getty Images)

Quella di Andrey Kuznetov è stata una vera e propria irruzione nei primi 100 tennisti del mondo, fatta in poche settimane dopo le vittorie nei Challenger di Todi, Trnava e Lermontov. Il ventunenne russo è posizionato oggi al 75 posto del ranking ATP. All’ombra del Cremlino, meno di due mesi fa, i tecnici nazionali giudicavano inutile convocarlo in Davis. Si erano sbagliati. E c’è già chi scommette su un suo ancor più roseo futuro.

Gli ingredienti ci sono tutti e a “miscelarli” con saggezza dal 1997 è il papà coach Alexander, un signore educato e schivo, che si concede un cappuccino solitario dopo le finali vittoriose di Andrey ma che lo allena curandone ogni minimo movimento del braccio, tutti i particolari del gioco di gambe. A Todi, Ubitennis ha visto il promettente russo allenarsi. L’angolazione micidiale che Andrey riesce ad ottenere col suo rovescio stretto, che “sbatte” sovente l’avversario fuori campo, matura durante gli allenamenti “molto parlati” con papà Alexander. Il quale, ogni volta, si porta dietro giusto mezzo secchio di palline, che rovescia a terra vicino ai suoi piedi.

Il genitore cura in maniera certosina l’uscita della racchetta dal diritto, dopo l’impatto sulla palla. A volte, la ricerca della perfezione fa innervosire il figliolo. Alle rimostranze di Andrey, di quelle che non ti aspetti perché troppo rumorose per un tennista così pacato in campo e fuori, il papà mani-appoggiate-sul-nastro-della-rete ripete calmo le stesse cose, come un fantino fa con un giovane cavallo un po’ irrequieto prima della corsa. I timori del signor Alexander sono legati più a possibili cali mentali di Andrey, che all’esecuzione dei colpi, migliori torneo dopo torneo. Perciò, durante ogni match, il padre è lì sugli spalti ad incoraggiarlo con un brevissimo battito di mani: è il loro segnale “in codice”, un filo fatto d’amore e pazienza che li tiene uniti e che fa sì che in campo siano sempre due contro uno. Quel ritmo, quella sorta di microapplauso arriva puntuale prima dei momenti che potrebbero rilevarsi vincenti, come prima di un break o di un set point, per produrre un effetto rilassante sull’acerbo tennista in ascesa.

Nel 2013 l’obbiettivo sarà di entrare subito nei primi 50 tennisti del mondo. E poi chissà. Papà Alexander vorrebbe che Tula, la città dove Andrey è nato - conosciuta al mondo le sue fisarmoniche, i biscotti gingerbread di miele e spezie e la produzione di samovar – lo fosse anche per suo figlio, tennista di vertice.

Paolo Giovannelli

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