16/12/2012 17:00 CEST - Approfondimenti

Dilettanti e professionisti: storia di una rivoluzione (II)

TENNIS – 2a parte della nostra narrazione dedicata alla configurazione organizzativa del “sistema-tennis”. L’Era Open, il futuro dei circuiti professionistici, le controversie contrattuali, i veti incrociati e la nascita dell’ATP… Daniele Camoni

 

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John Newcombe
John Newcombe

Come abbiamo avuto modo di introdurre nella prima parte, la nascita dell’Era Open portò con sé tutta una serie di scottanti questioni che prima o poi avrebbero dovuto essere risolte. Innanzitutto, snodo cruciale, in che modo sarebbero coesistiti i neonati tornei Open ed i circuiti professionistici?

I primi tornei WCT si disputarono nel febbraio del 1968, mentre quelli della NTL videro la luce nel marzo dello stesso anno, entrambi prima dell’avvento dell’Era Open (aprile ’68, Bournemouth). Con l’arrivo di questa, i giocatori sotto contratto con la NTL (Rosewall, Laver, Gimeno, etc…) avrebbero dovuto disputare prima i tornei NTL, poi avrebbero potuto prender parte anche ai tornei Open; i giocatori sotto contratto con la WCT (Handsome Eight) avrebbero, a loro volta, dovuto disputare prima i tornei WCT, ma David Dixon impedì loro di prender parte a tornei in cui fossero presenti giocatori della NTL. Nessun giocatore della WCT partecipò a Bournemouth e al Roland Garros nel 1968: il primo torneo in cui i tennisti dei due circuiti si fronteggiarono per la prima volta fu lo US Pro di Longwood, nel giugno ’68.

Tra i tornei della WCT, infine, bisogna ricordare soprattutto il Masters di fine anno, ribattezzato dal 1972 come “WCT Finals”; un torneo di grande importanza, come dimostra il fatto che si disputò fino al 1989 (nonostante la WCT, come vedremo, fosse scomparsa già nel 1985), e che verrà ripreso in buona misura dall’ATP per l’organizzazione delle ATP Tour Finals di fine anno (o Masters Cup).

Emerge quindi chiaramente come i promoters facessero il bello ed il cattivo tempo, decidendo della partecipazione o meno dei loro “dipendenti” ai tornei, a seconda del proprio tornaconto e delle garanzie economiche: nel 1970, ad esempio, nessun giocatore NTL prese parte agli Australian Open, in quanto gli alti vertici del suddetto pro tour non avevano viste soddisfatte le loro richieste economiche. Al Roland Garros dello stesso anno le cose andarono ancora peggio, e nessun giocatore WCT e NTL prese parte all’evento. Infine, nella primavera del 1970, la WCT assorbirà definitivamente la NTL.

Già in precedenza, allarmato dall’ormai incontrollabile potere dei promoters, che di fatto, situazione paradossale, dominavano la scena nonostante il tennis fosse diventato open, Jack Kramer (che a sua volta era stato promoter egli stesso) aveva concepito una soluzione ingegnosa, che, nel 1969, portò alla creazione del Grand Prix Tennis Circuit, che egli stesso definì come “a series of tournaments with a money bonus pool that would be split up on the basis of a cumulative point system. This would encourage the best players to compete regularly in the series, so that they could share in the bonus at the end and qualify for a special championship tournament that would climax the year”.

Tra i punti cruciali: un circuito con una serie di tornei, una sorta di ranking a punti, un montepremi complessivo che sarebbe stato ripartito proporzionalmente a fine stagione ed un “Masters di fine anno” per i migliori classificati. Non a caso, il Grand Prix viene considerato come il diretto predecessore dell’attuale circuito ATP.

Come abbiamo visto in precedenza, nel 1970 al Roland Garros non partecipò nessun giocatore professionista sotto contratto; l’ILTF, preoccupata dal dominio dei grandi “imprenditori del tennis”, approvò l’innovativo progetto di Kramer, il cui scopo era inevitabilmente quello di attrarre nella propria orbita la maggior parte dei giocatori, soprattutto i freelance, e, se possibile, anche professionisti (sempre che i rispettivi circuiti dessero parere favorevole e vi fosse del tempo materiale per disputare le fasi del Grand Prix).

Verso la fine del 1970, un gruppo di giornalisti si preoccupò di redigere una classifica dei migliori giocatori del mondo; il WCT, furbescamente, ne approfittò per invitare questi a prender parte al proprio circuito nel 1971. La maggior parte dei migliori del mondo, per smacco dell’ILTF, decise comunque di continuare a disputare tornei sotto l’egida del WCT, salvo alcuni che si mantennero indipendenti (Nastase, Smith, Kodes) e declinarono le proposte del WCT.

Le scintille di una futura guerra erano state servite: l’ILTF controllava il Roland Garros, Wimbledon e lo US Open, mentre l’Australian Open era sotto il dominio del WCT. Il conflitto tra ILTF e WCT ebbe così un primo “sussulto bellico”, quando la maggior parte dei giocatori WCT (Rosewall, Laver, Gimeno, Emerson) rifiutò di prender parte allo US Open. Nel frattempo, Bill Riordan (futuro manager di Jimmy Connors) complicò ulteriormente le cose creando un altro circuito pro, lo US Indoor circuit.

La guerra effettiva venne a verificarsi l’anno seguente, quando i contrasti tra i due circuiti divennero così insostenibili da indurre l’ILTF a bandire tutti i professionisti del WCT per sette mesi (da gennaio a luglio) da qualsiasi torneo del Grand Prix, compresi quindi sia il Roland Garros sia Wimbledon. Il limite di sopportazione dei giocatori era comunque destinato a fermarsi: nel corso dello US Open 1972, i giocatori decisero di creare un proprio “sindacato”, in modo tale da tutelarsi da promoters, circuiti e federazioni varie. Nel settembre ’72 l’ATP, sotto la spinta di Jack Kramer, Donald Dell e Cliff Drysdale, era ufficialmente nata.

Le convulsioni nel mondo del tennis non erano (purtroppo) ancora terminate. Nel 1973 si avevano ben quattro circuiti diversi: il WCT, il Grand Prix Circuit, lo US Indoor circuit di Riordan (con Connors e Nastase) e lo European Spring Circuit (con Nastase massimo protagonista). Quello stesso anno l’ILTF impedì a Niki Pilic di partecipare a Wimbledon per aver (forse) rifiutato di disputare un incontro di Davis; in risposta, 81 colleghi di Pilic (tra i quali tantissime punte di diamante) boicottarono i Championships in segno di protesta. Gli unici giocatori aderenti all’ATP che decisero di partecipare furono Nastase, Roger Taylor e Ray Keldie, successivamente multati dall’ATP stessa.

Inoltre, tra il 1974 ed il 1978 i membri del World Team Tennis (fondato nel 1973 da Larry King, ex-marito di Billie Jean King) vennero esclusi dal Roland Garros per decisione di Philippe Chatrier, presidente della Federazione francese, di concerto con l’ILTF: ci rimise più di tutti Jimmy Connors, quell’anno praticamente imbattibile e possibile autore di un Grande Slam che avrebbe fatto storia.

Nel 1978, il Grand Prix e il WCT si fusero parzialmente (con l’incorporazione di alcuni tornei WCT al “progetto Kramer”) e si scissero nuovamente nel 1982, con la WCT che decise di creare un nuovo (e complesso) sistema di classifiche, simile a quello dell’ATP. La scissione durò poco, e nel 1985 il Grand Prix assorbì definitivamente il circuito WCT. Il nuovo Grand Prix venne gestito dal MIPTC (Men’s International Professional Tennis Circuit), poi ribattezzato MTC (Men’s tennis council).

L’ennesima svolta decisiva si ebbe agli US Open del 1988, quando l’ATP (rappresentata da Mats Wilander, allora no.1) organizzò una conferenza a sorpresa nota come Parking Lot Press Conference, esponendo le proprie rivendicazioni (in primis, maggiore potere rappresentativo in capo ai giocatori), e soprattutto mettendo in chiaro che, a partire dal 1990, l’ATP stessa avrebbe organizzato un proprio circuito autonomo. Il Grand Prix aveva ancora un anno di vita, prima di essere definitivamente soppiantato.

Nel 1990 l’ATP, allora capeggiata da Hamilton Jordan, rimpiazzò il MTC come organo di gestione del circuito tennistico: l’ATP Tour era ufficialmente nato. I tornei vennero riorganizzati in una struttura tripartita: in estrema sintesi, i celebri Super Nine (poi Masters Series, e infine, dal 2009, Masters 1000), gli International Series Gold (ora noti come ATP 500) e gli International Series (ATP 250).

Mi sento di promuovere, almeno in massima parte, l’attuale strutturazione del sistema tennis, ivi compresa quella classifica di cui tanto si parla (fermo restando che sistema punti/ranking WTA e ATP sono radicalmente diversi), forse anche per il solleticante gusto di creare un qualche spunto (fin troppo arduo) di riflessione. Tante sono le possibili questioni sulle quali si potrebbe riflettere, dalle superfici al calendario, dai montepremi ai materiali; tutte problematiche a cui sono già stati (e saranno) dedicati diversi capitoli di approfondimento.

Con questi due articoli probabilmente avrò prosciugato la pazienza di molti lettori; mi sembrava comunque doveroso tracciare un affresco di quello che è stato il tormentato percorso del sistema-tennis nell’ultimo secolo, forse indulgendo anche in qualche tecnicismo e particolarismo di troppo, ma sempre con la chiarificazione e la memoria storica come primo obiettivo.

Daniele Camoni

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