16/01/2013 11:29 CEST - Rassegna nazionale

Errani subito fuori, l’Italia è solo Vinci e un Seppi da Davis (Crivelli). Tradisce anche la Errani ingannata da un rovescio (Clerici). Date senza scadenza (Semeraro)

16-1-2013

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Errani subito fuori, l’Italia è solo Vinci e un Seppi da Davis (Riccardo Crivelli, Gazzetta dello Sport)

Sarebbe bello fermare il tempo, riportarlo ai giorni felici della spensieratezza, cambiare di nuovo prospettiva e ripartire. Un anno fa, Sara Errani avrebbe affrontato la partita contro la Suarez Navarro da sfavorita, e dunque con la mente sgombra dai tarli di una vittoria per forza. Un anno dopo, con una stagione scintillante alle spalle e il numero 7 al mondo, nei troppi errori da fondo, nella confusione tattica di un paio di scelte scriteriate quando il match può ancora girare dalla sua parte, c'è la tensione di una classifica che diventa un onere e una gabbia.
Cichi perde perché la spagnola delle Canarie è la più forte al di fuori delle teste di serie (numero 33) e dunque non getta all'aria i gentili omaggi di una giocatrice che non è la molla tutta gambe e tattica capace di sconvolgere le gerarchie planetarie in soli 12 mesi.

Una brutta sconfitta, ma senza drammi. «Avevo deciso di giocarle sul rovescio perché le altre volte aveva sofferto, invece stavolta non ha funzionato e poi ho commesso troppi errori, non sono stata aggressiva quando lei accorciava, avrei dovuto prendere di più la rete. Ero nervosa, non è che posso vincere sempre e il 2012 forse sarà irripetibile». Nel secondo set, per dire, la romagnola perderà tutti i servizi (cinque), compreso quello decisivo del 5-4 dopo aver raccattato nel game precedente un break preziosissimo che poteva smantellare le certezze dell'iberica: «Era già successo nel primo set, quand'ero sotto 5-3 e le ho annullato tre set point, sono andata 5-4 e lì ho perso il servizio. In quei momenti non sono stata la solita Errani». Lozano, il coach di una vita, vede già oltre una giornata da dimenticare: «Ora non deve guardare alla classifica, alle posizioni che perderà, ma ritrovare la condizione match dopo match, a tornare la guerriera che conosciamo».

Roberta Vinci, l'amica inseparabile, la segue dalla tv («L'ho vista un po' contratta, ma non credo ci saranno ricadute in doppio, anzi sarà ancora più tignosa») e poi scollina il primo turno battendo l'altra spagnola Soler Espinosa con soddisfazione ma senza pompa magna: «Il match d'esordio è sempre delicato, lei si muoveva molto ed io non mi sono piaciuta sul dritto, ma va bene così, per adesso». Sullo stesso campo, il 13, alla faccia della scaramanzia, Seppi aveva dato una lezione al gaucho Zeballos e una bella rinfrescata all'asfittico bilancio azzurro, perdendo solo sei punti con la prima e controllando con bella solidità gli scambi da fondo (…)

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Tradisce anche la Errani ingannata da un rovescio (Gianni Clerici, Repubblica)

A compensare le italiche - stavo scrivendo italiote - delusioni della prima giornata, mi ero affidato alla speranza di un intervento delle Quote Rosa, e alle note musicali di Sorelle d'Italia. Ho, una volta di più, errato per ottimismo. E già che spesso si viene trascinati dalle associazioni di idee, scriverò subito che Errani humanum est. Sara Errani, che porta sulle spalle un gravoso numero sette mondiale, è stata battuta da una spagnoletta non proprio famosa, la Suarez Navarro, numero trenta-tre del mondo. Numero che, non tanto per lenire la depressione nostra e di Sara, significa il migliore possibile tra chi non faccia parte delle altre Favorite (in dialetto teste di serie) che sono, tutti lo sanno, trentadue. Ricordato che il sorte o non è stato felice, ribadirò anche che il cemento australiano mescolato a polivinile non è la superficie ideale per una regolarista, a tratti attaccante dal fondo, come la Errani, a suo agio sulla tennisolite dell'asilo nativo.

Nel confronto tra le due, a prescindere dalle statistiche che indicano un sostanziale equilibrio, con la viva eccezione dei colpi vincenti (28 a 12), presumo che la chiave della partita si debba rintracciare nell'uso del rovescio ad una mano, spesso tagliato sino a scivolare sul campo come una buccia, della spagnola. E, in proposito, ricordo a me stesso e ai lettori più attenti, che in una mia indagine dell'anno scorso, sulla scomparsa del rovescio monomane, che condusse, a Parigi, allo sconcertante risultato di sole sei monomani contro centoventidue bimani, laspagnola mi rispose con assoluto candore «Quando ho imparato a giocare, nella nativa isola di Maiorca, non sapevamo che si potesse impugnare bimane». Lo sappiamo, adesso, così come appare evidente che, rovescio monomane contro monomane è una diversa faccenda, così come ha mostrato Robertina Vibci, unica italiana sopravvissuta insieme ad Andreas Seppi.

In un ormai rarissimo match tra due monomani, opposta ad un'altra spagnola a nome Soler Espinosa, Robertina ha confermato la sua finalmente ritrovata autorevolezza, scuotendosi da uno svantaggio all'inizio del secondo sette terminando con totale disinvoltura unita all'eleganza, sotto gli occhi di una spettatrice che fu non meno ispirata di lei. Quella Mara Santangelo costretta ad un prematuro ritiro, e ora rinata come scrittrice di un atteso volume autobiografico per i tipi di Mondadori, "Te lo prometto". Rimane, a conclusione delle patrie sventure, un accenno non del tutto negativo su una Francesca Schiavone, ex Leonessa d'Italia, ex Grand Slammer, come si dice qui. Come nel recente passato capace di un tennis creativo, e molto variato, Francesca ha fatto più che partita eguale contro quella nuova Navratilova della Kvitova (…)

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Date senza scadenza (Stefano Semeraro, http://curiosidisport.wordpress.com)

«Non è che gioco contro avversarie che potrebbero essere mie figlie. E che anche le loro madri spesso sono più giovani di me…». Ki (miko) l’avrebbe detto: la signora Date-Krumm, eterna bambina del tennis mondiale, agli Australian ha completato l’ennesimo miracolo e ha buttato fuori dal torneo la testa di serie numero 12, Nadia Petrova. Due set, 6-2 6-0,  e a la maison. Il bello è che la Petrova, ex n.4 del mondo, è una veterana del circuito, a giugno compierà 30 anni. Ma la sorridente highlander Kimiko ne ha addirittura dodici – dicasi: dodici – più di lei. A 42 anni e 109 giorni è così diventata la più anziana vincitrice di un turno agli Australian Open.

Il record in uno Slam appartiene alla inossidabile, probabilmente inarrivabile Martina Navratilova, che riuscì nell’impresa addirittura a 47 anni, nel 2004 a Wimbledon, ma l’impresa della Date resta impressionante. In tabellone al secondo turno ci sono ben 11 teen-ager, la più giovane, Donna Vekic, ha appena 16 anni e mezzo, ma la piccola Kimiko (1,63 per 53 chili) fisico da maratoneta e sorriso dolce da guerriera jedi, non sfigura affatto nel confronto. «Il mio segreto? Be’, mangio molto cibo giapponese, bevo molto, e dormo molto. Alle sette di sera ho finito di cenare, alle 10 sono già a letto, come i bambini. E’ una vita molto semplice». Il Giappone insieme all’Italia è uno dei Paesi dove si vive più a lungo, Kimiko è la prova che anche il tennis può essere un paese per maturi. Specie se ogni tanto ti prendi una vacanza. Anzi, una lunghissima vacanza visto che per 12 anni, fra il 1996 e il 2008, Date il tennis lo ha lasciato proprio perdere.

Sposata dal 2001 al corridore automobilistico tedesco Michael Krumm, Kimiko nella sua prima vita da tennista era arrivata n.4 del mondo, aveva raggiunto i quarti alle Olimpiadi di Atlanta, in semifinale a Wimbledon, al Roland Garros e a New York, e vinto 8 tornei Wta. Poi si era scocciata. «C’era tanta, troppa attenzione per me quando ero giovane», racconta. «A quei tempi non c’erano tanti sportivi famosi in Giappone e in Oriente, non tanti che giocavano all’estero. Non avevo quasi tempo da dedicare a me stessa, non amavo tanto il tennis. Oggi in giro ci sono persino campionesse cinesi, come Li Na, la Zheng, la Peng. Quindi sono felice, non gioco per inseguire i record, ma perché mi diverto. Persino quando perdo».

Con il suo tennis-sushi, piatto, anticipato, leggero come una farfalla e pungente come un’ape, Kimiko a molte avversarie cresciute a dritto e vitamine fa l’effetto di un pesce esotico: apparentemente inoffensivo, effettivamente letale. «Certo, mi piace competere ad alto livello, gioco per vincere. Era da tempo che non ottenevo un successo con una giocatrice come Nadia, all’inizio dopo il mio rientro è stata dura, il mio fisico ha sofferto, ho patito molti infortuni. Adesso va meglio, ho anche cambiato tipo di allenamento, sono passata l’allenamento funzionale. Ma anche se perdo, il mattino dopo ho sempre voglia di andarmi ad allenare». Kimiko ha debuttato come professionista nel gennaio 1984, sei mesi prima della nascita di Victoria Azarenka, l’attuale n.1 del mondo. Nel 2009, a 39 anni, è tornata a vincere un torneo Wta, quello di Seul, dove aveva già trionfato nel 1996, sfiorando il record di Billlie Jean King, trionfatrice a Birmingham nel 1983. Quanto potrà andare avanti così, nonna Kimiko? Il suo tennis, per ora, non ha… date.

«E’ una domanda che mi fanno tutti gli anni, da quando sono tornata a giocare. Non riesco ad immaginare la Williams o la Sharapova giocare ancora alla mia età, ma io ho avuto un break di 12 anni. Io conto di continuare almeno fino alla fine dell’anno, poi non so. Un infortunio mi può sempre capitare, ma io continuo, mi alleno e cerco di dormire molto. 42, in fondo, è solo un numero».
 

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