23/02/2013 12:36 CEST - Interviste

McEnroe: "Murray è il più simile a me"

TENNIS - In una lunga intervista alla CNN, McEnroe parla del tennis di ieri e di oggi. "Nadal sarebbe un incubo per me, se dovessi affrontarlo sulla terra. Dei Fab 4, Murray è il più simile a me. Una volta l'ho battuto, ma aveva sette anni". "Serena Williams" aggiunge, "è la più grande tennista di tutti i tempi". Alessandro Mastroluca

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“E' acuto e arguto, comunica le sottigliezze del tennis con facilità – sarebbe stato un ottimo maestro. Ha occhi vivaci che brillano d'entusiasmo e quando parla si concede più di qualche battuta salace, impertinente. Ho avuto la sensazione che sia ancora un po' bambino nell'anima, un ragazzino che non vuole prendersi troppo sul serio”. Così Don Riddel descrive John McEnroe, che ha intervistato per l'ultima puntata di Open Court, un programma mensile sul tennis della CNN. McEnroe ha parlato dei Fab Four, di Serena Williams, del tennis americano, del suo passato e del suo presente.

“Andy Roddick ha lasciato il tennis. A parte il suo unico successo, gli Stati Uniti non hanno vinto uno slam dai tempi di Sampras e questo preoccupa un po'. C'è molto lavoro da fare e credo che i tifosi abbiano nostalgia del passato” spiega. “E' stato un gran periodo per me, una vera età dell'oro per il tennis americano -Jimmy Connors, io e poi Pete Sampras, Andre Agassi, Jim Courier-. È chiaro che adesso manca qualcosa. Speriamo di riuscire a riempire questo vuoto e magari a ispirare allo stesso modo qualche giovane”.

Allo stesso tempo gli Usa possono vantare Serena Williams, la più grande tennista di tutti i tempi. “Le ho viste giocare tutte. Ho visto quello che Billie Jean King ha fatto per il tennis, e lei giocava un po' come me, Martina Navratilova e Chris Evert hanno vinto un miliardo di tornei, Steffi Graf... ma per me Serena è la migliore di tutte nel complesso. È anche molto migliore di me nel trattenere la rabbia in campo. Non c'è paragone. Penso che abbia dovuto imparare a controllarsi, essendo donna ed essendo guardata più da vicino essendo nera. Perciò credo che dovremmo darle un po' di tregua visto quello che ha passato. Certo questo non può scusare quello che ha fatto agli Us Open 2009 quando le è stato chiamato il fallo di piede, e credo anche lei vi direbbe che ha meritato di essere sanzionata, ma per il resto sono convinto abbia fatto un grandissimo lavoro, certamente rispetto a me l'ha fatto” conclude con una risata.

Oggi McEnroe si divide tra il ruolo di commentatore tv e il senior tour, in cui ritrova Agassi, Sampras, Connors, Courier, Chang, Wilander o Rafter. “E' un'opportunità per dimostrare che ci sappiamo ancora fare un po'. E non capita in tutti gli sport. L'impegno fisico non è da sottovalutare, ma se accorci la durata (giochiamo solo un set), allora anche i vecchietti come me possono avere una chance”. Insomma, questo “vecchietto” non è tanto diverso dal bambino che, come scriveva la sua professoressa di scuola superiore, “ha talento e un eccezionale desiderio di fare meglio di tutti i suoi compagni”, di competere e vincere, che è diverso dall'avere successo.

Quei giovani che riempiono gli stadi dove gioca con le altre leggende del passato sono gli stessi che l'hanno reso una star su Youtube. “I bambini pensano 'Wow, eri matto', ma non era niente rispetto a quello che si vede oggi nel mondo dello sport”. Pazzia o no, Thomas Hulce ha guardato i video delle sue coreografiche proteste mentre studiava come interpretare Mozart nel film Amadeus, come McEnroe ricorda nella sua autobiografia.

McEnroe non si sottrae a uno dei giochi preferiti dai tifosi di tutti i tempi e prova a immaginarsi nel tennis di oggi. “Non credo che farei bene contro Nadal sulla terra rossa, questo è sicuro, ma ho sempre sognato di affrontare Borg sulla terra, non abbiamo mai giocato al Roland Garros e credo che Nadal sarebbe stato un incubo simile. Sampras sarebbe stato il test determinante sull'erba e Federer -devo giocarci, ho sfidato Becker, che era uno dei grandi, però mai a Wimbledon. Penso poi che Djokovic abbia la miglior risposta che abbia mai visto. Lo dicevo di Connors, poi ho visto Agassi che rispondeva meglio di lui, e ora Djokovic usa la risposta come arma d'attacco. Dei primi quattro Murray è forse il più simile a me. Abbiamo giocato una volta, un'esibizione a Londra con un sacco di ragazzi. Me lo ricordo perché ho vinto: Andy avrà avuto sette anni” commenta con un'altra inevitabile risata.

Sembra davvero un'altra epoca, e forse in fondo lo è, quella in cui McEnroe inizia a giocare un po' per caso, a otto anni e mezzo, al Douglaston Club, giusto un isolato più avanti di casa sua. Non era niente di speciale (una piscina, una clubhouse e cinque campi da tennis), però suo padre lo frequentava insieme a sua madre già da qualche tempo. Era avvocato, e il tennis era ancora un po' uno sport da country club, perfetto per il socio di un importante studio legale newyorchese. Sapeva anche che John andava matto per qualunque gioco coinvolgesse una palla, e iniziano a giocare. Dopo poco tempo inizierà a prendere le prime lezioni da Dan Dwyer. “Mi insegnava alla grande, era qualcosa di magico che sentivo nelle mani, con la racchetta di legno che mi si adattava perfettamente, la strategia, le sensazioni, la sottigliezza del gioco”. Dopo una sua vittoria in un torneo under-12, Dwyer gli regala un buono da cinque dollari da spendere nel negozio del club su cui scrive: “Un giorno vedremo John a Forest Hills”.

Negli anni il suo spirito competitivo prende anche la forma delle proteste, degli attacchi contro gli arbitri, i giudici di linea, gli avversari. “Tutti hanno la loro personalità, allora gli arbitri non sembrava facessero un gran lavoro, ma alla fine ti confronti con gli altri tutti i giorni. Sono rimasto molto stupito quando sono andato in Inghilterra e credevano che fossi Attila l'Unno”. Un'ostilità esplosa dopo il suo primo trionfo a Wimbledon nel 1981. è l'anno di “You cannot be serious!” urlato in faccia a Ted James (arbitro dell'incontro di primo turno contro Tom Gullikson), che già aveva apostrofato come "the pits of the world" ("La feccia del mondo") e "idiota incompetente". Per questa e altre intemperanze l'All England Club non gli concede il titolo di socio onorario, che spetta per consuetudine a tutti i vincitori del torneo, e per risposta McEnroe diserta la cena di gala in onore dei vincitori dicendo: "Preferisco passare la serata con la mia famiglia e i miei amici, e con le persone che mi hanno supportato e non con un gruppo di 70-80enni che mi dicono che mi comporto da idiota". McEnroe tuttavia ha avuto il titolo di socio onorario dopo il trionfo del 1983.

Non intimidivo fisicamente come oggi fa Nadal, perciò devi cercare un'altra strada per metterti in una situazione di vantaggio. In questo Connors era incredibile. Voleva di puù, era affamato, e aveva questa intensità straordinaria. Io dovevo cercare di entrare nella loro mente e prepararmi così tanto da far sentire i miei avversari svantaggiati. E il miglior modo per farlo era dare il 100%, era volere la vittoria più di loro, entrare in campo e affrontare ogni momento come fosse in un certo senso la fine del mondo”.

Così ha costruito alcune delle rivalità più straordinarie della storia moderna del tennis: con Connors, con Borg, con Lendl. “Non sopportavo la maggior parte dei miei avversari, però l'unico con cui andavo d'accordo è stato il mio più grande rivale. Nadal e Federer hanno un grande rispetto reciproco, penso che Djokovic dia loro un po' più fastidio anche se forse non vogliono ammetterlo e penso che in un certo senso questo faccia bene al tennis. I tifosi reagiscono di più, partecipano di più se sentono che c'è qualcosa di più di due grandi giocatori”.

Alessandro Mastroluca

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