08/03/2013 12:22 CEST - Rassegna

Doping, i campioni del tennis ci hanno messo la faccia (Valenti, Bartezzaghi, Capodacqua); Indian Wells: Schiavone batte Pennetta E ora la Sharapova: «È un'opportunità» (Marianantoni); Da Wimbledon a Medjugorie, la nuova vita di Mara (Gerace)

8 marzo 2013

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Rubrica a cura di Stefano Pentagallo

Il caso - Doping, i campioni del tennis ci hanno messo la faccia

Gianni Valenti, La Gazzetta dello Sport dell'8.3.2013

La scelta del tennis di adottare il passaporto biologico per combattere il doping aumentando i controlli sul sangue degli atleti è una di quelle notizie che vanno incorniciate e possono avere un effetto positivo, di emulazione. Ma la decisione che la Federazione internazionale (Itf) ha preso in pieno accordo con le associazioni professionistiche dei giocatori (Atp e Wta) e gli organizzatori dei Grandi Slam (i quattro tornei più importanti al mondo) è frutto della pressione che da qualche mese sul tema hanno messo i più grandi campioni di questo sport. Senza i loro appelli difficilmente saremmo arrivati in tempi rapidi a questa decisione. E' il bello e I' originale della vicenda: ricordate i big di altre discipline uscire allo scoperto in questo modo? Il primo a farsi avanti e a parlare della necessità di una vera lotta al doping è stato proprio Roger Federer, l'artista della racchetta, l'uomo immagine di tutto il movimento mondiale. «Dobbiamo catturare chi imbroglia», ha detto senza girarci tanto intorno. E il coraggio è presto venuto a tutti gli altri. Dapprima si è accodato Andy Murray, poi il numero uno del mondo Novak Djokovic. Infine anche Rafa Nadal, al rientro dopo un lungo infortunio. Proprio lo spagnolo è stato oggetto negli anni di insinuazioni e sospetti, peraltro mai provati. Ecco, il tennis moderno meraviglioso giocattolo di spettacolo e soldi, aveva bisogno di uno strumento come il passaporto biologico per tutti questi motivi: smascherare i truffaldini. evitare i sospetti e darsi ancor più credibilità.

Ecco il passaporto biologico È la vittoria dei giocatori

Paolo Bartezzaghi, La Gazzetta dello Sport dell'8.3.2013

La pressione dei migliori giocatori al mondo ha spinto il mondo del tennis all'introduzione del passaporto biologico. Un coro che ha sollecitato un movimento che negli anni scorsi era stato accusato di pigrizia nella lotta antidoping, a fronte soprattutto di un gioco diventato notevolmente più atletico rispetto al passato.

La decisione Stuart Miller, al vertice dell'agenzia antidoping del tennis, aveva previsto che le procedure per il passaporto biologico sarebbero state completate entro la fine dell'anno. Invece il gruppo di lavoro sul programma antidoping ha deciso. Di questo gruppo sono parte la Federazione, le associazioni dei giocatori maschile (Atp) e femminile (Wta) e i rappresentati dei tornei del Grande Slam. «L'adozione del passaporto biologico è un passo importante — ha detto il presidente della Itf, Francesco Ricci Bitti — fornisce un ottimo strumento nella lotta contro il doping». «Per gli Slam — ha detto Bill Babcock, direttore del comitato dei 4 tornei più importanti — il ruolo dell'anti-doping è diventato fondamentale, una priorità. Siamo orgogliosi di far parte del programma, essenziale per garantire che il nostro sport resti il più pulito possibile». «La Wta è orgogliosa di continuare la lotta al doping come ha sempre fatto — ha detto Stacey Allaster della Wta — È interesse di tutto il nostro sport introdurre il passaporto biologico e aumentare i controlli del sangue fuori dalle competizioni».

Variazioni Il passaporto biologico è un documento individuale ed elettronico che contiene i risultati dei test antidoping e i profili dei segnalatori biologici del doping stesso (ematocrito, emoglobina). Le variazioni eccessive di valori nel tempo possono indicare che l'atleta si sia dopato. L'adozione di questo strumento comporta per i tennisti un maggior numero di controlli di sangue e urine.

I test Proprio sul numero dei test si erano concentrati i dubbi dei big. «C'è bisogno di più test — aveva detto Murray — Nel 2012 scorso sono stato testato soprattutto durante il Roland Garros e Wimbledon, e poi agli Us Open, ma penso che sia dovuto all'anno olimpico». «Non importa quanti ne vengono fatti — ha detto Nadal — va bene anche un test alla settimana a testa». «Sono 6-7 mesi che non mi fanno controlli sul sangue — ha detto Djokovic all'ultimo Australian Open vinto — 2-3 anni fa, venivo testato con più regolarità». «Dopo gli Australian Open — ha detto Federer — non ho fatto alcun test sul sangue e me ne sono meravigliato con i dirigenti Itf. Il passaporto biologico è necessario perché certe sostanze non possono essere rintracciate. Dovrebbero esserci più test sul sangue anche fuori dalle gare». Nel 2012, l'Itf ha disposto 2185 controlli di cui 187 sul sangue.

Tennis, basta coi sospetti "Puliti col passaporto bio"

Eugenio Capodacqua, la Repubblica dell'8.3.2013

II ciclismo è stata la prima disciplina nell'ottobre del 2007, circa sei anni fa. L'atletica ha seguito l'esempio qualche stagione dopo. Il grande calcio ci sta ancora pensando, l'orientamento è positivo, anche se il protocollo non risulta essere molto chiaro. Ora ecco un altro grande sport, il tennis, che dice sl al passaporto biologico per contrastare meglio il fenomeno doping. A partire da questa stagione. Lo spettro della farmacia del diavolo dilagante, capace di distruggere l'immagine e la credibilità di ogni disciplina, creando disaffezione (il che vuol dire fuga di denaro e di sponsor, come insegna la triste esperienza degli scandali ciclistici), spinge i massimi dirigenti della racchetta a mettere in campo quella che è ritenuta l'unica tecnica valida per affrontare il problema: il cosiddetto passaporto "bio", appunto. Una tecnica che si basa sul monitoraggio di alcuni parametri fondamentali dell'atleta (ematici e biologici) per stabilirne le caratteristiche soggettive, cioè per identificare quella "normalità" personale dalla quale non ci si può scostare che per una piccola percentuale in più o in meno, relativa alla variabilità individuale, appunto. L'atleta viene fermato come se fosse positivo ad un test antidoping nel caso che questi valori risultino alterati oltre il "range" fisiologico personale.
Un buon passo in avanti dunque, ma solo a patto che il progetto sia realizzato nelle forme e nelle modalità adeguate. E non cene sono tante. L'elemento sorpresa, ad esempio, è fondamentale per avere una "foto" realistica dei dati ematici e biologici dell'atleta. Il motivo è semplice: il progresso della tecnologia odierna consente ai male intenzionati di cambiare le carte in tavola con pochi minuti di preavviso. E il tennis i test a sorpresa li fa, si, dal 2005, ma solo a fine stagione. Saranno estesi a tutto l'anno con il passaporto.
Il programma dell'Itf non è limitato ai primi 50 del mondo (Atp e Wta), comprende i 10 migliori nel doppio e i disabili. «È nell'interesse del nostro sport adottare il passaporto ed aumentare i test del sangue fuori dalle competizioni», ha detto Stacey Allaster, presidente della Wta. Gli ha fatto eco il presidente dell'Atp Brad Drewett: «I giocatori vogliono un aumento degli investimenti nella lotta al doping, che è il modo più efficace per mostrare al mondo che il tennis è uno sport pulito». Allineato anche il numero 1 Itf, Ricci Bitti: «Un grosso passo avanti». Si vedrà.

Indian Wells: Schiavone batte Pennetta E ora la Sharapova: «È un'opportunità»

Luca Marianantoni, La Gazzetta dello Sport dell'8.3.2013

Il derby tra le ex regine del tennis italiano ha aperto il torneo di Indian Wells consegnando a Francesca Schiavone una vittoria dai sapori antichi e a Flavia Pennetta una sconfitta largamente rimediabile. Sul cemento californiano, la milanese ha interpretato la gara con la solita grinta di sempre e la brindisina ha retto in avvio in modo sorprendente, rispondendo colpo su colpo alle varianti tattiche della Schiavone. Avanti 5-3, Flavia ha avuto paura di vincere e Francesca si è impossessata della partita infilando 9 giochi consecutivi. Il tennis espresso sul campo è stato sostanzialmente buono, poi Flavia si è improvvisamente scollata denunciando una condizione fisica non ancora ottimale. Alla brindisina è mancato l'apporto del servizio (9 doppi falli in 9 turni di battuta con appena il 46% di prime palle) e una certa cattiveria agonistica nei momenti chiave, come le 11 palle break mancate su 14. Francesca aiutata da un fisico più integro, è stata più abile e decisa alla risposta e più determinata a imporre i propri ritmi.

Schiavo «Flavia è appena tornata da un infortunio — ha raccontato Francesca — e non aveva nelle gambe partite a sufficienza per contrastarmi come avrebbe voluto. Il primo set è stato davvero duro, poi nel secondo la fiducia è aumentata, stavo sempre meglio in campo e il mio livello è salito». Per capire come sarà il 2013 di Francesca, basta attendere il prossimo turno con Maria Sharapova. «Sono contenta di giocare contro Masha. E una possibilità da sfruttare per potermi esprimere ad alto livello. Giocare a Indian Wells è come stare in paradiso, la gente qui ama il tennis in modo profondo». Intanto ha preso il via anche il torneo maschile: Paolo Lorenzi ha superato il primo turno battendo il lussemburghese Gilles Muller.

Da Wimbledon a Medjugorie, la nuova vita di Mara

Francesco Gerace, Il Mattino dell'8.3.2013

Non rinnega nulla del suo passato sportivo, ma l'ex campionessa di tennis Mara Santangelo oggi è un'altra persona, rinata dopo un viaggio a Medjugorie; una donna irriconoscibile rispetto al passato, benché la sua bellezza sia rimasta intatta. «E il cuore che è cambiato - dice - ho scoperto il valore della verità e del bene, della castità e dell'amore vero».
È la stessa Mara atleta giramondo e molto ammirata, vincitrice nel doppio al Roland Garros (nel 2007 in coppia con l'australiana Alicia Molik) e agli Internazionali d'Italia, oltre che di una Fed Cup con la nazionale, a parlare di sé e della sua storia passata e presente nel libro «Te lo prometto» (Piemme editore) presentato ieri sera a Roma.
La nuova vita di Mara comincia nel 2009, al culmine della carriera, ma con due seri problemi che l'affliggono: una, la malformazione ai piedi che l'atleta non riesce più a dominare e che non le consente di giocare come vorrebbe; l'altra, l'inquietudine interiore, perché sente che pur avendo tutto, soldi successo bella vita, non è felice.
«Ho vissuto sempre di tennis, era il sogno della mia vita, ho vinto tanto, ho coronato il sogno. Avevo 9 anni quando vidi la Navratilova in tv e promisi a mia mamma che un giorno avrei giocato anch'io sul campo centrale di Wimbledon. Così è stato. Ma pur avendo raggiunto tutti i traguardi, sentivo un vuoto, qualcosa che mi mancava, non ero felice, mi portavo appresso per il mondo una maschera, ma non vivevo in libertà e serenità, recitavo un ruolo. Soffrivo e non sapevo darmi una spiegazione. Oltretutto, mi chiedevo: cosa sarà di me ora che smetto di giocare? Avevo vissuto solo per lo sport, e ora mi accorgevo che lo sport non poteva dare significato alla mia vita, al mio futuro» dice Mara.
«Poi l'amico Paolo Brosio mi parlò di Medjugorie, il paesino bosniaco dove da oltre trent'anni si verificano delle misteriose apparizioni della Madonna a un gruppetto di veggenti». Mara ci va più per curiosità che altro («la mia era una fede tiepida, non ero nemmeno cresimata, non andavo in chiesa, insomma») e là accade l'imprevisto. Dopo una notte di preghiera in mezzo ai sassi sulla collina delle apparizioni, Mara riscopre la fede.
Non fu incantesimo o suggestione, «semplicemente ebbi le risposte che cercavo. Quella sera chiesi a Maria di farmi capire cosa devo fare. Glielo chiedevo con ansia, perché per noi sportivi è un problema quando la carriera finisce. Uno cosa fa? Avevo il vuoto davanti. Ho avuto le risposte che cercavo e mi sono sentita serena. Da quel giorno è cambiato tutto. Come? Ho cominciato a vivere nell'amore, quello vero di Gesù, mi sono tolto la grande maschera che avevo addosso, ho smesso di nascondermi. Vivere nella verità del Vangelo ti fa stare bene, ti senti felice, stai con gli altri in un modo nuovo. Ho ripreso a vivere i sacramenti. Sono rinata. Allora ho pensato che dovevo condividere con tutti questa esperienza, far sapere che vivere nell'amore di Gesù porta felicità e rinnova l'esistenza. Basta dire di sì a questa chiamata. Io ho detto il mio sì C'è un momento in cui bisogna guardare oltre. Per me quell'oltre è la fede in Gesù e l'amore».
 

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