11/03/2013 12:04 CEST - L'approfondimento

Da Becker a Federer, com'è cambiata la longevità

TENNIS - La vittoria di Federer a Wimbledon ha probabilmente restituito fascino e valore ai tornei junior. La young generation è lontana. Attualmente in top100 ben ventisette giocatori superano i trent'anni. Stefano Pentagallo

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Roger Federer con il trofeo di Wimbledon
Roger Federer con il trofeo di Wimbledon

"Match point. Faccio rimbalzare la palla cercando la concentrazione, la lancio in aria, contro il cielo azzurro. L'elettricità sul centrale si taglia col coltello. E in quel momento provo l'emozione più forte di tutta la mia vita." Boris Becker, Wimbledon, 7 luglio 1985.

"Onestamente non ho ancora ben preso coscienza di questa vittoria. Ero talmente concentrato che quando la partita è finita ero solamente felice che la pressione se ne fosse andata. Oggi ho giocato benissimo." Roger Federer, Wimbledon, 9 luglio 2012.

Due momenti cardine della storia di Wimbledon, nonché del tennis, raccontati dalle parole dei protagonisti. Da una parte colui che ha ridimensionato fascino e valore dei tornei junior, dall'altra chi fascino e valore gliel'ha fatti probabilmente riacquistare. In mezzo oltre vent'anni di grandi cambiamenti in cui non basta più, accanto al talento, avere una struttura fisica superiore come quella dell'allora diciassettenne teutonico per emergere. In un tennis sempre più improntato sullo strapotere fisico dei suoi protagonisti, c'è bisogno di una crescita graduale accompagnata da abnegazione, impegno e sacrificio. La maturità tennisitica, oggigiorno, la si raggiunge tra i ventitré ed i ventisette anni, come dimostra anche questo grafico con l'età media degli Slam winner presa su base annuale (blu) e triennale (rosso).

Sempre più rari sono i grandi exploit, così come è sempre più difficile entrare a far parte del tennis che conta. Volendo restringere il lasso temporale, quello che è cambiato rispetto ad una quindicina d'anni fa non è tanto l'età media dei giocatori tra i primi cinquecento e duecento del mondo, quanto quella dei giocatori inseriti tra i primi cento e cinquanta. Le cause possono essere ricercate nell'aumento del livello di concorrenza a livello di Challenger. O con più probabilità nel sempre più crescente dislivello che s'è venuto a creare nell'assegnazione dei punti tra grandi e piccoli tornei.

Vien pure da chiedersi se non sia l'attuale generazione di giovani ad essere più scarsa rispetto a quella di dieci, quindici, vent'anni fa. Attualmente nella top100 sono solo due i giocatori al di sotto dei ventuno anni (Tomic e Dimitrov), dopo che dal '78 al 2008 erano sempre stati almeno cinque nel ranking di fine anno. Un trend negativo che ha raggiunto il suo punto più basso nel 2009, quando a stagione finita nessun under 21 risultava essere tra i primi cento giocatori del mondo, con il croato Marin Cilic che era il più giovane con i suoi ventuno anni e due mesi.

Difficile anche credere che la concorrenza sia più dura che in passato. Semmai a renderla più dura hanno contribuito l'evoluzione dei materiali insieme ad un'uniformazione delle superfici, con conseguente allungamento della carriera. Con i suoi trentuno anni, Roger Federer è l'archetipo per eccellenza di una generazione (over 30) che può contare su ben ventisette giocatori tra i primi cento del mondo. L'età media dei top100 negli ultimi quindici anni si è costantemente alzata. Così anche quella dei top10, rispetto agli anni della young generation in cui teenager come Krickstein, Becker, Chang, Edberg, Agassi entravano tra i primi dieci giocatori del mondo in un'età compresa tra i diciassette ed i diciannove anni.

Adesso il futuro non è più dei giovani, ma dei "vecchi". Ce lo dicono i grafici, ce lo dicono le statistiche, ce lo dicono le vittorie. Al Roland Garros dello scorso anno il tabellone era rappresentato per il 39% da over 30. Nel 2002 erano solo l'11%. Sempre l'anno scorso su 66 vincitori di tornei, in 13 avevano più di trent'anni. Quest'anno siamo già a quota due. E non si pongono limiti, ma nuovi obiettivi. Come Haas, che ha detto di sognare uno Slam. Perché non si è mai troppo vecchi per porsi nuovi obiettivi o sognare un altro sogno.

Stefano Pentagallo

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