26/03/2013 21:02 CEST - Rassegna nazionale

Inchiesta Repubblica: 2a parte. I mille affari del ragioniere. La replica della Fit. La risposta di Repubblica

TENNIS - Seconda parte dell'inchiesta di Repubblica. Tutti gli affari di Marco Perciballi, consulente di 12 federazioni, tra cui la Fit, e socio di molte società partecipate dalle stesse federazioni. All'interno la replica della Fit.

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Italia-Cile a Napoli
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I mille affari del ragioniere: così girano i soldi dello sport (Marco Mensurati e Fabio Tonacci, Repubblica, 25 marzo 2013, p.30)

La sede del Coni “ombra”, il Coni dei soldi gestiti “privatisticamente” e di quel complesso intreccio societario su cui poggia tutto lo sport italiano, si trova sopra un negozio di parrucchiere per signore, al secondo piano di una anonima palazzina in via Oriolo Romano 59, periferia nord della capitale. Vicina al Parco dell’Insugherata e lontanissima dagli sfarzi della sede ufficiale del Comitato olimpico. Qui, si trova il piccolo ufficio di Marco Perciballi, che di professione non fa solo il ragioniere.

La pulsantiera del suo citofono parla da sola. Una dopo l’altra, in bella evidenza, appaiono le sigle di una dozzina di società private, tutte riconducibili alle Federazioni sportive nazionali, e tutte con sede legale nel suo studio: Ciclistica servizi, Fids servizi (danza), Fit servizi (tennis), Fidal servizi (atletica), Equestrian service srl e altre. Cosa fanno esattamente? Da chi sono partecipate? Ma soprattutto, chi è davvero Marco Perciballi?

Nato a Velletri cinquant’anni fa, il ragioniere è tutto e niente, è ovunque ma non si vede mai. Incarnando plasticamente un colossale conflitto di interessi, per anni sfuggito chissà come ai radar del Coni, Perciballi è (o è stato, a seconda dei casi) contemporaneamente consulente fiscale delle federazioni, socio fondatore di alcune importanti controllate, nonché amministratore di società appaltanti. Come se non bastasse con la sua Servizi informatici società sportive srl è fornitore del software che fa funzionare molte società di servizi nelle quali transita una quota consistente dei soldi dello sport di base.

Ma Perciballi è anche l’uomo che ha contribuito a crearle, quelle società. È revisore dei conti, è presidente della Polisportiva Millennium Sporting Center di Lariano e chissà cos’altro ancora. Insomma: quello che è riuscito a fare in tanti anni di “discreta” presenza nello sport è stato architettare un modello societario che svincola una parte dei contributi pubblici da quella dicitura “senza scopo di lucro” che è bandiera e missione di ogni federazione. Un modello replicabile e replicato.

E deve essere piuttosto bravo visto che ben dodici federazioni, tra cui atletica leggera, pugilato, ciclismo, motociclismo, canottaggio, pallavolo lo hanno scelto (e pagato) come consulente. Naturalmente lavora anche con il tennis: solo con le sue consulenze alla Fit e alle controllate Fit Servizi, Mario Belardinelli e Sportcast, ha guadagnato 152 mila euro nel 2011. Perciballi deteneva anche il 2,5 per cento del capitale della Fit Servizi. Ma pochi giorni dopo la visita dei cronisti di Repubblica nel suo studio - e in coincidenza con il cambio della guardia al Coni - ha dismesso la sua quota. «Il ragioniere vi richiamerà nel pomeriggio», aveva assicurato la sua segretaria quel giorno. Ma purtroppo il ragioniere non ha mai avuto modo di farlo (né di rispondere al telefonino nei giorni successivi).

Nonostante la dismissione della quota in Fit Servizi, la presenza nel panorama sportivo nazionale è rimasta a dir poco massiccia, visto che Perciballi è un “collezionista” di 3%. Negli anni sul suo portafogli è transitata - senza insospettire la dirigenza del Coni - la medesima, simbolica quota della Ciclistica Servizi Srl (il restante 97% era della Federciclismo, che poi ha rilevato tutto il pacchetto), della Equestrian Service Srl (97% alla Federazione sport equestri), Fids Servizi Srl (il restante 97 alla Federazione Danza), Fidal  Servizi Spa (97% Federazione atletica leggera). Di tutto questo si trova traccia nella visura camerale fatta con il suo nome.

Ma a cosa serve questa galassia di società di servizi? A dare un’occhiata ai contratti che legano queste alle loro controllanti, qualcosa che chiarisca le idee, in realtà, si trova: il “cambio di fine sociale”. Prendiamo ancora ad esempio la Federtennis: riceve ingenti contributi pubblici (circa 6 milioni di euro) ed è “una società senza fini di lucro”. Ma la Fit servizi, nata nel 2007 e partecipata oggi al 90 per cento dalla federazione, in quanto società a responsabilità limitata ha, eccome, il fine del lucro. Ha una quarantina di dipendenti, costa in personale 1,3 milioni di euro e non ha l’obbligo di osservare le stesse rigide regole di trasparenza cui è tenuta la sua controllante.

Per statuto gestisce buona parte dei settori più remunerativi del tennis italiano: raccolta delle quote dei tesseramenti, delle tasse per la partecipazione ai tornei, delle tasse per i reclami, ma soprattutto gestisce le relazioni con gli sponsor, e l’organizzazione dei grandi tornei (Fed Cup, Coppa Davis e Internazionali di Italia). Detto in altri termini, le società di servizi funzionano da membrana, talvolta opaca, tra le federazioni e i soldi. Un caso - quello appunto della Fit servizi - è nel mirino degli investigatori di Napoli, e ne abbiamo dato conto ieri.

Sotto gli occhi del nuovo presidente del Coni Giovanni Malagò, invece, a questo punto si materializza una sfida: riportare le federazioni sportive ad occuparsi prima di tutto di sport, semplificare le complesse geometrie societarie che si sono create, riconsegnare ai tesserati i centri tecnici come quello del tennis di Fuorigrotta. Sarà come scalare una montagna, visto che ancora ieri al Coni in molti fingevano di non conoscere il vero ruolo di Perciballi. Eppure lo hanno invitato tante volte ai convegni. (2-fine)

La replica della Fit

A seguito dell'articolo pubblicato da Repubblica, la Federtennis ha pubblicato una dura replica, che compare sul sito federale con il titolo "Campagna diffamatoria. La Repubblica passa il segno" e che vi proponiamo integralmente.

Siccome il lupo perde il pelo ma non il vizio, nell’attesa della prima udienza della causa civile che la FIT è stata costretta a muoverle per il (maldestro) tentativo di diffamazione effettuato appena qualche mese fa, il quotidiano “la Repubblica” è tornato all’assalto della verità rovesciando per due giorni sul tennis italiano una nuova ondata di fango, e solo in apparenza meno maldestramente della prima.
Però non è bastato utilizzare un paio di penne più professionali di quella dilettantesca dell’altra volta per evitare di ripetere lo stesso duplice errore, vale a dire quello di prestarsi a interessate strumentalizzazioni esterne senza prendersi la briga di sollevare il telefono per effettuare un minimo di verifica prima di scrivere baggianate, e, peggio, quello di svolgere un’attività che la stessa “Repubblica” ama definire – quando sono gli altri a praticarla – “di dossieraggio”.
Negli angusti limiti concessici dalla legge, abbiamo inviato a “la Repubblica” puntuali repliche liofilizzate, la prima delle quali gli intrepidi paladini della legalità e della trasparenza (altrui) si sono ben guardati dal pubblicare integralmente, eliminandone le parti per loro più scomode e stravolgendo il senso delle altre. Per cui ve la riproponiamo qui sotto, in modo che, volendo, possiate rileggerla.
Ecco, invece, il testo della seconda richiesta di rettifica, spedita oggi:

“Gentile Direttore
mi trovo costretto a inviarLe una seconda lettera per lamentare il fatto che la rettifica alle affermazioni riportate alla p. 62 della edizione di ieri del giornale da Lei diretto non è stata pubblicata, nonostante rispettasse rigorosamente il limite delle 30 righe previste dalla legge.
Il contenuto della rettifica è stato riassunto a proprio piacimento dal giornalista Mensurati, il quale ha omesso del tutto di riferire alcune circostanze determinanti, come ad esempio, quella che spiegava come sugli immobili, acquistati per farne la sede di quattro Comitati Regionali, la FIT abbia preventivamente affidato alle locali Agenzie del Territorio il compito di svolgere perizie per attestarne il valore.
La invito dunque, ai sensi della legge sulla stampa, a riportare integralmente la mia rettifica, che Le rispedisco separatamente.
Con riguardo all’articolo che compare oggi a pagina 42 di “la Repubblica”, La invito a pubblicare le seguenti rettifiche:
- FIT Servizi srl non gestisce l’attività degli Internazionali BNL d’Italia, che in realtà sono cogestiti da FIT e Coni Servizi spa.
- FIT Servizi srl presta servizi per attività non strettamente istituzionali, quali, ad esempio, quelle legate alla conduzione dei Centri Estivi, e i suoi bilanci sono certificati da una delle più grandi società di revisione del mondo e trasmessi al Coni unitamente a quelli della FIT.
- Gli utili realizzati da FIT Servizi srl non sono mai stati distribuiti tra i soci, ma hanno contribuito ad incrementare il patrimonio della società, che per il 90% è della FIT. Né vi è stata alcuna plusvalenza realizzata dal ragionier Perciballi, il quale ha ceduto alla FIT la propria quota al medesimo valore al quale l’aveva acquistata.
Distinti saluti
Angelo Binaghi
Presidente della Federazione Italiana Tennis”

PS – Reiterando un errore già commesso dai loro predecessori e probabilmente dovuto, almeno questo, a pura e semplice ignoranza, gli autori della presunta inchiesta di “Repubblica” definiscono “pubblici” i soldi che la FIT impiega in tutte le sue attività, mentre i contributi che essa riceve dal Coni, ammontanti a una ridotta frazione del suo fatturato, sono esclusivamente impiegati per quelle sportive. Gli altri sono soldi privati, che chi liberamente si affilia alla FIT liberamente versa in cambio dei servizi che riceve. Si tratta di soldi del tennis italiano, sul cui corretto impiego vegliano sia i Revisori dei Conti federali (fra i quali uno designato dal Ministero del Tesoro), sia una delle più grandi aziende di revisione contabile del mondo, la Ernst&Young, sia, naturalmente, il Coni. Controlli che sono, come minimo, altrettanto articolati, stringenti e approfonditi di quelli ai quali sono sottoposti i bilanci del Gruppo L’Espresso-Repubblica, che, ne siamo certi, gestisce con rigore e oculatezza gli assai più corposi fondi pubblici che a sua volta riceve dallo Stato (oltre 16 milioni di euro nel 2010).

La risposta degli autori

Alla richiesta di rettifica, gli autori dell'inchiesta hanno risposto così. Richieste e risposta sono a pagina 56 dell'edizione di oggi

Comprendiamo l'imbarazzo istituzionale in cui versano in queste ore la Fit e i suoi dirigenti. Ma, in attesa che il presidente del Coni, Malagòdiaseguitoai buoni propositi elettorali, ci troviamo costretti a osservare che: - Nella «scrittura integrativa al contratto sottoscritto il I gennaio 2008» tra FiteFitServizi, all'articolo 3.2 punto C), si specifica che «la Fit conferisce alla Fit Servizi, che accetta, (..) l'incarico di svolgere i servizi necessari al corretto funzionamento delle attività commerciali e di marketing del Torneo (gli Internazionali, ndr)» (vale a dire: «individuazione e selezione di fornitori e sponsor», «trattative contrattuali», «coordinamento società esterne e degli agenti», «coordinamento e gestione dei "villaggi", delle serate di gala, delle con-ferenzestampaediognial-tro evento collaterale»). Al punto D) si aggiunge che la Fit servizi si occuperà anche della logistica, degli impianti, della cartelloni-stica e del branding - Non abbiamo mai par-lato di bilanci compilati in maniera scorretta o incompleta. - Non abbiamo mai par-latodiplusvalenze nédi re-distribuzioni di utili. Ma solo di un platealeconflitto di interessi edel ruolo di un ragioniere/consulente/so-cio/amministratore/forni-tore.Al quale, curiosamente, il pur attento Binaghi non fa alcun riferimento. (ma.me - f.t.)

 

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