28/03/2013 14:59 CEST - L'APPROFONDIMENTO

L'evoluzione del tennis sta arrivando al suo limite?

TENNIS - L'impressionante atletismo e i progressi tecnologici hanno portato il tennis a un livello senza precedenti, motivo per cui i grandi colpi del passato (come il dritto di Sampras) sembrano "vecchi". lucabaldi

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Jimmy Connors e il Federer che ha battuto Sampras: quasi la stessa Wilson, corde diversissime
Jimmy Connors e il Federer che ha battuto Sampras: quasi la stessa Wilson, corde diversissime

Ritengo doverosa una premessa: le conclusioni del precedente articolo su rotazioni e velocità di palla, pur supportate dai dati, volevano essere ironiche, essendo basate su riscontri e misurazioni se non sorprendenti sicuramente non scontate. Nessun intento dispregiativo, ci mancherebbe.
Che il dritto di Sampras sia stato uno dei colpi più clamorosi della storia del tennis non serve certo che venga a dirlo un semplice maestro di provincia quale sono io, così come il definire "arrotino" Federer era un'evidente provocazione fatta tenendo conto esclusivamente dei "crudi" numeri sulle rotazioni.

Il messaggio che però ritengo sia importante far comprendere è che l'evoluzione verso l'alto in termini di prestazioni tecniche e atletiche del tennis è una realtà, e va accettata, per quanto innamorati si possa essere dei campioni del passato. Sampras ha disintegrato il circuito per quasi dieci anni, e rimarrà sempre uno dei giocatori più spettacolari e talentuosi mai visti. Però è altrettanto evidente che nelle condizioni di gioco odierne un dritto che gira a quasi 1000 r.p.m. meno degli altri non potrebbe essere competitivo, e di conseguenza (qui chiedo scusa per il gergo “da campo”, chi gioca mi capirà) se non tiri tutto sulle righe belve come Federer, Djokovic, Nadal e Murray entrano in anticipo e ti spediscono sui teloni in tre scambi. Dovesse poi venirti l'idea di sfuggire al martellamento andando a rete, ti stampano il passante nei denti. Esattamente come avrebbe tranquillamente fatto Sampras con Borg o Laver.

Chiarito che il confronto tra epoche diverse sulla base della prestazione non è fattibile, è invece interessante esaminare dati disponibili solo da pochi anni (15, per l'esattezza) cercando di capire come questa evoluzione (innegabile a questo punto, spero) abbia avuto luogo, quali aspetti del gioco siano stati influenzati e in che misura. Le misurazioni le abbiamo viste. Tutti sono d'accordo sul fatto che gli attrezzi, le corde (soprattutto le corde, relativamente meno le racchette: Federer ha giocato fino al 2001 con una pro staff original praticamente uguale a quella utilizzata da Connors nel 1985, e così Sampras), l'atletismo, le impugnature, le stance frontali, eccetera, sono stati  elementi determinanti per arrivare a tali valori.

Ma determinanti in che modo? I numeri finalmente hanno dato una risposta, e c'è poco da fare, è univoca ed estremamente chiara. Più rotazione si è in grado di imprimere alla palla, più il colpo potrà essere veloce e di conseguenza efficace. Più la palla gira, più velocità potrà avere rimanendo dentro le righe, come conseguenza della traiettoria più arcuata. Al diminuire della rotazione in avanti, dovrà diminuire anche la velocità, fino ad arrivare all'estremo teorico della palla assolutamente piatta, quella colpita con impugnatura continentale, quella di cui si può leggere la marca mentre è in volo, e che potendo contare solo sulla forza di gravità per ricadere in campo dovrà necessariamente essere molto rallentata. Non è un caso che le medie di top-spin di giocatori quali Roger, Rafa e Nole, i quali non è che abbiano vinto poco ultimamente, siano le più elevate.

Ribadisco che stiamo parlando di medie sullo scambio, non di accelerazioni o winner tirati prendendosi i rischi del caso. Ma tali medie costituiscono la “spina dorsale” del gioco di un tennista, la base su cui costruire le geometrie e gli anticipi che portano all'apertura di campo, e di conseguenza al punto. Così come non stiamo prendendo in considerazione altri aspetti tecnici-tattici-strategici quali il timing, il cosiddetto “tocco di palla”, le qualità agonistiche mentali e fisiche: queste sono le variabili che determinano le differenze tra i campioni che ammiriamo adesso, ma sono abilità che si collocano come un “di più” sulle solide fondamenta della capacità (comune a tutti i professionisti di alto livello attuali) di generare pressione con dei fondamentali da fondocampo velocissimi e carichi di rotazione. In una parola, colpi pesanti.

Non ha alcun senso guardare e prendere a paragone i video di highlights con Sampras, Becker o Lendl, dove sembra che si tirino mazzate paragonabili a quelle di adesso: probabilmente pure Bill Tilden avrà colpito qualche dritto a 160 all'ora e più, a volte, così come può farlo qualunque NC (magari mettendolo dentro in un caso su cento, per poi raccontarlo al bar del circolo). Ma in una partita di tennis “standard” immaginiamo che si giochino 120 punti, 6-4 6-4 con sei punti a game di media. Immaginiamo pure che sia un partitone leggendario tra campionissimi in forma, in vena di regalare magie al pubblico, in cui i tennisti realizzano percentuali strepitose, diciamo 20 vincenti e 10 ace a testa. Totale 60. Gli altri 60 punti (la meta! Ed è lì che le spesso partite prendono una direzione piuttosto che un'altra!) saranno determinati dalla capacità dei giocatori di tenere ritmi elevati (quindi rotazioni e velocità consistenti e continui) che porteranno l'avversario all'errore, alla perdita di terreno sul campo, alla fatica fisica nel tenere palleggi tanto impegnativi. Il tracciante lungolinea da standing ovation, tra i professionisti, non è praticamente mai un “jolly” giocato a caso, ma la possibilità stessa di tirarlo si origina nelle fasi precedenti dello scambio, tipicamente un'efficace pressione sulle diagonali maggiori, soprattutto – per ragioni geometriche e biomeccaniche - quella di dritto. Il tennis è uno sport di percentuali, e tanto più si evolve verso prestazioni estreme, tanto più i margini anche piccoli (un centinaio di r.p.m. o 10 kmh in più sulla media del dritto, per esempio) fanno la differenza. Non certo la capacità di sparare un missile a fil di rete ogni tanto.

Personalmente, da tecnico, trovo impressionanti i prodigi balistici che i campioni di oggi riescono a ricavare dai loro colpi, ma quella che mi risulta assolutamente pazzesca è la mostruosa rapidità, coordinazione dei piedi e dell'equilibrio, perfezione del footwork, e tenuta atletica, che permettono ai fenomeni attualmente in vetta alle classifiche di coprire il campo a “ritmi base” di palleggio del genere, gestendo in apparente disinvoltura sequenze da decine di colpi che in epoche precedenti sarebbero stati vincenti senza ritorno.

Fermo restando che, per lo spettatore come per l'addetto ai lavori, il fascino del colpo “al limite”, che sia un anticipo in controbalzo di Federer, un “banana shot” di Nadal, un recupero impossibile di Djokovic, e chi più ne ha più ne metta, costituisce la principale ragione per cui il tennis risulta tanto appassionante. Ma comprendere meglio le fondamenta da cui nasce il tutto, quindi ritmo, pressione, rotazioni e footwork, non deve essere visto come uno svilire la bellezza del gioco riducendolo a numeri e percentuali: al contrario, deve far riflettere su quali livelli di abilità e talento ci vogliano oggi per emergere e brillare in uno sport tanto evoluto e a mio avviso ormai vicino ai propri limiti assoluti.

lucabaldi

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