26/07/2013 20:56 CEST - La sentenza Troicki

I giudici: Troicki non poteva rifiutare il test (parte 1)

TENNIS - Analizziamo la sentenza del tribunale indipendente che ha sospeso Troicki per 18 mesi. Il serbo si è rifiutato di dare un campione di sangue durante un controllo a Montecarlo. "Ho paura degli aghi e stavo male" dice. "La dottoressa mi ha detto che povevo: bastava scrivere una lettera all'ITF". Lei nega. I giudici credono a lei ma non a Troicki. Perché? Prima parte. Alessandro Mastroluca

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Viktor Troicki è stato sospeso per 18 mesi perché si è rifiutato di fornire un campione di sangue per un controllo a Montecarlo, il 15 aprile 2013. Ha dato regolarmente un campione di urina, comunque. E, a quanto spiega sul suo sito ufficiale, "ho fatto i test su sangue e urina il giorno dopo: e sono risultati negativi". La regola 2.3 del regolamento antidoping  stabilisce però che un giocatore non può rifiutarsi di sottoporsi a un controllo salvo “compelling justification”, una giustificazione persuasiva. La ratio è facile da comprendere: un tennista x che abbia assunto una sostanza proibita dall'emivita breve potrebbe tentare di differire il controllo per consentire all'organismo di smaltire quella sostanza e passare così indenne i controlli.

Perché Viktor Troicki non ha voluto fornire il campione di sangue per il test del 15 aprile? “Ho paura degli aghi”, dice. È una fobia che Troicki ha ereditato dal padre. Ha sensazioni di panico prima e vertigini e nausea dopo, come ha testimoniato il professor Djukic che gli ha prelevato un campione di sangue nel 2007. E quel 15 aprile Troicki sta male, lo dice anche al suo allenatore, Jack Reader. Anche la dottoressa incaricata dei test (DCO), la dottoressa Gorodilova, lo vede debole e pallido. Il malessere e la fobia degli aghi rientrano nella fumosa categoria della "compelling justification"? Per i giudici, no.

“La dottoressa mi ha detto che nelle mie condizioni potevo rifiutarmi: bastava che scrivessi una lettera all'ITF e non mi sarebbe successo niente”. Troicki ha testimoniato che “la dottoressa mi ha rassicurato quattro o cinque volte che scrivendo una lettera all'ITF motivando il mio comportamento tutto sarebbe andato bene”.  La DCO, la dottoressa Gorodilova, però nega e sostiene di fronte ai giudici di aver sì suggerito a Troicki di scrivere all'ITF, ma solo perché “lui aveva preso la decisione di non fornire il campione; lui doveva spiegare all'ITF perché”. Nessuno può provare la sua verità.

Il giudice Ian Mill crede al medico: è troppo esperta per aver detto una cosa del genere, scrive. E se invece l'avesse detto davvero e abbia poi cercato di salvare lavoro e reputazione una volta accortasi di essersi spinta troppo in là? La possibilità non viene presa in considerazione nella sentenza.

Addentriamoci allora nella ricostruzione attraverso le parti salienti della decisione, firmata dal giudice Mill, presidente della corte, e dai dottori Jose A. Pascual e Barry O'Driscoll.

LA FIRMA DEI MODULI
Prima di entrare nella stanza per i controlli, gli vengono consegnati due moduli da firmare, per i due test su urine e sangue. Nella sezione 2 c'è scritto, tra le altre cose: “Comprendo che ogni rifiuto o insuccesso nel sottoporsi al test e/o ogni tentativo di interferire con il processo del controllo antidoping può essere considerato una violazione del regolamento antidoping”. Troicki, secondo la ricostruzione dei giudici, firma solo quello per il test sulle urine. Prima di entrare nella stanza dei controlli, passa davanti all'ufficio del manager dell'ATP, Bratoev, Troicki gli dice che è stato selezionato per i test ma non si sente bene. Bratoev gli risponde che deve fare sottoporsi al test comunque.

IL TEST
Troicki fornisce un campione di urina alla presenza della dottoressa Gorodilova e del suo assistente, il signor Gan. Gan verrà chiamato a testimoniare, ma avrà bisogno di un'interprete, in quanto di madrelingua francese: la sua testimonianza, però, non viene considerata rilevante, in quanto non dimostra di aver compreso tutti i dettagli di quello che Troicki e Gorovilova si sono detti e fornisce dichiarazioni discordanti rispetto alla sua precedente dichiarazione giurata.

La dottoressa poi chiede a Troicki perché non abbia firmato la sezione 2 del modulo per i controlli sul sangue. Perché sto male e ho paura che potrei stare peggio, risponde Troicki. Ricordiamo che per i test antidoping un giocatore deve fornire due campioni (per analisi e controanalisi) da 3 ml o da 5 ml in caso di controlli sul siero per verificare ad esempio la presenza di ormone della crescita (come specificato negli articoli 5.8.1 e 5.8.2 delle linee guida Wada sulla raccolta dei campioni di sangue). Troicki  domanda alla dottoressa se c'è la possibilità di sottoporsi al test in un secondo momento. Il serbo dichiara di essere stato rassicurato al 100% di questa possibilità.

LA LETTERA ALL'ITF
Su suggerimento della dottoressa Gorodilova, Troicki scrive una lettera al dottor Stuart Miller, che presiede il programma antidoping dell'ITF, per spiegare perché si fosse rifiutato di sottoporsi al test. Troicki tenta di parlare al telefono con Miller, che Gorodilova gli descrive come “il capo... quello che prende le decisioni”, ma invano. “Ho provato a telefonargli perché volevo essere sicuro al 100%”, scrive quattro giorni dopo in risposta alla notifica che l'ITF gli invia per 'possibile violazione del regolamento antidoping'. Nella lettera si legge:

Non potevo fare il controllo sul sangue oggi perché mi sentivo molto male (…), ho chiesto gentilmente se potevo rimandare, dato che mi sento svenire dopo aver dato il sangue e in questo caso stavo male già da prima e sentivo che la mia salute sarebbe ulteriormente peggiorata se avessi fatto il test oggi. Mi sono sempre sottoposto ai controlli finora, e lo farò sempre in futuro, ma oggi non potevo fornire un campione di sangue. Grazie in anticipo per la comprensione”.

Mentre Troicki sta scrivendo la lettera, accertano i giudici, nella stanza entra il coach Jack Reader che si accomoda su una sedia e non parla con nessuno: non chiede a Troicki cosa stia scrivendo né perché, non chiede spiegazioni alla dottoressa Gorodilova, ma si limita a firmare insieme a Troicki la sezione 2 del modulo per il test ematico (quello che Troicki non aveva firmato entrando nella stanza) a cui è allegata la lettera a Miller.

Il coach testimonia che Troicki, per due volte, ha chiesto alla dottoressa se “potranno esserci problemi così facendo”. La dottoressa, ha dichiarato Reader, risponde che “non dovrebbero sussistere”.

Questi passaggi” scrive il giudice, “non supportano la posizione assunta dal signor Troicki, ovvero di aver ricevuto assolute rassicurazioni dalla dottoressa Gorodilova che non ci sarebbero stati problemi se avesse fornito spiegazioni per iscritto all'ITF”. Il giudizio della corte nei confronti di Reader è particolarmente negativo: “Non siamo stati persuasi dal signor Reader”, “non siamo convinti di dover accettare con fiducia la sua testimonianza su questo aspetto centrale”. Inoltre, “pur essendo un coach professionista dal 1985 ha dimostrato di non conoscere i dettagli del regolamento antidoping dell'ITF. E non ha mai chiesto al DCO, quando si trovava nella stanza dei test, se il suo giocatore avesse davvero la facoltà di non fornire il campione di sangue, pur avendo apparentemente la percezione che lo stesso Troicki non fosse sicuro di poterlo fare; non ha parlato con il suo giocatore una volta usciti dalla stanza dei controlli, non gli ha chiesto come si sentiva e cosa pensasse di fare per curarsi”.

IL COLLOQUIO CON BRATOEV
Di ritorno dalla stanza dei test, Troicki e Reader passano di nuovo davanti all'ufficio di Bratoev. Troicki gli spiega: “Ho detto alla dottoressa che mi girava la testa, gli ho chiesto cinque volte se potevo non fare il test sul sangue e lei mi ha detto che non c'erano problemi visto che stavo male”. Bratoev parla anche con Reader: “In sostanza mi ha detto che era lì mentre Viktor, che avrebbe dovuto effettuare il test, stava scrivendo la sua lettera di spiegazioni. Mi ha praticamente confermato che la dottoressa Gorovilova stava dicendo a Viktor cosa scrivere nella lettera”.

 

PRIME OSSERVAZIONI

Non c'è chiarezza, dunque, su cosa abbia risposto la dottoressa alla domanda di Troicki: “Ci saranno problemi così facendo?”. “Non ci sono problemi” riferisce nell'immediato il giocatore a Bratoev nel suo ufficio; “Non dovrebbero esserci” testimonia a freddo Reader. A chi credere? Come tutti gli appassionati di polizieschi e legal thriller, le testimonianze raccolte immediatamente dopo i fatti sono in genere le più attendibili.

L'idea che Reader menta a Bratoev subito dopo il fatto, infatti, non appare del tutto plausibile. I giudici considerano accertato che non parla con Troicki né prima né subito dopo il test. Quindi: o non sa nulla dell'oggetto e del perché della lettera, e allora perché mentire pochi minuti dopo? Oppure non parla con Troicki perché già sa da prima, e questo aprirebbe il sipario a una sorta di premeditazione; ma la premeditazione richiede una conoscenza dei dettagli delle regole che né Reader, come scrivono i giudici, né Troicki, il quale chiede più volte rassicurato e non convinto prova a telefonare a Miller, dimostrano di possedere.

Allora viene da chiedersi: perché la dottoressa detta la lettera a Troicki? Solo per altruismo? “Lui aveva preso la decisione di non fornire il campione; lui doveva spiegare all'ITF” ha spiegato la dottoressa: e allora perché gli suggerisce cosa scrivere? Domande cui i giudici non danno risposta.

Nella seconda parte ci concentreremo sulla dottoressa Gorovilova, sul rapporto che ha stilato quella notte e su quello che farà il giorno successivo.

Alessandro Mastroluca

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