11/08/2013 09:37 CEST - Us Open

Monica Seles nella Us Open Court of Champions

Monica Seles entrerà nello Us Open Court of Champions, che onora i più grandi vincitori nella storia del torneo. Seles ha trionfato nel 1991 e 1992. Ciaccia, con speciale a cura di Mastroluca

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Una giuria di giornalisti ha decretato d’inserire l’ex numero al mondo Monica Seles nel Court of Champions degli US Open.

Altri giocatori insigniti della medesima questa onorificenza sono Andre Agassi, Arthur Ashe, Jimmy Connors, Margaret Court, Chris Evert, Steffi Graf, Billie Jean King, Rod Laver, Ivan Lendl, John McEnroe, Martina Navratilova e Pete Sampras, per citarne qualcuno.

La Seles che detiene ancora il record della più giovane vincitrice del Roland Garros a soli 16 anni, può vantare un totale di 9 titoli del grande slam. Unanime la decisione della commissione per i meriti della giocatrice naturalizzata americana che ha vinto gli US Open per due anni consecutivi nel 1991 e 1992, e perso due volte in finale nel 1995 e nel 1996. La cerimonia si svolgerà l’8 Settembre prima della finale femminile e sarà presentata da Mary Joe Fernandez.

LA CARRIERA DI MONICA SELES

Gli esordi (Fazio)

Nata a Novi Sad, in Jugoslavia, Monica capì a sei anni che sarebbe diventata una tennista quando in una vacanza sul mare Adriatico, osservò suo padre Karolj e suo fratello Zoltan che prendevano una borsa con le racchette Quando chiese dove stavano andando, suo fratello rispose: "A giocare a tennis." Lei aveva udito solo la parola "gioco" da quella frase ed era suonato come un divertimento. Non ha mai, molti anni dopo quel momento, davvero smesso di giocare, anche se rapidamente il tennis ha cessato di essere qualcosa di simile al divertimento.
Il padre in gioventù era stato un campione sportivo ma non avendo potuto proseguire la sua carriera nell’atletica, si ripromise che i figli non avrebbero fatto lo stesso. Il fratello Zoltan è stato un top-ten nella classifica juniores del suo paese e giocava con Boris Becker e Stefan Edberg nelle manifestazioni europee. Monica voleva assolutamente batterlo anche se lui era di otto anni più grande.
In famiglia la nonna e la madre dicevano che non era nella natura di una ragazza giocare così tanto a tennis ma né il papà né Monica avrebbero ascoltato. Era una grande amante dei cartoni animati, così Karolj decise di disegnare il volto di Jerry su ogni palla da tennis e Monica sarebbe stata il gatto Tom che cercava con la sua racchetta di acciuffare il topolino che le era sfuggito. Faceva questo per molte ore al giorno. Vivevano in un appartamento e i bambini non erano ammessi al tennis club locale e così il padre mise una rete tra due auto nel parcheggio vicino casa e Monica doveva indirizzare le palle negli scatoloni predisposti negli angoli del campo. Poteva salire per la cena solo quando 200 palle precise erano posizionate nelle scatole.
La Seles guarda a questo come un momento d'oro. L'unico timore successivamente nella sua vita sarebbe stato quello di perdere. “Ho parlato con alcuni campioni di tennis, nel corso degli anni - McEnroe, Borg, Agassi, Federer - e nonostante abbiano caratteri differenti, sono uniti da una cosa: una schiacciante paura del dolore della sconfitta”. (continua a leggere)

Quattro anni di dominio (Fazio)

Nel maggio del 1989 vinse il suo primo torneo WTA a Houston battendo in finale Chris Evert. Poco dopo arrivò in semifinale al Roland Garros, sconfitta dalla numero uno del mondo Steffi Graf. Il mondo del tennis rimase affascinato da questa mancina,“quadrumane”,capace di arrivare sempre sulla palla ed imprimere accelerazioni impressionanti in ogni angolo del campo. Ma passò alla storia anche per il suo “grunting” quando colpiva la palla. La Seles disse che non era mai stata veramente consapevole dei suoi rantoli prima dell’ attenzione dei media su di esso, perché lo aveva fatto da quando era una bambina.
Monica non aveva mai pensato a se stessa come una grande giocatrice fino a quando batté la stessa Steffi Graf nella finale dei French Open dell’anno successivo all’età di 16 anni. Per tre anni Monica dominò il circuito. Fra il gennaio 1991 e il febbraio 1993 Monica Seles vinse 22 titoli WTA, raggiungendo 33 finali su 34 tornei disputati. Il suo score tra vittorie e sconfitte in quel periodo fu di 159 a 12 (92,9% di vittorie). Nei major era un impressionante 55 a 1. Complessivamente, tra il 1990 e l'inizio del 1993 la Seles vinse otto titoli del Grande Slam. A soli 19 anni la Seles era in testa alle classifiche da oltre due anni. (continua a leggere)

L'aggressione (Mastroluca)

“Ho imparato che niente va mai come pensi”. Monica Seles l'ha imparato nell'attimo drammatico in cui ha visto il suo sangue tingere la terra rossa della Rothenbaum arena di Amburgo. Sono le cinque del pomeriggio del 30 aprile 1993. Monica Seles sta agevolmente vincendo 61 43 il suo incontro quarto di finale contro Magdalena Maleeva. (...)

È stata lei a interrompere il regno al vertice del ranking WTA di Steffi Graf, durato ininterrottamente dal 1987 al 1991. All'inizio di quella stagione, Graf e Seles si sono alternate due volte al vertice della classifica, ma dal 9 settembre 1991 Seles è tornata numero 1 senza più cedere lo scettro. Quel giorno è cambiata la vita di Gunther Parche, tornitore disoccupato di 38 anni che ha visto la passione per il tennis femminile e per Steffi Graf tramutarsi prima in adulazione per Fraulein Forehand poi in un'autentica ossessione. Gunther entra in una spirale di disperazione, di depressione tanto da accarezzare l'idea del suicidio.

Al cambio campo, si mescola facilmente tra la gente che si alza per andare in bagno o a comprare da bere e riesce a raggiungere la prima fila. Tra lui e Monica Seles c'è solo una ringhiera alta mezzo metro. Nessuno lo nota mentre estrae da una borsa verde un coltello da cucina con la lama da sedici centimetri e sporgendosi oltre la ringhiera lo pianta nella schiena di Monica Seles, che si era appena chinata in avanti per bere un sorso d'acqua. "E’ strano” scrive, “ come le cose più insignificanti possano avere un tale impatto sulla tua vita. I medici mi hanno detto più tardi che, se non mi avessi protesa in avanti proprio in quel momento, avrei rischiato seriamente la paralisi”.

“Sentii un dolore terribile nella schiena” ricorda. "Un dolore che da sinistra si irradiava dovunque. Sentii un urlo disumano, quasi fosse un altro, e non io stessa, a gridare. Mi voltai. L' uomo teneva un coltello con entrambe le mani, lo stava alzando. Mi ritrovai un metro oltre la sedia sulla quale mi stavo riposando, al cambio di campo. Non so ancora come riuscii a buttarmi a terra , mentre lo guardavo. Era lo stesso che avevo visto all'hotel, lo stesso che seguiva tutti i miei allenamenti. Una guardia gli balzò addosso, lo bloccò con una presa alla gola. Madeleine van Zoelen, la fisioterapista, mi abbracciò, spinse qualcosa contro la mia ferita. Mio fratello Zoltan apparve di fronte a me. Ero stata pugnalata. Una parola, pensai, incredibile”.

L'arbitro, Stefan Voss, chiede immediatamente asciugamani e ghiaccio. Yulia Maleeva, la madre di Magdalena, urla anche se la figlia nei primi momenti non si rende bene conto di cosa stia accadendo. La security arresta Gunther Parche mentre sta tentando di vibrare un secondo colpo. Viene accusato di tentato omicidio, reato che prevede una pena massima di 20 anni, e si dichiara immediatamente colpevole. Nella deposizione si legge: “Sono un gran tifoso di Steffi Graf. Ho più volte mandato a sua madre cento marchi perché, in occasione dei suoi anniversari, le acquistasse dei fiori. Nel 1990, quando Steffi era n. 1 e perse in finale all'Open di Germania dalla Seles, il mondo parve crollare intorno a me. Così decisi di punire la Seles. Ad Amburgo mi decisi dopo tre giorni di appostamenti, nel momento che mi parve più propizio. Non l' ho colpita con tutta le mia forza, non volevo ucciderla, ma solo ferirla. Non sarebbe mai più stata in classifica davanti alla mia Steffi”. (continua a leggere)

"Riprendere il controllo"

Comincia la seconda parte della sua carriera ed è subito polemica perché la WTA le garantisce l'inedito ranking di "numero 1 bis" per i primi sei tornei che gioca. Nel 1994 ha preso la nazionalità statunitense ed è per gli Usa che vince tre Fed Cup e il bronzo olimpico di Atlanta, nel 1996. Dal suo rientro, fino all'addio, ufficializzato nel 2008 anche se la sua ultima partita rimane la sconfitta al primo turno al Roland Garros del 2003, vince un altro Slam (gli Australian Open del 1996) e altri 20 titoli WTA. Ma non torna più numero 1 del mondo.

"A un certo punto" ha raccontato, "ho cominciato a perdere il controllo del mio peso e del mio modo di mangiare, sentivo che c'era una connessione stretta tra il cibo e il mio stato psicologico. Stavo male, mi dicevo: "Oddio che sto facendo?". Capisci che ti fai del male. Ma pensi solo all'ennesima dieta. E invece l'equilibrio torna soltanto quando trovi un modo di mangiare che non sia un regime forzato, ma uno stile di vita sano, naturale. Avevo partecipato a un programma Tv, una cosa tipo Ballando con le stelle, e l'attenzione della gente era tutta concentrata sul peso che avevo perso, non interessava a nessuno che sapessi o meno ballare. Lì ho capito che la mia esperienza avrebbe potuto essere utile ad altre ragazze. Oggi anche nello sport l'aspetto conta molto, non è difficile cadere nei disturbi alimentari. Siamo bombardate di modelli irraggiungibili. La cosa che mi ha fatto più piacere dopo il libro sono state le lettere di tante donne che mi ringraziavano per averle spinte ad affrontare il problema".

“Ho cominciato a riprendere il controllo" scrive nell'autobiografia, "ed è stato come provare a conoscere qualcuno che hai sempre visto ma che non hai mai fatto entrare nella tua vita. Ho iniziato a fare cose che prima non avrei nemmeno immaginato: buttarmi col paracadute, passeggiare per Parigi, organizzare le mie foto che mio padre (morto per cancro, NdR) aveva collezionato in 20 anni. E più aumentava la qualità dei miei giorni, più il mio stomaco smetteva di sentirsi vuoto. So cosa vuol dire guardarsi allo specchio e sentirsi orribili. So cosa vuol dire svuotare la dispensa in piena notte e risvegliarsi piena di rabbia e rimpianti. Ma non è così che deve andare. Ora so cosa vuol dire essere felice".

Francesco Ciaccia

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