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Reading: Flavia Pennetta: “Non so cosa farò dopo il tennis”
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Interviste

Flavia Pennetta: “Non so cosa farò dopo il tennis”

Flavia Pennetta si racconta ai giornalisti presenti a Singapore nella conferenza stampa pre-torneo. Conferma la decisione di appendere la racchetta al chiodo e dice no ad un futuro come coach. Molto meglio il capitano di Fed Cup o un ruolo a stretto contatto con i bambini

Last updated: 24/10/2015 19:19
By Silvia Berna Published 24/10/2015
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9 Min Read
Flavia Pennetta - QF US Open 2015
Flavia Pennetta - QF US Open 2015


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L’inevitabile domanda. È davvero questa la fine o giocherai anche il prossimo anno?
Durante gli US Open ho detto che quello sarebbe stato il mio ultimo US Open. Poi mi hanno chiesto se avrei continuato a giocare fino alla fine della stagione e sono stata molto chiara. Certamente, giocherò fino alla fine dell’anno. Ovviamente il mio obiettivo è sempre stato arrivare qui, dove sono oggi. Dopo gli US Open ero numero 6 e ho capito subito che avrei avuto una chance di essere qui. Ho lottato per essere qui oggi. E sono stata molto chiara sul fatto che questo sarà il mio ultimo anno.

Cosa farai il prossimo anno?
Non lo so. Non so cosa succederà. Per prima cosa voglio finire qui, con questo torneo. La mia attenzione è tutta su questo torneo, sul mio lavoro, sul fare quello che devo fare. Voglio giocare questa settimana e godermi un po’ la situazione. Avrò così tante cose da fare in Italia fra novembre e dicembre. Non so come sarà la mia vita dopo tutto questo.

Ti rivedremo il prossimo anno?
Mi rivedrete perché il mio fidanzato gioca a tennis (ride, ndr). Non sarò sempre con lui, ma ci sarò sicuramente per diverse settimane.

Se tu avessi perso la finale degli US Open, saresti stata altrettanto felice?
Ovviamente no. Vincere e perdere sono due cose differenti. Prima degli US Open non avrei mai pensato di poter arrivare in finale. Ma quando sei lì e dall’altra parte non c’è Serena Williams ma Roberta (Vinci, ndr), sarebbe stato difficile da accettare. Sarei stata comunque felice ma magari dopo un po’ di tempo. Non proprio il giorno dopo o la settimana dopo.

Con tutto quello che è successo dopo gli US Open, hai avuto la sensazione di trovarti nel bel mezzo di un tornado o la situazione adesso è abbastanza tranquilla?
Penso di aver gestito tutto molto bene. Sono tornata a casa. Ho passato tre giorni con la mia famiglia. Per prima cosa mi sono presa un po’ di tempo per la famiglia, poi abbiamo avuto una grande giornata nella mia città con la stampa e tutte le attenzioni del caso. Poi sono tornata a Barcellona e ho ricominciato ad allenarmi, seguendo la solita vecchia routine che mi accompagna ogni giorno. Ovviamente è stato tutto molto intenso, il mio telefono ad esempio squillava un po’ troppo. Ho fatto diverse interviste, la maggior parte delle quali al telefono. Non mi sono spostata molto. Ho cercato semplicemente di concentrarmi il più possibile sugli ultimi tornei. Sono stata un paio di giorni a Milano per la settimana della moda, ma è stato soprattutto un momento divertente da passare con mia sorella e il mio coach. C’era anche Fabio (Fognini, ndr) con me. Ci siamo presi due giorni solo per noi. È tutto come prima. Non è cambiato niente. Forse perché le persone che mi circondano continuano tutte a comportarsi in maniera normale. È una parola da usare a volte.

Prima hai parlato di Roberta. Vorrei sapere cosa ne pensi delle ragazze italiane come Francesca (Schiavone, ndr) o Sara (Errani, ndr) che sono ancora qui e hanno ancora successo nonostante l’età che avanza. È qualcosa legato al modo in cui giocate? O forse al fatto che siete tutte insieme?
Ovviamente per l’Italia avere così tante buone giocatrici nello stesso momento è fantastico. Abbiamo iniziato nel 2006 con la prima vittoria in Fed Cup. Da quel momento, è stato tutto un crescendo. Sono diventata top10 nel 2009. Credo che quel momento sia stato una grande motivazione per tutte. Francesca ha vinto il Roland Garros, poi è stato il momento di Sara, poi Roberta e poi ancora io. La cosa positiva è che c’è sempre almeno una di noi che fa degli ottimi risultati. Nella mia carriera ho avuto molti infortuni. Non è stata una carriera semplice. Due volte il polso, il ginocchio, il tifo. Non so se sapete di cosa si tratta, ma ho avuto un virus enorme quando avevo 18, 19 anni. Sono stata ricoverata in ospedale per venti giorni e nessuno poteva entrare nella mia stanza. Capitano cose belle ma capitano anche cose brutte. A causa dell’infortunio al polso destro nel 2012 sono stata fuori per nove mesi. Durante quel periodo di stop il mio fisico ha avuto modo di recuperare. Per questo motivo credo di aver avuto due, tre anni in più di carriera.

Ti piacerebbe fare l’allenatrice?
No.

Mai? Nemmeno fra qualche anno?
Mai dire mai, ma non mi vedo come allenatrice.

Per quale motivo? Perché non vorresti trovarti di nuovo a viaggiare?
Non voglio viaggiare. Non voglio sentire la pressione. Quando siamo sul campo, non siamo gli unici che combattono, non siamo gli unici che fanno fatica. La verità è che abbiamo quasi sempre al nostro fianco almeno due persone, l’allenatore e il fisioterapista, l’allenatore e il preparatore atletico. La vita per loro è davvero dura. Sono sempre in giro. Non passano molto tempo con le loro famiglie. Devono essere molto calmi e cercare di rimanere sempre positivi. Essere un allenatore non è facile. Non so se sarei capace di essere un buon coach.

E cosa mi dici della possibilità di allenare i bambini?
Forse. È una cosa che mi piacerebbe fare, anche solo per fargli capire che tipo di vita sarebbe. C’è tanta pressione sui ragazzi giovani affinché diventino un giorno dei campioni. Penso che ci sia un momento giusto per ogni cosa. Hanno bisogno di essere bambini. Hanno bisogno di divertirsi. Non devono essere professionisti a dieci anni. Hanno così tanto tempo davanti a loro. Perché correre così tanto? Penso che siano molto spinti dagli sponsor, dalle famiglie, da tutto. In passato era tutto più rilassante. Ora lo vogliono troppo e troppo presto.

Prenderesti in considerazione il ruolo di capitano di Fed Cup? È una cosa che vorresti fare?
In futuro, perché no? Sarebbe bello. Ma penso che Francesca sarebbe migliore di me.

Durante un’intervista al New York Times ha dichiarato di aver ricevuto una telefonata da Serena Williams dopo la vittoria agli US Open.
Si.

Hai risposto senza avere alcuna idea su chi ti stesse chiamando?
Beh non avevo il suo numero. Ha chiesto il mio a Caroline (Wozniacki, ndr). Ma visto che il mio telefono suonava a ripetizione, non ho risposto perché non riconoscevo il numero. Così mi ha mandato un tweet. “Flavia sono io, è il mio numero, chiamami”. L’ho chiamata. E adesso ho il suo numero (ride, ndr).

Puoi raccontarci un po’ cosa vi siete dette?
Non è stata una cosa lunga. Mi ha detto: “Ehi baby, come stai? Sono così felice per te”. Le ho chiesto come si sentisse e mi ha risposto che per lei era difficile ma che era davvero felice ed orgogliosa di me. “Ti ritiri davvero?” Le ho risposto di si. “È una cosa buona per te”. Poi mi ha chiesto se fossi sempre a New York o in viaggio verso l’Italia, cose così. Ci teniamo in contatto.


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