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Interviste

AO interviste, Federer: “Ogni coach mi ha reso un tennista migliore” (ITA)

Australian Open interviste, quarti di finale. R. Federer b. T. Berdych 7-6 6-2 6-4. L'intervista del dopo partita a Roger Federer

Last updated: 26/01/2016 16:56
By Chiara Bracco Published 26/01/2016
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7 Min Read

Una performance solida quella di stasera. Come la valuteresti?
Penso di aver giocato bene nel complesso. Sai, solo avrei sperato di non perdere il servizio qui e lì. Allo stesso tempo Tomas pressava e cercava proprio questo. È un tennista molto potente, sa come farlo e sono quindi contento di aver reagito immediatamente nel primo e nel terzo set. Il primo set in effetti è stato duro. È stato quello più lungo ed anche quello più importante. È stato senz’altro la chiave dell’intero match perché credo che forse abbia tolto un po’ di energie a Tomas. Non so. E di certo se non fisicamente è stato duro mentalmente. Secondo me è sempre difficile perdere il primo set in un match al meglio dei 5 set, e al tie-break.

Sei stato incredibilmente efficiente a rete. Credi di poter avere lo stesso successo a rete con Nishikori o Djokovic?
Beh sia, se guardi alle statistiche sembra tutto facile. Voglio dire, da qualche anno va davvero bene a rete. È da dove tutto è partito quando sono arrivato nel tour, so come funzione e credo che ci sia ancora molto margine di miglioramento. Ogni tennista tenta poi di gestire la situazione a suo modo. La domanda è ‘Ti spingi a rete perché sei costretto da una palla bassa o lo fai alle tue condizioni?’. Secondo me Novak e Kei sono due dei migliori tennisti in risposta e sono bravi in difesa perché hanno un braccio sinistro molto forte per via della presa a due mani, così come Murray.

Hai parlato del tuo amico e coach in modo molto carino in campo. Parlaci di come i tuoi allenatori, pensando anche a Peter, siano stati importanti per te.
È una lunga storia, dovresti stare qui un po’ per sentirla. Non so quanto vorresti sentire. Ho sempre detto di avere la sensazione di aver avuto dei grandi allenatori. E cioè il giusto allenatore al momento giusto. Sono felice di non aver mai preso la decisione sbagliata da quando sono diventato professionista e sono arrivato nel tour. Ovviamente anche la tecnica, per dove sono arrivato oggi è molto importante. I tempi del National Tennis Centre, quando avevo 14, 16 anni, non sono stati facili sotto molti aspetti: la lingua. Ero il più giovane, lì c’erano alcuni miei amici, ho cercato di affrontare quel periodo, per lungo tempo non sono riuscito a mantenere la concentrazione, non ci riuscivo.
Credo sia stato un periodo edificante. Il fatto di tornare a casa solo nei weekend per me è stato davvero duro; ci volevano due ore di treno perché era dall’altra parte della Svizzera. Una volta nel tour, ovviamente sono stato più a lungo con Severin. Credo che lui abbia portato molto al mio gioco. Analizzava benissimo i miei avversari. È stato incredibilmente d’aiuto e c’era sempre. È per questo che sono felice di aver vinto non solo tutti gli Slam con lui ma anche la Coppa Davis un anno e mezzo fa. È stato fantastico per entrambi. Ogni coach mi ha reso un tennista migliore e di questo non posso che essere grato.

Non so se hai sentito le risposte di Bernard Tomic ad alcune tue frasi. A molti sembra come un ragazzino che cerca di aggredire verbalmente. Magari non aggredisce verbalmente, ma è irrispettoso. Pensi lo sia stato?
Ho detto tante cose a Brisbane. Credo ne sia uscita solo una piccola parte. Mi sembra estrapolata da un contesto. E quando si alimentano certe cose, magari un tennista reagisce perché si sente frustrato e va oltre. Mi piace vedere chiunque avere successo e fare dei passi avanti. Prima nella top100, poi nella top10, diventare n.1 del mondo. Se qualcuno ci riesce sono contento per lui. Onestamente, quando sono uscito dalla sala stampa, ho pensato di essere stato un po’ duro, ma anche sincero, perché ho anche detto delle cose carine su di lui. Poi ho cercato il suo ranking e non sapevo davvero che fosse così alto. Pensavo fosse intorno alla 50esima o 60esima posizione, invece è un top20. Certo, colpa mia. Ma non controllo il ranking ogni giorno. Venivo dalla off season e non ne avevo idea. Ripeto, colpa mia. Ma continuo a pensare che ci sia una grande differenza tra l’essere un top10 per una settimana, per un anno o per molti anni, e stare lì non è certo facile. Ci vuole molta dedizione, molto lavoro duro. Tanti ragazzi ne hanno le potenzialità, non solo lui.

Su alcuni grandi punti che hai vinto ti abbiamo sentito esultare in inglese e in francese. Forse anche una terza lingua. C’è un mistero su come vengono fuori?
Non lo so, raramente uso il francese, a meno che non mi trovo in Francia. Al contrario uso spesso l’inglese e il tedesco, le lingue con cui sono cresciuto. Di base l’inglese è la mia prima lingua, la parlo ogni giorno. Quindi mi viene naturale. Oppure il tedesco ovviamente. Non lo so cosa dico quando urlo. Viene fuori e penso ‘Oh, era in inglese e non in tedesco’.

C’è stato qualche allez oggi.
No. Quello lo conservo per il Roland Garros (ride).


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TAGGED:Australian Open 2016 IntervisteRoger Federer
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