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Auguri Tommasi, si va sempre di fretta

Il più grande telecronista di sempre compie 82 anni. Ubitennis celebra Rino Tommasi con una serie di articoli scritti direttamente da lui o che semplicemente lo riguardano. Scaricate "circoletti rossi"!

Last updated: 24/02/2016 10:03
By Roberto Salerno Published 23/02/2016
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6 Min Read


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Scaricate i circoletti rossi

“Se questo biondino non vince Wimbledon entro 5 anni smetto di scrivere di tennis“. Parola più parola meno così parlò Salvatore Tommasi, detto Rino, più che un cronista una specie di esempio che cammina. Difficile dire qualcosa di nuovo, ma almeno l’attacco non è stato complicato, si poteva scegliere tra innumerevoli invenzioni di quello che è stato il miglior telecronista sportivo italiano. Sportivo, non di tennis. Perché, lasciando stare la boxe, altro territorio di caccia tommasiano, anche le rare volte che fece delle incursioni nel calcio la voce finiva col caratterizzare la partita, come forse solo Beppe Viola sapeva fare (e sia chiaro che le similitudini tra i due finiscono qui).
Un articolo celebrativo deve necessariamente fare una specie di slalom tra le sue infinite espressioni, da “Veronica” a “benedizione” da “siamo in stazione” a “è un punteggio che merita attenzione”, ma chi legge avrà in mente i propri;  oppure rendersi conto che quando pensa alle proprie partite preferite nei trent’anni che vanno approssimativamente dal 1980 al 2010 quelle partite avevano una sola colonna sonora, e non era il suono ovattato delle palline o gli applausi che accompagnavano un’elegante volée.
Rino Tommasi anche fisicamente incute timore. Un omaccione alto più di un metro e ottanta, sempre sferzante, incapace pure di rifugiarsi in quella vaga “ipocrisia democratica” che, al netto della patologia, si usa per evitare di litigare ogni cinque minuti e che pure ogni tanto forse non avrebbe guastato, perfettamente lucido nel giudicarsi (“mi ha fermato uno che mi ha detto ‘lei per me è un mito’ gli ho detto grazie, ma per cosa?”), non riesce difficile immaginarlo paterno ma severo con i giovani colleghi e insofferente per i toni alti.
Più che uno statistico Tommasi ha avuto un amorevole rapporto con i numeri, forse l’unico vezzo romantico. Se sbagliava la data di nascita di un paio di giorni di Rosewall o Hoad, scattava subito il “Tommasi in cattiva giornata”, se si perdeva un break boh, perché non è mai successo probabilmente. Ha i suoi vezzi e i suoi tormentoni (difficile che qualcuno non sappia cosa pensi della formula delle Finals…) probabilmente annovera tra i suoi migliori successi personali la vittoria nella rubrica pronostici del giornale dello US Open, su cui ci informava con una noncuranza simile alle telecronache delle partite di Edberg, per il quale aveva “una passione ai limiti dell’omosessualità”, inutile specificare di chi sia la frase.
Certo, impossibile non parlare di Polluce quando si parla di Castore, ma tra le grandi imprese di Tommasi c’è stata quella di non farsi travolgere dal suo compare di telecronache, che è più uomo di mondo. Spalla se c’era da fare da spalla, primattore quando la situazione lo richiedeva. Ed era lui a decidere, a dettare i tempi. Certo, la scrittura, che lo divertiva di più del commento, era troppo asciutta ed essenziale per contrastare i lirici svolazzamenti del collega, ma proprio per questo è forse più giornalista dell’altro. Tommasi è più legato del resto alle 5 W americane (Who, What, When, Where, Why) di quanto non lo fosse l’altro; ma se è vero che l’altro dimenticava di dire cos’era successo preferendo spiegare il perché fosse successo, non è vero che lui si limitasse al What. Anche qui più degli esempi valga il vostro ricordo, di sconfitte e vittorie che non avreste mai capito, prima di ascoltare lui, loro. Del resto, se differenza c’è con i volenterosi epigoni contemporanei, è questa. Bravi, spesso bravissimi, forse più del maestro, a spiegare cosa; impossibilitati dalle loro discutibili letture e dalla contemporaneità a spiegare perché.
Come si sa, da un po’ di tempo Rino non commenta e purtroppo sempre più raramente arrivano in redazione i suoi pezzi. Sin troppo retorico relazionare su come ci si senta un po’ spaesati nel dover leggere in anteprima il pezzo, per correggere eventuali refusi, anche se non serviva mai. La preoccupazione se il proprio ricordo non coincide con quanto scritto da Rino, con le frenetiche ricerche perché in redazione non mancano quelli che “non si sa mai”. Il dispiacere e la speranza che l’opportunità venga data anche ai nuovi arrivati, che a Ubitennis sono sempre tanti, e che non vedono l’ora di sentirsi dire “c’è da pubblicare questo pezzo di Tommasi, gliela dai una guardata prima?“
Non può mancare, i 12 lettori scuseranno, il ricordo personale. Parigi, lo slam, l’avvicinamento non timido ma incuriosito. “Vorrei salutarla, sono qui per conto di Scanagatta“. Una specie di assist sin troppo semplice, la mano tesa e “sì, ma guardi che non è una buona presentazione eh?“. Per fortuna si cresce e si legge: “Ehhhh, s’immagini se non lo so, ma sarebbe venuto a saperlo lo stesso, allora ho preferito dirglielo io”. Il desk, la partita sullo schermo, lo Chatrier fuori. E la certezza che non avrebbe mai smesso, anche se quel biondino Wimbledon non l’avesse vinto.

Buon compleanno Rino, (82? ma sì) noi “ci fermiamo un momento”.

 

 


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