Favola Napolitano. Debutto da gigante con l'altro Zverev  (Crivelli)  La Schiavone ha ancora voglia di ruggire  (Bertolucci), Schiavone «Magari vado avanti» (Clemente), Napolitano, futuro e nervi saldi (Azzolini), Napolitano, lo sconosciuto che batte la testa di serie a Parigi (Rossi)

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Favola Napolitano. Debutto da gigante con l’altro Zverev  (Crivelli)  La Schiavone ha ancora voglia di ruggire  (Bertolucci), Schiavone «Magari vado avanti» (Clemente), Napolitano, futuro e nervi saldi (Azzolini), Napolitano, lo sconosciuto che batte la testa di serie a Parigi (Rossi)

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Rassegna stampa a cura di Daniele Flavi

 

 

Favola Napolitano. Debutto da gigante con l’altro Zverev

 

Riccardo Crivelli, la gazzetta dello sport del 30.05.2017

 

Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare, sarai un uomo. Finalmente una luce. Un sogno. Uno squillo di futuro. A volte non basta una carriera per vincere una partita di uno Slam, Stefano Napolitano ci riesce alla prima occasione. E non è un’impresa banale, una toccata e fuga di cui non rimarrà ricordo, bensì un passo deciso verso la maturità e la compiutezza tecnica contro il numero 31 del mondo, Mischa Zverev, che solo domenica giocava la finale di Ginevra portando al terzo set Stan Wawrinka e a gennaio annichiliva le speranze australiane di Murray, il primo della classe. FILOSOFIA A furia di esaltare la Next Gen, anche l’Italia si è svegliata. Alla buon’ora. Della generazione della speranza, quella dei Quinti, dei Baldi e dei Donati, per intenderci, il ragazzone biellese (1.96) nato nell’aprile 95 è stato considerato a lungo il meno pronto, il più lontano dal possibile top: «Lo so, ma perché da noi conta solo la cultura del risultato, del volere tutto e subito. Io invece sin da piccolo, con mio padre, ho scelto un percorso diverso e non mi sono mai preoccupato di chi arriva prima, ma ho pensato soltanto ad arrivare il più in alto possibile». Papà Cosimo, gestore a Biella del circolo «I Faggi, dove anche la mamma e la sorella Nicole insegnano tennis, e suo allenatore in pratica fin dalla culla, è sempre stato il fulcro della sua carriera tennistica, con una filosofia chiara: prima si costruisce l’uomo, attraverso lo studio e tanti viaggi all’estero, e poi il giocatore. E quando il rapporto, come accade in tutte le migliori famiglie, rischiava di logorarsi, si è fatto affiancare alla guida tecnica del figlio da Cristian Brandi: «Papà mi segue sempre, i suoi sono i primi consigli che chiedo, ma così abbiamo allentato le tensioni». A 22 anni il percorso di Stefano, dopo la lunga trafila nei challenger, comincia a disegnarsi anche al piano superiore: a Roma, vinte le prequalifiche, ha giocato il primo match di sempre sul circuito Atp (perdendo da Troicki), a Parigi ha superato le qualificazioni con tre successi prima dello scalpo prezioso del mancino tedesco. E sempre con le idee chiare: «Io credo che si cresca investendo in un team unito e con gli stessi obiettivi: allenatore, preparatore atletico e consulente psicologico. La qualità si paga, per cui userò molti dei 70.000 euro del premio per creare una squadra ancora più forte e coesa. Occorre la qualità: non posso prevedere quando sarà il mio picco, se tra un mese, un anno o dodici, come Lorenzi. Ci vuole soltanto una continuità di lavoro importante». Contro lo Zverev maggiore, pagato lo scotto dell’emozione nel primo set, ha mostrato una maturità da grande: «All’inizio paghi un po’ il contesto e rispetti molto l’avversario, ma poi cresci. II rovescio è il mio colpo più naturale, sul dritto sto lavorando molto e il servizio, per uno alto come me, deve diventare un’arma da cui ottenere punti facili per tirare un po’ il fiato. Però credo di aver battuto molto bene». Alla fine, non si è lasciato andare a troppi festeggiamenti: «Perché non mi voglio fermare qui, adesso mi tocca Schwartzman che è un avversario molto tignoso, esulterò quando avrò vinto qualcosa di importante.. Da tifoso del Milan, però, ha perso al fantacalcio con gli amici («Ma solo per sfortuna) e da grande appassionato di basket per una volta non è dispiaciuto di non poter svegliarsi di notte a seguire le finali Nba: «Spero vinca Lebron, è uno dei miei idoli insieme a Valentino Rossi. Di loro ammiro l’enorme capacità di rimanere i migliori così tanto a lungo». Nel suo piccolo, anche Francesca Schiavone è un inno all’eternità, al 18 Roland Garros giocato con la perla della vittoria nel 2010 e malgrado la sconfitta con la Muguruza: «Questo torneo mi dà emozioni speciali. Infatti sono entrata in campo e sbagliavo colpi da quindicenne, poi mi sono ripresa perché qui mi sento a casa. Come tennis, sono molto soddisfatta di me, al momento l’idea del ritiro che ho espresso a inizio anno resta prioritaria, ma deciderò con calma dopo gli Us Open». Intanto, ci sarà di sicuro un italiano al terzo turno, perché ora c’è il derby Fognini-Seppi. Fabio, nonostante il solito blackout contro Tiafoe, regala al piccolo Federico il primo successo da papà: «Sono in condizione, ma non nascondo che quando sono partito da casa mi sono scappate due lacrimucce». Cuore di panna.

 

La Schiavone ha ancora voglia di ruggire

 

Paolo Bertolucci, la gazzetta dello sport del 30.05.2017

 

E’ vero che il tempo, prima o poi, ti presenta sempre il conto, ma la Schiavone cerca di rimandare il momento dell’addio al tennis giocato con la stessa determinazione con la quale ha toccato i vertici mondiali, regalando al nostro sport, con il successo al Roland Garros nel 2010, uno dei momenti più belli e indimenticabili di sempre. Francesca è stata il pilone portante su cui ha poggiato la fantastica squadra italiana di Fed Cup e sotto la sua spinta è cresciuto tutto il movimento tennistico, garantendo almeno un decennio di vittorie straordinarie Ha sempre avuto un carattere complesso e forse poco indulgente con se stessa e ha costruito le sue fortune sfruttando le enormi doti di combattente, le qualità fisiche e il bagaglio tecnico sopraffino. In questo tennis femminile moderno, monotono e stereotipato, la milanese ha rappresentato una formidabile e talentuosa eccezione. Francesca ha sempre attinto a piene mani dalla disciplina, dalla costanza e dalla ferrea applicazione. La scelta del momento del ritiro è la più difficile delle partite da affrontare. Bisogna avere l’umiltà di ascoltare I lamenti del proprio corpo e accettare l’inevitabile calo delle batterie mentali ma, sin quando si prova gioia e divertimento a scendere in campo e a frequentare la palestra, allora è giusto spostare in avanti il calendario. II sussulto agonistico e le soddisfazioni ottenute in questo 2017, dove è tornata a essere l’azzurra più vincente e quindi un riferimento per il movimento nonostante i 37 anni alle porte, dimostrano che lei ha ancora voglia di ruggire.

 

Schiavone «Magari vado avanti»

 

Valentina Clemente, il corriere dello sport del 30.05.2017

 

Nonostante la sconfitta in due set contro Garbine Muguruza (6-2 6-4) e un congedo precoce dal torneo di singolare del Roland Garros, Francesca Schiavone a Parigi ha qualche certezza in più, ovvero quella di potersi godere ancora il suo tennis in un rapporto d’amore e odio che si trasforma in vera linfa vitale sul campa Non è semplice, per colei che ha raggiunto qui il gradino più alto della sua carriera, far fronte a certi black out che, in un confronto senato come quello di ieri, le tolgono energia, ma ritrovare piano piano determinate sensazioni le permette di analizzare in maniera differente il suo futuro. A inizio anno infatti la Schiavone aveva ripreso la racchetta in mano convinta che fosse l’ultimo appello da affrontare mentre ora, grazie alle sensazioni che sta coltivando in rampo in questi ultimi mesi, ha ammesso in maniera discreta che questo potrebbe non essere il suo ultimo Roland Garns. «Prenderò una decisione definitiva dopo gli US Open, ma per me la cosa più importante in questo momento è sentirmi viva, provare di nuovo quelle emozioni uniche che non riesco a sentire in nessun altro torneo. Quando ho messo a segno dei bei punti, girarmi e vedere la gente che esultava, è stato unico. Di Federer invidio l’equilibrio tra una pausa e l’altra Che bello allenarmi qui con la Sanchez» Difficile prevedere il futuro, soprattutto perché molto dipenderà dalla mia condizione fisica: correre, riuscire a recuperare, motivarti, non è facile. Ora mi prenderò una piccola pausa (qui però giocherà il doppio con Kirsten Flipkens – ndr) e poi mi preparerò per Wimbledon». Sulla possibilità di gestire in maniera diversa, con un più pause, la prossima stagione, la Schiavone ha risposto sorridendo «Magari potessi pensare come Federer lui è un genio: non so come fa, ma riesce ad avere un equilibrio incredibile nonostante le pause. Io non credo di poter imitarlo, però da questo punto di vista un altro modello da cui prendere ispirazione è senza dubbio quello di Venus Williams, la quale continua a competere ad alti livelli». Nonostante lo scorrere delle stagioni, le vittorie e le delusioni, Francesca continua a trovare le motivazioni giuste per continuare, come in quest’ultima settimana in cui ha fatto affidamento ai consigli dell’ex numero 1 del mondo Arantxa Sanchez «Un’esperienza meravigliosa: mi ha seguito con il passione, mi ha preparato e mi ha dato davvero tanti consigli, che a volte ho ascoltato e altre no, ma quello è un atto discorsa Sono stata onorata della sua presenza, come del fatto di tornare a giocare sul Chatrien tante emozioni tutte insieme che mi permettono di capire quanto sto ancora ricevendo da questo sport. Poi a livello tattico e tecnico so di essere presente, di essere là sul campo con il mio tennis, forse alle giovani ma sono un po’ un diesel e avere un po’ di tempo di più sarebbe stato utile. Sto giocando bene a tennis e posso ancora competere a questo livello».

 

Napolitano, futuro e nervi saldi

 

Daniele Azzolini, tuttosport del 30.05.2017

 

Gli ha insegnato bene, papà Cosimo Il giovane padawan (cfr: Yoda, Obi Wan Kenobi, Guerre Stellari e tutta quella roba 11) ha imparato a non anteporre le emozioni, mai, e su tutte la rabbia, il Lato Oscuro del Tennis. Ragionare, chiedersi il perché, capire, interpretare. Sempre. Anche nella giornata in cui la gioia ti scuote dentro e ti mette addosso una voglia di ballare grande e di urlare. O di dire fesserie, ché anche quelle fanno parte del bagaglio culturale di un giovane appena sbocciato. Non si batte tutti i giorni “il fratello grande di quello che diventerà Numero Uno”. Non lo si riduce a una polpetta pronta a consegnare “game set e match” con un doppio fallo. O forse si? Stefano Napolitano Il “fratello grande” l’ha battuto, dunque s’è meritato questa domanda, al primo impatto con un Grande Slam, il più duro e difficile che vi sia. Se l’è meritata perché ha giocato da grande, con saggezza e cognizione di causa, contro un trentenne che ha numeri e risultati importanti, Parla papà Cosimo «I nostri giovani sono bravi, da sostenere senza che debbano mostrare qualcosa» e ama farlo strano. Misha Zverev gioca serve and volley, nelle intenzioni, almeno. Viene da una finale a Ginevra, persa con Wawrinka e a gennaio liquidò Murray agli Open d’Australia. Ma la terra rossa del Roland Garros è una trappola, perché rallenta molto e tende a sfibrare i muscoli. «L’ho studiata bene in questi giorni», dice Stefano Napolitano, che nel tennis c’è nato, un po’ come Panatta. Adriano figlio del custode del Parsoli, lui del proprietario de I Faggi, a Biella, il circolo sul colle, campi, palline e una vista mozzafiato sulla piana che porta alle risaie. «I tre match di qualificazione sono stati un’impresa, vincerli un’emozione grande. Sono partito da lontano, ma è naturale che a questo incontro sono giunto sapendo che cosa mi aspettava. Pensavo, lui è uno di nome, in grande spolvero, ma forse arriva un po’ stanco. Non sbagliavo poi di molto». Dopo un primo set regalato all’emozione di esserci, incantato dall’insieme più che dall’avversario, Stefano si è messo al lavoro, rintuzzando, inseguendo palline impossibili solo per dimostrare all’altro di essere pronto alla lotta, chiudendo qualche buon punto, e usando il passante con disinvoltura. Anzi, meglio Stefano a rete, le poche volte che ci è arrivato, mentre Misha, scorato, ha smesso di provarci quando il ragazzino lo ha agguantato. E dal 6-4, 2-0 per Zverev, c’è stato solo il nostro. «Sono misurato è vero, ma sono così, non faccio fatica. Ho obiettivi, voglio raggiungerli, mio padre ha costruito un bel team, Cristian Brandi è il coach che mi sta facendo fare passi avanti considerevoli. Devo migliorare tutto, il lavoro è tanto. Sono alto un metro e novantasei, e uno con i miei centimetri deve imparare a usare il servizio». Papà Cosimo, però, è rimasto a casa. Stefano è qui con mamma e sorella, Nicole. «Se scopro che mi portano fortuna, poi come faccio con mio padre?». La vittoria gli consegna 70 mila euro (la metà, detratte le tasse). «Davvero è l’ultima cosa cui ho pensato. Per uno abituato ai Challenger è una bella cifra, ma non inseguo i soldi, non ora. Voglio vedere se posso stare dentro questo tennis». Sembra proprio di sì, il torneo già oggi lo sposta di una trentina di posizioni verso l’alto, da 174a 140o giù di 11. Poi, ci sarà il match con l’argentino Schwartzmann, «una bella rottura di scatole» dice Stefano. Si, uno degli ultimi pallettari, ed è tutto dire.. Ai bambini succede, li metti a letto con l’influenza e due giorni dopo li trovi più alti di cinque centimetri. «La parte finale della stagione scorsa mi ha dato fiducia. Sono rientrato, ho fatto qualche risultato. Ora tutto sta andando di fretta, e a me la fretta non piace. La prima volta agli Internazionali, le qualificazioni passate qui a Parigi, addirittura il primo successo in uno Slam. Pert), bello. Tutto molto bello. Sono emozioni che ti fanno apprezzare tutti gli sforzi che hai fatto». Papà Cosimo lo avevamo incontrato a Roma, e il tema era la famosa Next Gen, della quale Stefano è ormai ai limiti, anche se le grandi carriere a lunga conservazione, come quelle di Federer, delle Williams, di Karlovic, di Haas, hanno finito per raggrumare ben più di una generazione sotto il simbolo della gioventù. «Sono bravi ragazzi», diceva parlando del figlio e degli altri, «e meritano il sostegno di tutti. Sono seri, si impegnano, ma non vanno misurati con il metro dei campioni. Piuttosto, vanno aiutati a crescere, senza il peso di dover dimostrare qualcosa». Forse ha ragione, Cosimo. Buoni consigli e briglie sciolte. E libertà di crescere. Tra qualche sconfitta, e anche qualche bella ripassata a uno come Misha Zverev. E scusate se è poco.

 

Lo sconosciuto italiano che batte la testa di serie a Parigi

 

Paolo Rossi, la repubblica del 30.05.2017

 

Unaltro mattoncino è stato messo. Così Stefano Napolitano ha detto al papà Cosimo al telefono ( a Parigi c’è la mamma) dopo la vittoria su Mischa Zverev, testa di serie n. 32, sul campo 16 del Roland Garros. È un loro modo di dire, una cosa di famiglia. Per questo Stefano, 22 anni, non ha quasi esultato. Eppure era la sua prima partita in uno Slam, e giusto l’altra settimana aveva esordito al Foro Italico ( perdendo al 1 turno con Troicki ). «Ma non azzardatevi adesso a dire che abbiamo un nuovo tennista, eccetera eccetera». Papà Cosimo ci tiene a prevenire, la lezione del caso Quinzi, e di tanti altri ragazzi promettenti, è ancora viva nella memoria di tutti. «Stefano sta studiando tennis, è quello che fa da quando era junior e studierà per altri dieci anni. Cosa studia? Come diventare professionista, ottenere trofei, saper stare nel circuito. Il resto è bar sport». Ieri non ha battuto solo il fratellone di Sasha Zverev, Mischa, ma anche emozione e caldo. «Nel primo set faceva caldo e mi girava un po’ la testa. Il fisioterapista mi ha aiutato: sono ripartito, sono sempre stato meglio e il match è girato». La prossima sfida prevede l’argentino Schwartzman (n. 41), e anche qui la classifica Atp non va guardata. Il ragazzo di Pollone (Biella) con sangue del sud (Benevento ) vale più del 187 posto del ranking. «Ma so che devo dare di più, so che c’è tanto da lavorare, e lo farò». Valori insegnati dalla famiglia, sin da quando nonno Tonino -che abitava accanto al circolo tennis del viale Atlantici di Benevento – accompagnò papà Cosimo. Quest’ultimo, tennista promettente, salì poi al Nord, a Biella, per insegnare tennis. Oltre quello, trovò l’amore. Ed eccoci a Stefano. Cosciente che ci sia anche altro, oltre alla racchetta. «Leggo tanti libri, per ora studio, poi metterò mano ai fornelli. Mi diverte creare sughi per la pasta al mio papà che peraltro non può mangiarla. Ad ogni modo è vero, non esiste solo il tennis». Le basi ci sono ( «sfido chiunque a dire che non sappia giocare» ripete il papà), il fisico anche ( 198 cm) e il team pure: quello di Riccardo Piatti, con Cristian Brandi che lo segue in esclusiva insieme allo psicologo, Sacco: «ha portato nella mia vita il ‘Metodo Sfera’. Gli racconto difficoltà ed emozioni che vivo nei match e cerchiamo di capire la maniera migliore per affrontarle. Sono molto soddisfatto di questo metodo, che sta portando grandi frutti». Non solo Napolitano, comunque, nella seconda giornata di Parigi: Bolelli ha superato bene Mahut, Seppi ha rimontato Santiago Giraldo, Fognini ha domato al 5 set la promessa Usa Tiafoe e ora ci sarà un derby fratricida, Fognini- Seppi. Chi prevarrà troverà poi, probabilmente, Wawrinka. E le donne? Avanza Sara Errani che, paziente, ottiene il tie-break con la giapponese Doi e poi dilaga nel 2 set, complice anche un infortunio dell’avversaria. Niente da fare invece per la Schiavone contro la Muguruza, e forse è stato il suo ultimo Roland Garros. «Ma deciderò se continuare l’anno prossimo solo dopo gli US Open. La mia eredità? Forse l’amore, la passione, la disciplina. Non è solo il match, ma la preparazione. Un giorno mi direte voi, cosa vi lascio».

 

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